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Edoardo Mazzilli

Ex Link, ex roBOt, addiriturra ex Zero, Edo ora vuole fare tutto da solo. Ecco i suoi trascorsi e il suo presente, tutti d'un fiato.

Scritto da Salvatore Papa il 28 settembre 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Mezza vita al Link, fondatore del roBOt, spinta a motore di Playhouse, addirittura ex caporedattore di Zero a Bologna, e tanto tanto altro. Edo Mazzilli (15/8/1977, Milano) ne ha fatte e viste tante, e sentirsele raccontare con la sua voce rauca e profonda è sempre un piacere, praticamente un audio libro ricco di personaggi e storie di ogni tipo. Lo chiamano Il Malvagio, anche se di malvagio ha quasi nulla, tranne l’etichetta che porta il suo stesso soprannome e il colore che ha dato nome alla sua nuova avventura, Nero, che – grande novità – prende il posto dello Spazio Indue (inaugurazione prevista il 9 ottobre con Joasinho dei Notwist).

Di questo e tutto il resto ci ha parlato con la sua solita franchezza.

Il giovane Edo
Il giovane Edo

Quando sei arrivato a Bologna e perché?
Il 3 novembre 1997, per studiar musica al DAMS (Ma-dams e Monsieur, come diceva Albanese!)

Com’era la città all’epoca? E com’è oggi?
Domanda assai malinconica e bastarda questa! Prima, si sa, Bologna era il paradiso…ma davvero! Un po’ lo stesso stupore che provai andando a Berlino 3/4 anni dopo, quando ancora era per pochi, quasi gratis e senza troppi turisti (un po’ come Belgrado oggi mi suggeriscono in molti). Ora Bologna resta per me la città più a misura d’uomo (un uomo come me) in Italia. Ci son sempre per fortuna gruppi e teste nuove per via dell’università, e della nomea della città. Ma son poche le teste illuminate, anche se almeno ci sono (per citarne qualcuna: Francesco Zaniboni aka Dj Rou, i ragazzi di TimeShift, Isabella Corigliano di Indipendead e altri).

Hai anche fatto il caporedattore di Zero a Bologna…ci racconti qualcosa di quegli anni?
Che era un lavoraccio infame! (ride di gusto – ndi) Non so cosa fai tu ora ma ai miei tempi ero caporedattore, facevo distribuzione anche fisica dei giornali in più di 1OO punti, scrivevo gli articoli e dovevo star dietro anche al resto, ovviamente. Decisamente troppo anche per i miei 23 anni di allora. Però come tutte ‘ste grandi opportunità mi ha aiutato un casino, inutile negarlo. Gran parte dei miei contatti sono ovviamente partiti da là, e come ben sai sono sempre stato gran sostenitore e amico di tutti i ragazzi della redazione.

Com’è scandita la tua giornata oggi?
Ora che sono in “solitaria” – avere soci non fa proprio per me…anzi non fa proprio per gli altri – sono concentrato sul mio network la Malvagio Inc. (quindi label, organizzazione eventi, “atelier”, corsi di musica, e corsi di sfoglina). E non soddisfatto, ora che ho appena finito di mettere a posto la sede (ex Barnum, ovvero ex sede di roBOt), ho appena rilevato uno dei locali più noti a Bologna in cui comincerò la mia avventura Malvagia vera e propria a settembre. In pratica fatta la palestra in questa stagione in via De Pepoli, posso partire per questo mio desideratissimo e sudatissimo nuovo impegno. Lo spazio si chiama Nero, e sarà fondamentalmente la sede per le attività concertistiche e associative de La Malvagio Inc.

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Intendi ovviamente l’ormai ex Spazio Indue, giusto? E cosa succederà da Nero?

