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Cabiria Magni

QUATTRO CITTÀ EUROPEE, QUATTRO BLOGGER, QUATTRO STORIE DI VIAGGI, UN UNICO SPIRITO: #EXPLORINGTHEWORLD. NEI PROSSIMI GIORNI QUI E SU ZERO MAGAZINE GIREREMO IL MONDO INSIEME

Scritto da La Redazione il 17 marzo 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Ben arrivati. Se ci abbiamo preso e se ci avete preso anche voi, siete appunto arrivati nel posto giusto.
Perché questa è Hola Roma!, la tappa capitolina di Hola San Miguel, un’iniziativa di San Miguel e Zero rivolta agli appassionati di viaggi e agli amanti delle novità.
Persone che preferiscono muoversi, insomma.
L’appuntamento romano di Hola San Miguel è l’ultima tappa di un progetto europeo che ha coinvolto anche Milano, Berlino e Stoccolma: un’avventura che premia chi di viaggi ne sappia. E non ne possa fare a meno.
Per questo motivo il simbolo è una valigia. Per la serie: sempre pronti a partire.
Proprio come i blogger di cui San Miguel ha scelto di condividere risposte, impressioni e racconti. D’ora in poi li troverete qui, in modo da conoscersi tutti un po’ meglio.
L’iniziativa mette in palio un viaggio a Ibiza per due persone, da vivere insieme con i vincitori delle altre città.
Lo abbiamo già detto e lo ribadiamo, inevitabile per chi viaggi avere a che fare con le valigie. Per questo la valigia, oltre a essere la compagna di chi si sposta, è anche la protagonista di Hola Roma!. E non a caso il segno distintivo di San Miguel, che del viaggio ha fatto il suo stile. Tutto per ricordare ci si possono accaparrare anche 4 valigie per ognuna delle città coinvolte. In fondo, come ogni vero viaggiatore sa bene, partire è uno stato della mente e la valigia deve essere sempre a portata di mano.
Lo sa bene Cabiria Magni, brianzola classe 1981 con un nome che – a detta dei più – suona esotico e, invece, è italianissimo. Inizia a viaggiare fin da piccola, prima al seguito di due genitori “nomadi”, poi sull’onda della propria curiosità. Nel 2012, chiuso lo zaino, parte in solitaria alla volta di Bali, dove si ferma per un mese e mezzo: è lì che inizia a scrivere il suo blog Trip or Treat?, rendendo pubblico l’amore che ha per l’isola e per l’Asia intera (e infatti ci torna appena un biglietto aereo glielo consente).

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ZERO – Che cos’è il viaggio per te, Cabiria?
Cabiria Magni – Sembrerò banale, ma per me il viaggio è uno stile di vita, nel senso che condiziona il mio modo di essere anche a casa: non inizia quando parto e non finisce quando torno. Prima della partenza mi piace entrare in contatto col Paese in cui andrò, non semplicemente leggendo guide, ma cercando di scoprirne la storia, le tradizioni: guardo film, leggo libri, tento di andare oltre quelle che sono le semplici “cose da vedere”, cerco di capire prima le persone. Per il mio ultimo viaggio in Guatemala, per dire, mi sono documentata sulla storia degli Indios leggendo, tra le altre cose, Mi chiamo Rigoberta Menchù, la storia atroce di Rigoberta e della sua comunità alle prese con un potere straniero calato dall’alto, che non ha tenuto in minima considerazione la realtà in cui si è trovato a operare in maniera efferata. Ma potrei andare avanti ore con citazioni del genere.

Un vecchio adagio recita che a contare non sia la meta, ma il tragitto. Sono stati i viaggi a farti diventare quello che sei oggi?
Assolutamente sì, non potrebbe essere diversamente. È stato il mio percorso di vita a spingermi verso alcuni viaggi e sono stati i viaggi ad aver influenzato il mio percorso di vita. Tutto è strettamente connesso.
È stato grazie al mio “vagabondare” per il mondo che mi sono appassionata allo studio dell’antropologia e delle tradizioni tribali, alle quali ho unito un’altra mia grande passione, quella per i tatuaggi, che mi ha portato a scegliere le mie mete anche in base a pratiche particolari da andare a scoprire: non a caso, sul mio blog c’è anche una sezione apposita per queste considerazioni, nate proprio da questa ricerca. Viaggiare ha aperto la mia mente nei confronti di situazioni che prima ignoravo totalmente.

