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Luigi Brusaferri (Milano Tattoo Convention)

Da quattro amici al bar all'evento numero 1 in Europa: intervista a Luigi Brusaferri, da 23 anni il boss della Milano Tattoo Convention

Scritto da Martina Di Iorio il 23 gennaio 2018
Aggiornato il 4 luglio 2018

La Milano Tattoo Convention nasce come tutte le cose belle in un bar, dall’idea di pochi amici amanti della moto e del tatuaggio – binomio perfetto – di voler creare un raduno per chi amasse questo mondo. Cresce rapidamente, supera pregiudizi e preconcetti e diventa a oggi la kermesse numero 1 in Europa. Qui abbiamo intervistato uno di quei ragazzi che all’epoca, nel 1992, sognava in grande di rivoluzionare il concetto di tatuaggio. Da 23 anni organizza la Milano Tattoo Convention (dal 9 all’11 febbraio a Fiera Milano City) e ci spiega perché non dobbiamo più nasconderlo a casa.

Come nasce l’idea di creare la Milano Tattoo Convention? E quando?
L’idea nasce ben 23 anni fa. Era il 1992 quando io, tatuatore allora e appassionato di motociclette, insieme ad altri amici del settore ci incontrammo in un bar e decidemmo di dar vita a quello che era l’antenato della manifestazione che conosciamo tutti oggi. Non si poteva nemmeno parlare a quei tempi di convention perché era più un semplice incontro di tatuatori all’interno dell’Indian Saloon di Bresso, un bar che ora non c’è più. Eravamo in quindici tatuatori in totale, per farvi capire la portata della cosa. Solo gente che ci credeva per passione e senza ritorno di gran denaro. Poi con gli anni siamo cresciuti di anno in anno e siamo la kermesse numero 1 in Europa.

Chi eravate al tempo e chi siete ora? Siete tutti da sempre nel mondo del tatuaggio
Al tempo come vi dicevo eravamo veramente in pochi, ora non ricordo neanche i nomi. Ora siamo più o meno 30 persone che lavorano attivamente e da dietro le quinte allo sviluppo della Milano Tattoo Convention. Non sono persone che provengono tutte dal mondo del tatuaggio, ma sicuramente sono tutte persone tatuate! Io sono stato un tatuatore per 35 anni, lo facevo per pura passione aldilà del compenso. Ora però ho smesso visto che ho 61 anni.

L'edizione del 2017
L’edizione del 2017

Come si svolgono le tre giornate di Convention?
La Convention quest’anno andrà avanti dal 9 all’11 febbraio e avremo più di 400 artisti provenienti da tutto il mondo. Il vero spettacolo, per chi si tatua ma anche per chi non lo fa, è vedere gli artisti all’opera sotto il ronzio delle centinaia di macchinette. Ma abbiamo pensato anche a una serie di eventi collaterali per intrattenere il pubblico e creare movimento intorno alla manifestazione. Avremo spettacoli, molti dei quali legati al mondo tribale, musica e poi ci saranno le nostre consuete premiazioni ai migliori lavori divisi per categorie (black&white, reality, old school ecc) decise da una giuria di esperti del settore.

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Che tipo di pubblico avete alla Tattoo Convention?
Le persone che vengono a trovarci sono radicalmente cambiate negli anni. Inizialmente avevamo solo un pubblico di addetti ai lavori e veri appassionati, oggi invece posso dire che vediamo persone molto diverse tra loro. Dal professionista, all’impiegato, famiglie con bambini, molti giovani e meno giovani che anche per curiosità vengono alla Convention. Questo ci fa molto piacere anche perché la manifestazione di Milano, rispetto a quelle d’Europa che sono in calo, mantiene alto e costante il numero di presenze.

Tatuaggi e pregiudizio comune: come è cambiata la questione in questi 23 anni?
Da un qualcosa che veniva percepito come da nascondere e quindi vergognarsi, il tatuaggio si è liberato oggi di molti pregiudizi. Prima chi aveva tatuaggi era considerato alla stregua di un delinquente, ora forse è vero il contrario (ride ndr.). Purtoppo esistono ancora posti di lavoro dove si chiede di nascondere il tatuaggio, ma speriamo che con il tempo anche questo andrà a scomparire.

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Di stili e mode ne abbiamo viste passare tante: dal tribale al Maori, e il grande ritorno dell’Old School. Puoi farci un breve excursus in questo vostro periodo di vita?
Posso dirvi sicuramente che le mode sono cambiate e con questo le richieste dei clienti. Trenta anni fa tutti volevano dragoni, tribali, senza però sapere veramente cosa si stessero tatuando, senza conoscere il significato di quelle immagini. Oggi invece c’è una buona consapevolezza, degli stili e delle immagini, anche se il tatuaggio non è più considerato come un marchio che si lega ad esperienza di vita ma come puro abbellimento del proprio corpo. C’è un grande ritorno all’Old School, quindi velieri, pin up, ancore, rondini, riprendendo i lavori del pioniere americano Sailor Jerry ma non solo.

Ci sono stili che stanno scomparendo e altri invece che non scompariranno mai?
Non ci sono stili che muoiono, non ce ne saranno mai. Chi ama il tatuaggio lo fa in tutte le forme.

E dove vai nel tempo libero a mangiare e a bere?
Vado Al Padellone in piazza Bausan, la pizza la mangio da Ti amo in Viale Jenner e poi al Rock’n’Roll.