Non riusciamo a vederci, a prenderci un caffè come ci sarebbe piaciuto. Ci chiamiamo e, in questa lunga telefonata, io e Martina Simeti ci scambiamo un racconto: io vista montagne, lei in partenza per l’Aquila dove una dei suoi artisti, Alek O., insieme a Cristiana Perrella, l’aspettano per l’inaugurazione di Panorama, progetto presentato da Italics.
La nostra chiacchierata inizia con la più ampia e incognita delle domande: “Chi è Martina Simeti?”. Un quesito che apre le porte a una storia intrigante di passione per l’arte e un percorso professionale variegato, che inizia in modo non convenzionale nonostante l’arte sia una presenza costante nella sua vita familiare – figlia di Turi Simeti, l’artista siciliano dell’ovale monocromatico e dell’aliante sinonimo di “vita”, venuto a mancare nel 2021. È stato solo nel 2018 che Martina ha avuto la sua prima esperienza diretta in questo campo. Prima di questa avventura il suo curriculum ha una natura molto diversa: ha lavorato per 15 anni per l’UNESCO di base prima in Senegal, a Dakar, e poi a Parigi. Successivamente ha fondato e gestito una libreria a Roma. Queste esperienze si sono rivelate preziose nella sua carriera e nella sua formazione, e sono anche state un graduale avvicinamento al desiderio di aprire una galleria. Tutto inizia in uno spazio in via Tortona, una vecchia argenteria, dove la galleria apre con l’intento anche di osservare e imparare ma, nonostante la zona non fosse la più artsy di Milano, è riuscita ad avere una rapida ascesa. Partita velocemente riesce ad affermarsi anche grazie all’aiuto e alla collaborazione – tuttora attiva – con Elisa Miotti. Successivamente, dopo essersi stabilita in pianta stabile a Milano nel 2019, Martina è riuscita ad assecondare la propria voglia di spostarsi trovando la nuova sede della galleria in via Benedetto Marcello, casualmente a pochi piani di distanza da dove abita. Così, nel 2021, Porta Venezia è diventato il nuovo quartiere base della galleria.
Martina Simeti e lə artistə con cui collabora condividono un desiderio di esplorare concetti e idee audaci, tradotti attraverso l’uso di differenti media.
Nonostante il suo animo nomade, Martina Simeti ha scelto di aprire la propria galleria a Milano per familiarità: anche se vissuta poco, dopo quasi venticinque anni da “fuori sede” era come tornare a giocare in casa. Il suo attuale spazio, una vetrina bordo strada, era precedentemente un sexy shop e prima ancora una pellicceria, e ridendo dice che “era una storia pelosa questa!” e che, per questo motivo, con il suo amico architetto Luciano Giorgi, che si è occupato del restyling dello spazio, hanno deciso di posare una moquette al piano rialzato della galleria, dove ora c’è l’ufficio.
Sicuramente il passaggio da Tortona a Porta Venezia è stato un bel cambio, sia da un punto di vista di passaggio che di frequentazione, ma ha anche conferito la possibilità alla galleria di poter dialogare con il quartiere, che fossero i passanti che vanno al mercato il sabato mattina – che Martina vorrebbe ancora più invogliare a frequentare lo spazio – o i suoi colleghi di vicinato. Invernizzi subito accanto, Clima, Giò Marconi e altri, gallerie con cui collaborare, con cui attivare uno scambio cercando così di creare un’atmosfera ricca e dinamica. Anche la partecipazione a progetti e fiere, che costellano l’agenda di ogni galleria, è sicuramente uno dei modi migliori per creare quegli ambienti collaborativi in cui Martina crede molto. Nel suo storico troviamo infatti la partecipazione a FIAC (Parigi), Liste (Basilea), miart (Milano), Artissima (Torino) con uno sguardo al futuro e magari verso una presenza sempre più stabile nella sua Parigi o oltreoceano. Per il momento, insieme a tutto ciò, si nutre di un quartiere come quello di Porta Venezia di cui ci ha svelato alcuni dei suoi posti preferiti: la Pasticceria Rovida tra Via Settembrini e Via Scarlatti, da provare per i suoi biscotti! Oppure Røst in Via Melzo e Gelmetti, un chioschetto specializzato in pesce accanto a via Benedetto Marcello. E ovviamente il mercato, proprio davanti a lei, tutti i sabati mattina: “sarebbe bello vedere la gente entrare in galleria con i sacchetti della spesa pieni di frutta e verdura che passano a vedere le mostre”.