Sì esatto, quello. Succederanno moltissime cose, dai corsi di ogni tipo (yoga, recitazione, ginnastica, scrittura, danza, sfoglia, laboratori di musica elettronica), alle proiezioni (ci saranno rassegne tematiche, tra cui una dedicata alla storia della musica dance) alle serate musicali con una programmazione “soft” durante la settimana che diventa più danzereccia nel weekend. La direzione artistica dei live è affidata a Isabella Corigliano, mentre quella di musica elettronica è nelle mani di Marco “Unzip” Ligurgo.

Ci parli dell’avventura con roBOt?
Hai parecchio tempo? Scherzo. In breve io al roBOt ho dato il nome, e sono fondatore assieme ad Andrea Giotti, Marco Ligurgo, Antonio Puglisi e Francesco Salizzoni. Poi si sono aggiunti anche Gianluca Giangiobbe, mio socio al Link, Marcella Loconte (la prima persona che ho conosciuto a Bologna e che mi son ritrovato per caso nello staff) e Federica Patti, ora anche responsabile della comunicazione di Nero. Il tutto ammetto che ha sempre funzionato dall’inizio per svariati fattori. L’ amicizia fortissima, la giovane e coraggiosa età, la professionalità e i contatti maturati in anni di lavoro su Bologna tra Link e Playhouse al Kindergarten, appoggiati da Comune, Provincia e Regione… Insomma, era un po’ uno “step” naturale che bisognava affrontare se volevamo restare in questo ambito lavorativo. E ha funzionato non solo per noi, credo, ma anche per tutta la città che ne ha giovato a 36O gradi. Poi la mia avventura “robotica” finì con la sesta edizione, ultima edizione legata ai locali per la parte notturna, che poi come sappiamo tutti nelle ultime due edizioni si era trasferita in fiera.

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Edo con lo staff di roBOt qualche anno fa

L’amicizia con i ragazzi di Shape quand’è nata?
Nel primi duemila (credo, non ricordo esattamente, ma di sicuro una vita fa!). Io ero barman di un noto locale chiamato Stile Libero, mentre contemporaneamente Andrea, Marco e Toni e Tito, inventavano il format Playhouse al Sushi Caffè Kappa, primo ristorante “giappo” a Bologna. Da lì sono cominciate le serate assieme, le collaborazioni, e infine la mia iscrizione alla Shape come direttivo. Così mollai definitivamente il lavoro del barman per diventare “shaper”.

So che hai una grande passione per le motociclette, da dove viene?
Dai miei genitori, quasi 7Oenni e ancora in sella alle Harley. In pratica una tradizione di famiglia, visto che anche io e mio fratello ce la scarrozziamo allegramente con le stesse bellicosissime intenzioni sulle due ruote. A livello di passione, diciamo che, come la musica, quella della moto è davvero una brutta bestia da domare.

edo-motoC’è una scena di motociclisti a Bologna di cui fai parte? E che posti frequentano i motociclisti in città?
Io ho sempre adorato la moto in solitaria sinceramente. Però se frequentavo, frequentavo la scena rockabilly legata a Leo Busi, ex parrucchiere di Via Valdonica, nel ghetto ebraico, dove uccisero Biagi (in pratica proprio sul suo portone del negozio). Purtroppo Leo è mancato a 5O anni qualche anno fa, di ritorno sulla sua Harley da un raduno organizzato da lui in Romagna… Ma ci ha lasciato un sacco di belle cose come il Motorcycle Gang Jamboree a San Lazzaro dove ogni estate i suoi amici biker e rockers di sempre mantengono vivo il suo ricordo.

E la passione per la musica elettronica quando è iniziata?
Dal momento in cui ho scoperto Pretty Hate Machine dei NIN. Da lì è stata una caduta libera in quei suoni. Ma non ho mai mollato la musica “strumentale” o “suonata”, anche per via del mio programma su Radio Città del Capo, La Radio Malvagia. Ma quella elettronica poi è diventata proprio il fulcro del mio ambito lavorativo, quindi da là è stato un attimo mischiare gioia e dolori.

