A poche ore dalla conferenza stampa di presentazione della nuova stagione, il direttore artistico Giuseppe Scordio racconta della recente rinascita dell’ex Spazio Tertulliano grazie al sostegno di Avirex e anticipa alcuni titoli in cartellone.
ZERO: Grazie a parte dell’eredità di Giulio Bosetti nel 2010 fondi Spazio Tertulliano, con la vocazione di creare un ponte generazionale tra teatro di tradizione e teatro sperimentale. Nell’arco di sei anni Spazio Tertulliano si conquista, non senza difficoltà, un posto di rilievo nel panorama teatrale milanese, fino allo scorso giugno: poi cosa è successo?
Giuseppe Scordio: Abbiamo ricevuto la terribile notizia che il teatro non avrebbe più potuto continuare la sua attività, proprio durante la programmazione dell’ultimo spettacolo della stagione, “Light my fire – Nascita della tragedia”. Un titolo evocativo, dato che la tragedia pareva compiersi davvero: la proprietà aveva deciso, in scadenza di contratto, di non rinnovare più l’affitto a Spazio Tertulliano. Il nostro teatro ha sempre ricevuto dal Comune contributi senza cadenze precise e ciò ha spesso determinato negli anni ritardi nell’onorare il pagamento dell’affitto: e questi ritardi hanno comportato la decisione di interrompere il rapporto da parte della proprietà.
Poi cosa è accaduto?
Ci siamo rivolti alle istituzioni, in particolare al Comune di Milano. Prendere le difese di un piccolo teatro di periferia è stato uno dei primi obiettivi della giunta del nuovo sindaco: l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno si è prontamente adoperato scrivendo una lettera alla proprietà, nella quale la si esortava a pensare ad una trattativa. A questo si è aggiunta anche la nostra petizione on-line: con grande sorpresa ci hanno sostenuto tantissimi milanesi, non solo di zona ma di tutta Milano, tanto che in una settimana abbiamo ricevuto 1500 adesioni, compresa l’attenzione della stampa. E per ultimo, come un calcio di rigore al 90° minuto, è arrivato anche il prezioso aiuto di Avirex.
Come è avvenuto l’incontro col noto brand americano?
Tutto è avvenuto venerdì 2 luglio: subito dopo aver concluso un affare in zona, imboccai via Comelico per tornare in ufficio. Mentre camminavo continuavo a pensare che presto avrei dovuto trovare una nuova sede per il teatro. Con questo pensiero alzai gli occhi e lessi sulla facciata del palazzo d’angolo in via Friuli il marchio Avirex: “Ecco qui ci starebbe proprio bene il nuovo teatro” mi dicevo guardando quel logo. Poco dopo, rientrato in ufficio, trovai una mail di Cristina Pozzoli, ufficio stampa di Avirex Italia: l’azienda aveva già deciso, a mia insaputa, di aprire un suo museo all’interno dei capannoni industriali in via Tertulliano accanto al nostro spazio e desiderava prendere contatti con noi per parlare di eventuali programmi futuri insieme. La chiamai immediatamente spiegando che stavamo per chiudere i battenti e lei preoccupata mi chiese cosa avesse potuto fare per me. “Credo nulla” risposi io. “Lunedì dovrò riconsegnare le chiavi alla proprietaria. Non so cosa possa fare Avirex, a meno che la società non voglia intercedere per noi”. “Sarà fatto” mi disse. Dopo due ore mi chiamò la proprietaria: “Lei Scordio è un uomo fortunato: le ho trovato uno sponsor, non chiuderà più il teatro”».
Un dono di Bosetti?
Non escludo il disegno di un’entità superiore ma il teatro mi ha insegnato ad essere molto terreno: la magia avviene sul palcoscenico ma tutto quello che riguarda l’organizzazione è lavoro, fatica, abnegazione e professionalità. È stato un evento sicuramente fortunato ma credo si sia verificato anche perché io per primo ho dato tutto perché accadesse. Credo poi in un’energia positiva venuta dalla solidarietà di tutti quelli che ci hanno sostenuto: penso veramente che in quella petizione, nella volontà del Comune, della stampa, degli operatori e della gente ci fosse veramente il forte desiderio di scongiurare questa cattiva ipotesi, toccando così la magnanimità della proprietaria che, tornando sui suoi passi, ha dimostrato di avere grande coscienza.
