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Caramello

Antonio Schiano e Nicolò Posenato sono le anime di Caramello, un contenitore e propulsore di eventi musicali attivissimo a Milano

quartiere Porta Romana

Scritto da Paolo Cerruto il 12 maggio 2022
Aggiornato il 11 maggio 2022

Foto di Silvia Violante Roug

Antonio Schiano e Nicolò Posenato sono le anime di Caramello, un contenitore e propulsore di eventi musicali attivissimo a Milano. Insieme organizzano svariati eventi che abbracciano progetti emergenti e affermati, producendo cultura musicale con cura e attenzione. Oltre che organizzatori hanno anche dei progetti artistici che li vedono protagonisti, qui si raccontano a Zero.

«A noi piace relazionarci davvero a più mondi, a più persone con l’idea che nelle differenze si possano trovare nuove idee e possibilità di creare qualcosa.»

 

Ciao ragazzi, come va? Mi raccontate qualcosa di voi due e dei vostri percorsi artistici, oltre che da organizzatori?

Ciao a voi innanzitutto, diciamo: periodo intenso per fortuna. Dopo mesi e mesi a muoversi lentamente ora c’è da riabituarsi al ritmo frenetico delle cose. Comunque, parlando di noi: abbiamo entrambi velleità artistiche e progetti musicali, come molti appartenenti a questo settore dove ci siamo affacciati dal lato artistico, inizialmente. Anto ha un progetto, Ponee, per cui scrive testi e li canta, Nico fa parte di Aftersalsa, dove suona la chitarra e contribuisce al processo creativo in studio. A fianco a questi percorsi artistici su cui spesso ci confrontiamo, c’è il lavoro legato agli eventi musicali di qualsiasi sfumatura; concerti, djset, showcase, festival in streaming: sperimentiamo.

Quando nasce Caramello, e perché? Che ricerca fate con le vostre rassegne?

Siamo nati attorno alla fine del 2020, durante quel piccolo momento di respiro e speranza che sembrava esserci; durante quella finta ripartenza che ci ricordiamo. È da tempo che lavoriamo insieme, ci siamo conosciuti per i nostri ruoli in APE, l’associazione con cui organizziamo eventi pubblici soprattutto in piazza Affari e al parco Sempione, per cui avevamo alle spalle già un percorso condiviso e conoscevamo il modo di lavorare l’uno dell’altro, cosa molto importante. Caramello è nata però con l’idea di non essere una organizzazione per eventi ma una sorta di agenzia creativa; ci piace curarne tutti i dettagli affidandoci a persone valide, con cui si crei facilmente una forte intesa su più piani. A livello di comunicazione cerchiamo di dare sempre qualcosa in più, senza limitarci a pubblicare e promuovere l’evento ma con il plus di raccontarne gli artisti con una narrazione tutta nostra, con una estetica in cui ci ritroviamo. Si tratta di provare a mettere a disposizione le proprie competenze per creare qualcosa di nuovo e osservare ogni giorno le tante strade che si possono prendere; quali nuovi format creare, che taglio dare a una serata, scoprire e individuare artisti e artiste emergenti, costruire una rete di persone a cui affidarsi.

In questa stagione avete fatto debordare l’arci Bellezza di proposte, rendendolo il nuovo epicentro sonoro della città. Come avete vissuto questi due anni di pandemia e quest'ultimo di ripresa?

Arci Bellezza è sicuramente uno dei posti su cui abbiamo lavorato di più e su cui ci è piaciuta l’idea di costruire anche una nostra dimensione. Dall’altra parte abbiamo trovato una casa disposta a integrarci nel proprio percorso, e ci ha dato questa possibilità. Su tutti Alberto Molteni che ci ha ascoltato, affiancato e guidato su molte delle proposte fatte in questi mesi. Siamo molto contenti perché, insieme ad altre realtà e a altri professionisti, ovviamente, Arci Bellezza sta diventando un nuovo punto di interesse per la scena musicale; è un luogo dove puoi andare sia per ascoltare l’artista che segui ma anche per passare del tempo insieme a persone di cui condividi probabilmente i valori e, spesso, i gusti. Noi ci abbiamo fatto eventi in tutte le forme, da quando si poteva stare solo seduti e con la mascherina e andare ai concerti sembrava una punizione serale. A parte le battute non è stato per niente semplice perché, oltre ai rischi economici durante ogni singolo concerto, c’era da affrontare i continui cambiamenti di legge e, in generale, un futuro poco chiaro. Però ci abbiamo creduto e ora c’è davvero una proposta ricca, varia, che accoglie le più diverse forme di intrattenimento, dal clubbing alla musica live.