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Qual è la storia o l’aneddoto legato a un viaggio/viaggiatore celebre che preferisci?
Qui bisogna scomodare quello che per me è un grandissimo, Tiziano Terzani: nella primavera del 1976 un indovino gli aveva predetto che, se avesse volato nel corso del 1993, sarebbe morto; lì per lì Terzani non diede importanza alla cosa, ma quando poi il 1993 arrivò, si ricordò della profezia e decise di rimanere a terra per un anno intero, non tanto per timore, ma per curiosità. Da quell’esperienza è nato il libro Un indovino mi disse, in cui racconta di quell’anno particolare, ma soprattutto degli insegnamenti che Terzani ha saputo trarre da questo cambio drastico delle sue abitudini: in questo libro ci regala un punto di vista nuovo, su un’Asia diversa da quella cui era abituato; lo consiglio a tutti, non tanto per le storie di profezie e stregoni (cui si può più o meno credere), ma perché è la dimostrazione di quanto rompere il recinto delle abitudini sia di certo faticoso, ma regali ricchezze enormi.

Che cosa porti a casa con te dopo un viaggio?
Cerco di portarmi dietro qualche pezzettino di vita dei posti nei quali mi fermo prediligendo le piccole cose che mi ricordano l’esperienza vissuta. Prima di rientrare mi fermo sempre a fare la spesa: compro cose come il caffè (in Vietnam ne ho fatto scorta), o una spezia scoperta in qualche ricetta (qui la scorta l’ho fatta in India), cose che poi a casa, con il loro profumo, mi fanno tornare in mente un momento o un incontro.

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E quando parti, che cosa non deve mancare nella tua valigia?
Col tempo ho imparato a fare zaini sempre più leggeri: è iniziato tutto come un gioco, una piccola sfida con me stessa a ridurre sempre di più, e alla fine è diventato parte del mio modo di essere. Mi sono accorta che in realtà ci serve molto meno di quanto pensiamo, e che se partiamo leggeri con lo zaino, partiamo più leggeri anche di spirito, più aperti a ciò che possiamo incontrare lungo il cammino. Ci sono due cose che però non devono mancare mai, la macchina fotografica e un taccuino: ho una pessima memoria e devo di appuntarmi tutto, o quasi, in tempo reale; basta uno scatto a un cartello, o una mezza riga scritta al volo, e si riapre subito la scatola dei ricordi.

Un viaggiatore non conosce mete, ma tappe sì; quando ne raggiungi una, te la concedi una birra? È un viaggio anche quella?
Me ne concedo anche più di una! Le ultime volte che sono andata in Asia mi è addirittura piaciuto scherzarci: «parto per l’ennesimo tour della birra», dicevo.
Questo perché mi diverto sempre ad assaggiare tutte quelle che posso, dalle più note a quelle mai sentite. Colleziono le mie “vittime” scattando foto alle loro etichette.

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Tifoni, guesthouse, mete pazzesche. Il tuo blog testimonia un’attività piuttosto intensa: dacci il consiglio più saggio che hai a disposizione per i giovani viaggiatori
Questa è impegnativa. Negli ultimi anni mi sono più volte trovata in situazioni che mi hanno fatto chiedere «ma chi me l’ha fatto fare?»: quando si viaggia in maniera indipendente, in Paesi non sempre “comodi”, è all’ordine del giorno scontrarsi con piccoli e grandi problemi da risolvere. Il consiglio più saggio che mi sento di dare è sicuramente questo: non lasciarsi intimorire né scoraggiarsi, perché quando siamo sotto pressione, in difficoltà, tiriamo sempre fuori il meglio e facciamo il famoso passo in più. Qualcuno ha detto che per fare un passo avanti bisogna perdere per un attimo l’equilibrio, be’, quello che posso dire è di provare a perdere l’equilibrio, confidando innanzitutto in se stessi, e poi anche nelle persone che incontriamo, che nella stragrande maggioranza dei casi sono il vero valore aggiunto del viaggio e, spesso, anche il motivo per continuare a tornare in un posto.

San Miguel perché?
Ho scoperto San Miguel in uno dei miei “tour delle birre asiatici”, nelle Filippine: mi ha accompagnata tra le risaie della Cordillera e sulle spiagge di Palawan, e ancora adesso per me quel viaggio ha un po’ il suo sapore. All’inizio non conoscevo la storia di San Miguel, mi sono incuriosita strada facendo: quando ho scoperto il suo animo esploratore e un po’ avventuroso, non ho potuto non sentirla un pochino anche mia.

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