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Ethan Lara

Il pioniere della nuova generazione rnb made in Italy: una navigazione sonora sempre in tempesta, volutamente incompiuta

quartiere Città Studi

Scritto da Giovanna Riccomi il 26 maggio 2022
Aggiornato il 6 giugno 2022

Io ho davvero pochi numeri salvati in rubrica, vivo in modalità aereo e sono una di quelle che silenzia le chat di Whatsapp, abbandonando sgarbatamente il gruppo “Pizzata reunion Liceo XD”. Quando ho letto un bel «aiuto mi si è rotta la macchina e sono bloccato a Monza» ci ho messo un po’ a capire che era Ethan. Mi sono messa a ingrandire l’immagine del profilo, da buona zia, e ho ritrovato una figura riflessa su una vetrina con su scarabocchiato un graffito “Vuoto come me” – era Ethan Lara. Ebbene, dopo un bello scambio epistolare, messaggi e una densa chiacchierata vis-à-vi, posso dire che non c’è un’etichetta più bella sana e veritiera per descrivere la persona di Ethan Lara se non “vuoto come me”. Ethan ha saputo fare del non-finito, del cerchio che non deve per forza chiudersi, della sua quiddità, la spinta a continuare a navigare fluidamente, a sperimentare, a lasciare sempre spazio per qualcosa di nuovo, diverso o inaspettato. Il pioniere della nuova generazione del rnb made in Italy è riuscito a non farsi incastrare dietro a un iter pre confezionato, fatto di tappe fisse, obiettivi e ritorni. Ha sperimentato i più disparati generi musicali e li ha resi suoi, ha vissuto contesti che spaziano dal Castrocaro, all’essere il volto e il corpo riprodotto in maxi display per campagne moda genderless, fino a diventare l’idolo con la “c” aspirata dei Tiktokkers, ha vissuto il Brasile, Firenze, Lucca, Roma, Milano, parla canta e scrive in tre lingue diverse. Un fiume che va e si consolida prendendo i sassi dalle correnti in un continuum che lo rende unico e mai uguale.

«La musica è contaminazione, e voglio lasciare che sia lei, la musica, a dare un ritmo alla mia crescita artistica: mi lascio trascinare.»

Ciao Ethan, innanzitutto dimmi: che ti serve una macchina a Milano?

Io vivo in zona Loreto e frequento parecchio anche Milano Sud. La verità è che mi piace essere libero e svincolato da orari e tempistiche, sono impaziente e non aspetto super volentieri e per questo sono fedele alla mia macchina. Mi rilassa il tempo del viaggio: penso, scrivo, canto, rispondo e fumo pure dentro. Me lo aveva detto che mi stava per abbandonare e lasciare a piedi, guarda, queste sono le chiavi. [E mi mostra delle chiavi tipo lego dove i pezzi si smontano in un percorso degenerativo di distruzione. Ndr.]

Benissimo, mi piace la metafora delle chiavi, siamo tutti un po’ a pezzi. Che fai questo weekend?

Vado di treno e torno a Firenze per aiutare un’amica per la tesi di laurea – dove ci sarò anche io come soggetto di studio, dice.

Mia confessione personale: c’è da dire che dalla vittoria al festival di Castrocaro “Voci nuove, volti nuovi” io oggi vedo davvero un volto nuovo. Mi racconti un po’ della tua evoluzione?

La mia musica è contaminazione. E io mi lascio contaminare, anzi: voglio lasciare che sia lei, la musica, a definire la mia crescita artistica. Tutto quello che ascolto muta in base al mio stato d’animo. Ad oggi posso dire che il confronto e la collaborazione con artisti tipo Nava o Plastica mi ha aiutato sicuramente. Sto facendo dei bei progetti per continuare a collaborare con artisti che stimo e con cui condivido tanto. Ovvio che nel costruire la mia identità musicale c’è sicuramente un background soul e jazz e un corposo ascolto di Cleo Sol, Puma Blue, Arca e così via.

Ti abbiamo visto sui palazzi per le strade di Milano posare come modello e testimonial. Non è che ci abbandoni con la musica e ti ritroviamo nelle catwalk? Noi siamo felici lo stesso però raccontaci come nasce tutto ciò, e cosa ti piace della nuova moda di strada.