Sembra che ci sia fermento e speriamo duri, ecco.

Come nasce la collaborazione con Tunnel, luogo storico per il clubbing ma che con voi torna a una dimensione live? Si pensi al celebre concerto dei Nirvana...

La possibilità ci è arrivata da ViaAudio che è una delle realtà che stiamo conoscendo sempre di più e con cui abbiamo avuto il piacere di affrontare molte delle sfide di questi mesi. Ci siamo incontrati nelle prime fasi del percorso intrapreso con Caramello e c’è stata sinergia su tanti aspetti di questo lavoro, sebbene con modalità e approcci spesso diversi. Dovevamo iniziare il percorso di “Glassa” già a dicembre ma, come sapete, c’è stata l’ennesima pausa per la musica. ViaAudio sta dando una nuova vitalità al Tunnel per quello che riguarda la musica live e insieme abbiamo pensato a un format che potesse unire anche l’anima clubbing che, da sempre, caratterizza la venue. Ogni giovedì quindi, dalle 21.00 alle 03.00, si può assistere sia a quelli che per noi sono i progetti musicali live più validi, ma anche agli aftershow con djset dei collettivi Discoteca Paradiso e Poche, che rappresentano benissimo la nostra visione di “festa”.

Come vedete la scena musicale milanese, da osservatori privilegiati quali siete? C'è un grande fermento o è solo un’apparenza data dalla spinta del post pandemia?

“Osservatore privilegiato” è un concetto su cui discutere innanzitutto, perché talvolta quando ti trovi così immerso rischi di veder affievolirsi la magia della scoperta musicale, finisci per concentrarti meno sugli aspetti romantici e più su quelli pragmatici. Comunque ci sono davvero tantissime sfumature della musica live a Milano, dai luoghi agli organizzatori, che hanno caratteristiche spesso lontane anni luce. A noi piace relazionarci davvero a più mondi, a più persone con l’idea che nelle differenze si possano trovare nuove idee e possibilità di creare qualcosa di originale. Sicuramente è un po’ presto per dire cosa succederà e se siamo in un momento di fermento legato al post-covid oppure di fronte a un reale desiderio di scoperta e di ripresa creativa; quello che è certo è che purtroppo tanti luoghi destinati alla musica live hanno smesso di esistere ma, al contempo, sembra che altri abbiano il coraggio di scommetterci e di costruire qualcosa. In generale ci sono collettivi, associazioni e società che ci stanno credendo proprio ora, sebbene non si facile; questo dà speranza.

Che futuro immaginate per la musica live? Quali sono i vostri prossimi progetti?

Difficile dire dove andrà la musica live visto che le cose cambiano di giorno in giorno e tutto va davvero velocissimo. Forse la speranza è che, sempre di più, la musica torni a ricordarsi che una delle sue massime espressioni la ritrova nel contatto con il pubblico, nei club, nei palazzetti, nelle sale da concerto. Noi abbiamo visto che si è creata una forte distanza, forse complice il covid, tra la musica raccontata nel mondo virtuale e quella invece suonata e accolta nella realtà. Sarà un concetto banale ma davvero c’è un abisso tra il numero di ascolti su Spotify e il pubblico che effettivamente va a sostenere l’artista durante un concerto, che canta le sue canzoni; forse questa ripresa della musica dal vivo lo sta esplicitando meglio. Diciamo questo perché anche per noi è un continuo studio della questione e ci piacerebbe andare sempre di più nella direzione di una scoperta e proposta di artisti che non sempre sono al centro della bolla dell’hype ma che dal vivo fanno il fuoco attorno a cui ballare e scaldarsi.