La polemica sulla sostanza del film di Guadagnino, remake, omaggio o altra storia che sia, non toglie una certa godibilità a questo “Suspiria”, nonostante le due ore e mezza di durata, una roba che nel 2018 se non ti chiami Alfonso Cuarón ci stai un attimo attento.
La trama è nota: una giovane studente di danza americana entra in una misteriosa scuola di danza in una Berlino divisa (siamo nel ’77), scuola che altro non è che una colonia di streghe. A differenza dell’Argento originale, interessato principalmente alle dinamiche interne alla scuola, Guadagnino accenna al clima cupo dell’autunno caldo della RAF, contribuendo a creare garbuglio nella mente delle protagoniste, e nella nostra.
Il tutto è scenograficamente impeccabile, austero, i colori sono vivissimi, la fotografia de-saturata, gli interni veritieri, i costumi curatissimi: Guadagnino gioca con i dettagli, gli oggetti, l’estetica, i riferimenti intellettuali. Che lo faccia troppo, a discapito della sceneggiatura, è oggetto di dibattito.
Menzione d’onore al viaggio esoterico/colonna sonora di Thom Yorke, con un paio di ballate atipiche che squarciano il magma di glitch, ambient, clavicembali, sintetizzatori e post rock. L’album, anch’esso lungo e laborioso, si sposa bene con l’atmosfera onirica del film, la danza espressionista, la tensione montante, il sangue. Giusto, il sangue: come nell’originale anche qui non se ne lesina affatto.