Ho iniziato a vivere sempre più naturalmente la mia immagine da quando c’è il mio ragazzo a farmi da stylist. Devo dire che è bellissimo andare in piazzale Cuoco, cercare qualche perla di mercato, scrivere ai brand più emergenti e fare qualche fitting, provare e riprovare, cercare quel pezzo che sento effettivamente mio. È stato un avvicinamento spontaneo, mi piace e sono aperto a progetti in questo senso. Sfilerei volentieri se capitasse, magari per qualche bravo designer emergente! Moda e musica non parlano lingue così diverse, l’immagine è importante e va stimolata. Pensa a un live di Solange: l’arte passa tanto dal suono quanto dalla vista!

Origini brasiliane e retroscena fiorentino, ora Milano. Cosa rende una città la tua città? Cosa ti manca di più e cosa invece trovi sia la cosa più bella di Milano? È o non è la più HOT delle città?

Sono qui da un anno e mezzo, prima ero a Firenze dove sono cresciuto e poi a Roma dove sono rimasto due anni per studiare canto – avevo vinto una borsa di studio. Milano è sicuramente la più “calda”, sebbene ti dirò: il freddo non mi dispiace. Poi questa città mi ha dato e mi sta dando tanto in ambito creativo e come stimoli, sono entrato in contatto con tanti artisti, ma non mi dispiacerebbe farmi un’esperienza all’estero, conoscere nuove persone e contaminare la mia musica rendendola sempre diversa.

Con Samsung ti ascoltiamo il 10 giugno con un format di musica dal divano. Dacci qualche anticipazione di mood e vibe che possiamo aspettarci.

Qualche settimana fa è uscito il mio ultimo singolo feat Lako – Tu sonrisa de diseno – e, ironia della sorte, ho festeggiato proprio su un divano. Mi piacciono moltissimo i live e ti dirò che vedo e ambisco a tour raccolti in giro per l’Italia ma comunque intimi dove davvero si riesce a guardare il pubblico negli occhi. Mi piace creare un legame con chi mi ascolta e penso che un live “sul divano”, un ambiente da salotto, sia davvero una situazione che riproduce ed esalta il mio modo di concepire la musica.

Invece: ci dici cosa fa Ethan quando torna a casa? Giusto per essere pronti all’evento.

Allora premetto che a casa ci sto veramente poco. Al tempo stesso però quando esco non riesco a rimanere fuori a oltranza. Vivo di contrasti e la mia solitudine me la tengo stretta. In ogni caso c’è da dire che  mi annoio facilmente e fatico a stare senza far nulla. Per cui se sono a casa mi trasformo in Marie Kondo e mi sento bene passando l’aspirapolvere, sistemando in giro. Poi ovvio: mi metto a suonare, scrivere e cantare.

Quando e come e dove hai iniziato il tuo percorso musicale? Abbiamo dei progetti futuri un po’ sognanti?

Ho iniziato a cantare quando avevo 8 anni e non ho più smesso. Complice la mamma e il nonno che hanno sempre cantato, non propriamente di professione, però la musica l’avevo nel sangue. Vivo di suoni, li cerco e ricerco da quando sono piccolo. Progetti futuri? Direi che non mancano. Di sognante c’è il fondare un collettivo per giovani artisti di ogni ambito per offrire a tutti uno spazio di condivisione e contaminazione dove ci si sente sempre e comunque comfortable. E rimanendo sempre sul sognante, ci sarebbero delle belle, bellissime collaborazioni – ammiro e stimo Arca, ad esempio. E poi che dire, io a Sanremo ci andrei molto volentieri, penso sia un’esperienza da fare.

Ti abbiamo sentito cantare in lingue diverse e ti chiedo quale rimane la tua preferita e perché.

Io sono madrelingua con l’italiano ma cantare in italiano è sfidante. È come se la lingua italiana  mi scoprisse sempre di più, arrivando a toccare gli aspetti più intimi della mia persona, sia cantando che scrivendo. La mia lingua di comfort è sicuramente l’inglese. Rimane la mia preferita perché non si porta dietro quel bagaglio iper-connotato della lingua italiana. A me della musica affascina il suono, e mi ritrovo spesso a catalogarli, isolarli e cercarne una melodia, e per questo trovo che l’inglese faccia risaltare meglio la voce, a discapito se vogliamo, del testo.

Ti congedo con una richiesta dal pubblico. Dimmi di che segno sei che dopo ci facciamo fare le carte a Brera.

Gemelli ascendente Bilancia e ora ho Marte in Ariete quindi lasciamo scivolare il tutto.