Ad could not be loaded.

Milano si mangia tutto, ma il Casottel no

La città corre verso il futuro cancellando ciò che la tiene umana: il Casottel resiste, ma Milano deve decidere da che parte stare.

quartiere Corvetto

Scritto da Ario Mezzolani il 24 novembre 2025

La signora Isa del Casottel

Milano corre, scava, costruisce, lucida. Nel frattempo, smantella ciò che le somiglia davvero. Il Casottel è l’ennesima vittima designata: una cascina ottocentesca in mezzo a Porto di Mare, dove tre generazioni di donne hanno fatto comunità mentre la città faceva speculazioni. Contratto scaduto, Comune che non rinnova, riconoscimento di “attività storica” ancora lontano. Il risultato è la solita Milano: quella che decide chi resta e chi sparisce senza mai guardare le facce di chi butta fuori.

Dal 1963 in quell’osteria c’è sempre stato un tavolo per tutti. Il sindaco e l’operaio, chi poteva pagare e chi no. Lina, Isa, Martina: una linea retta di donne che hanno cucinato più welfare del welfare stesso. Cassoeula, risotto giallo, polpette al sugo: piatti che hanno tenuto in piedi persone, non solo stomaci. Chi è passato da lì lo sa: il Casottel non è un locale, è una forma di urbanità che oggi sembra quasi illegale.

Il Casottel non chiede privilegi, non vuole espandersi, non vuole “prendersi altro”. Vuole solo continuare a esistere dove è nato.

Il Comune chiede bandi per “prevalenti attività sociali” e poi non riesce nemmeno ad assegnarli. Pretende modelli aziendali a chi da quarant’anni manda avanti una microimpresa con la logica del quartiere. Sullo sfondo c’è sempre la stessa domanda: che cosa vuole davvero Milano? Spazi pieni o spazi vivi?

Il Casottel non chiede privilegi, non vuole espandersi, non vuole “prendersi altro”. Vuole solo continuare a esistere dove è nato. E Martina lo dice senza diplomazia: se il Comune ha bisogno di ospitare iniziative sociali negli spazi inutilizzati, loro sono pronti. Ci sono sempre stati. Sono stati sociali prima che la parola diventasse un capitolo di bilancio.

Una raccolta firme può sembrare poco in una città che risponde solo a ciò che pesa economicamente. Ma Milano deve decidere cosa vuole essere oltre la retorica del futuro. Quando chiudono posti come il Casottel, non sparisce un ristorante: sparisce un punto di contatto, un pezzo di identità.

La petizione è qui. Firma. Per una volta, almeno per questa volta, non facciamoci fregare dall’idea che “Milano è così, non ci si può fare niente”. Non è vero. Il Casottel lo dimostra da quarant’anni.