È la dimostrazione che dietro ad un teatro non ci sono solo numeri ma anche rapporti umani. Un problema che riguarda la cultura italiana in questo momento storico credo sia l’intenzione di voler considerare l’arte come un patrimonio da gestire: il punto è che l’arte non si conta ma si pesa.
Nuovo nome: Spazio Avirex Tertulliano. Cosa cambia?
L’unica richiesta ufficiale che ci ha fatto Avirex per poterci sostenere e sponsorizzare economicamente è stata quella di poter inserire il proprio marchio all’interno del logo di Spazio Tertulliano. Io inizialmente volevo evitare questa proposta per mantenere un’identità; poi ripensandoci mi sono reso conto quanto fosse meritato dare ad Avirex la possibilità di non essere esclusivamente uno sponsor ma di comparire a fianco di attività culturali che potessero favorire la sua immagine. È naturale che ci sia anche un interesse nel poter divulgare il proprio marchio non come mera pubblicità ma accostato ad attività culturali che sicuramente possano essere apprezzate dalla loro stessa clientela.
Dal 15 settembre avete presentato la rassegna di Wanted, casa cinematografica che opera in tutta Italia distribuendo film acquistati ai più importanti festival italiani ed europei: come mai la scelta di questo nuovo spazio al cinema?
La rassegna di Wanted propone un cinema ricercato, spesso in lingua originale, quel cinema che credo trovi la sua condizione ideale in luoghi industriali come questi, un po’ come a New York o a Berlino. Condividere la sala con la Wanted Cinema, che era in cerca di uno spazio per presentare a Milano la propria rassegna, ci ha permesso di ottimizzare le tempistiche per creare il nostro cartellone. La stagione teatrale quest’anno partirà in ritardo, per ovvi motivi: inserendo il cinema come offerta alternativa ho inoltre pensato che avrei avuto più tempo a disposizione per promuovere gli spettacoli nei prossimi mesi.
L’offerta cinematografica permetterà comunque di allargare anche il nostro bacino di utenza e avere una condivisione delle spese in maniera da poter scongiurare in futuro ulteriori eventuali difficoltà.
Il connubio con il cinema quindi non vuole essere un esperimento limitato a quest’anno ma c’è l’obiettivo di farlo crescere?
Più che un esperimento vorrei che diventasse un nuovo marchio di fabbrica. L’intenzione è quella di potersi ingrandire in futuro e magari trovare uno spazio più grande per poter avere un cinema e un teatro fissi: chiaramente potendo far coesistere le due attività anche sotto l’aspetto organizzativo, considerato che teatro e cinema sono realtà che hanno esigenze diverse. Crediamo che questo potrà avvenire nel tempo e stiamo lavorando in questa direzione».
A poche ore dalla conferenza stampa puoi già darci qualche piccola anticipazione sui titoli della stagione?
“Light my fire” verrà riproposto in una versione arricchita da altre scene a livello drammaturgico e da altri elementi del coro e musicisti a livello scenografico, compreso un disegno luci più importante. Il mio desiderio è quello di poter creare una produzione nell’ottica di una tourneé mondiale: non credo sia mai stato fatto uno spettacolo del genere su Jim Morrison, personaggio ancora tanto amato.
Ritorna anche “Mi voleva la Juve” con il testo di Gianfelice Facchetti, proposto anche per le scuole perché credo tratti temi interessanti per gli adolescenti. Per i bimbi “Ritorno alla Fabbrica di Cioccolato” con Willy Wonka, in omaggio anche alla recente scomparsa di Gene Wilder. E poi una rivisitazione della tempesta di Shakespeare vista dagli occhi di Calibano, quindi dell’immigrato: in questo senso intendo creare un legame con l’attualità. Il tema dell’immigrazione sarà toccato anche in altri spettacoli, ad esempio in “Je suis la mer” con Vanessa Korn, in cui vengono denunciati i loschi interessi intorno al mercato dei profughi.