Molto attenta a ciò che le succede intorno Martina porta avanti una ricerca, tramite la selezione dei suoi artisti, che si interessa della contemporaneità politica, sociale, economica. Sicuramente questa inclinazione è dettata dai suoi studi in sociologia e dalle esperienze lavorative precedenti: la sua è infatti una prospettiva molto personale che vede come punto di riferimento il poliedrico Bruno Munari, le cui peculiarità erano la versatilità, l’inclinazione a sfidare la realtà attraverso lo scherzo intelligente e l’abilità nel creare e smontare idee mediante l’uso dell’ironia. Questo approccio, che sfida le convenzioni e stimola la riflessione sulla realtà, ha influenzato profondamente Martina e questo è evidente nella selezione dei suoi artisti, che condividono un desiderio di esplorare concetti e idee audaci, tradotti attraverso l’uso di differenti media. La galleria ospita e rappresenta una generazione che spazia dagli anni ’70 agli anni ’90, con alcune eccezioni, come Schobinger nato negli anni Quaranta. Lui, così come Alek O., ma anche Davide Stucchi, lavorano materialmente sul quotidiano, sul raccontare la realtà e un concetto attraverso gli oggetti, l’objet trouvé che diventa opera. Una pratica che non ha nulla a che vedere con il design, vicina all’elemento decorativo ma che traduce un pensiero. Tra le altre ricerche troviamo quelle di RM e Soshiro Matsubara per esempio, che raccontano con ironia e sarcasmo, mediante diversi media che variano dal video all’installazione e dalla pittura alla scultura, le gerarchie sociali, i ruoli dominanti VS le categorie più deboli: sono temi ricorrenti nelle pratiche attuali contemporanee che cercano di svelare la natura della società in cui viviamo. Uno sguardo, quello degli artisti, che rispecchia quello che la galleria ha della realtà: non disincantato, ma obiettivo, che cerca di smontare alcuni processi contemporanei. Non solo sfidando le convenzioni, ma con il bisogno di suscitare riflessioni profonde attraverso l’arte. Si possono riprendere il pensiero di Pierre Bourdieu e Norbert Elias, che hanno analizzato le dinamiche di potere e le costruzioni sociali, temi presenti anche nel lavoro di Jasmine Gregory che troviamo in mostra a settembre con la sua prima personale in galleria.
Il 27 settembre 2023, dalle ore 18:00, inaugura la mostra Believe in ur Dreams: lavorando tra l’Europa e gli Stati Uniti, Jasmine Gregory gioca con citazioni della storia dell’arte per mettere in discussione il medium stesso della pittura in cui tutto è già stato fatto, e quindi lo rifacciamo, e ammettiamo che lo stiamo rifacendo: utilizza l’arte per riconsiderare e reinterpretare le immagini del passato e del presente, offrendo una prospettiva critica e ricca di sarcasmo. Attraverso un lavoro sulla contro-pittura, mette in discussione la cultura visiva contemporanea e sfida le norme estetiche, offrendo una critica sociale implicita inserendo da un lato riferimento storico-pittorici, dall’altro references che provengono dal mondo commerciale, da poster e slogan di banche e assicurazioni che, prese pari-pari e decontestualizzate, assumono tutti altri significati.
Questa mostra rappresenta uno degli eventi coinvolti nel progetto Contemporary Spirits promosso da ZERO e in collaborazione con ITALICUS Rosolio di Bergamotto di Pernod Ricard che, con i suoi bartender, realizzerà cocktail ad hoc studiati per la serata e appositamente su misura della galleria. Ovviamente non si può mancare! Venite a visitare la mostra e a farvi ammaliare dalle opere d’arte liquide di ITALICUS Rosolio di Bergamotto!