Sei anche uno dei soci del Link…
Non più da qualche mese ormai. Lì ci ho passato mezza vita, ma era arrivato il momento di prendere un’altra strada, in autonomia. Quella di lasciare è stata una scelta maturata col tempo, a cui si è aggiunta un po’ di stanchezza mia (far funzionare una serata al Link non è affatto semplice) e anche un cambio di interessi, sia musicali che professionali.

Edo e Iommi all'alba al Link
Edo e Iommi all’alba al Link

In tutti questi anni sarai stato accanto a tanti big della consolle e immagino gli aneddoti che avrai accumulato.
Come ti accennavo prima per il roBOt, occupandomi in principio proprio dell’accoglienza degli artisti ne ho di cose da raccontare e anche io ho il mio bell’archivio andreottiano nascosto da qualche parte! Di bello posso dire, però, che più sono importanti, “grossi” e famosi, e più sono alla mano, disponibili e gentili. Niente a che vedere con la schiera di bimbiminchia che girano oggi per qualche euro facendo i capetti. Ma questo è un problema che non riguarda solo quest’ambito. Purtroppo di underground (o per fortuna) questo mondo non ha più niente. Quindi ci trovi dentro veramente di tutto. Ma proprio di tutto.

Ci racconti di quella volta che dopo 20 ore di Sonar 2005 hai detto: andiamo all’after?
No comment! Eravamo “giovani, carini e disoccupati”. Voglia di divertirsi, gruppo di 3O persone, insomma, erano i nostri anni. Non ci fermava nessuno allora, sempre carichi come molle. Fu un periodo memorabile, in cui ancora tutto sembrava magico e non esisteva perdersi delle occasioni speciali come quelle che si creavano al Sonar anni fa. Sarebbe stato da pazzi non far tutto e di più. Ora ovviamente è tutto un milione di volte più grande, più “difficile” se vuoi (passami il termine), ma non solo per noi che ormai siamo di un’altra età. Era proprio il periodo, e ho avuto la fortuna di aver l’età giusta nel posto giusto.

Edo e Villalobos al Bar25
Edo e Villalobos al Bar25

Sappiamo che la tradizione vuole che festeggi il tuo compleanno , che cade il 15 agosto, a Berlino. Prima lo festeggiavi al Bar25, ora che questo locale non c’è più dove vai a fare il Malvagio?
Da allora mi hanno trasferito il tutto tra Hoppetosse e Club Der Visionaere.

Perché ti chiamano “Il Malvagio”?
All’inizio il mio soprannome era La Madre Superiora, per via di Trainspotting, e del fatto che alla fine di ogni serata si finiva in casa mia, dove facevo da “madre” a tutti. Poi però vista la voce cavernicola e la mia risata decisamente non aggraziata, hanno cominciato a chiamarmi Malvagio. Da là il nome (tra l’altro aggettivo per niente azzeccato per la mia persona, ma per questo divertente).

E La Malvagio come nasce?
Nasce per creare qualcosa di mio. Al roBOt e al Link non ho mai potuto riprodurre tutto quello che avevo in testa per ovvi motivi. Quindi mi sono fatto coraggio, mi sono rimboccato le maniche, mollato il roBOt e Link e mi sono buttato. Dio non ama i codardi, dicono.

Lo spazio de La Malvagio, nonché casa di Edo
La tana del Malvagio

Come hai concepito il tuo spazio? E chi ci collabora?
Il mio spazio nasce da una mia voglia di tornare alla base nel mio lavoro. Nato come pr, mi sono accorto negli anni di come questo ambiente, proprio perché non più underground, avesse trasformato i clienti in numeri. A me invece piace davvero prendermi cura delle persone che vengono ai miei eventi, e quindi ho optato per una soluzione molto più casereccia, intima, in cui conosco tutti e in cui contribuiscono tutti. Diciamo che il mio sogno è quello di ricreare una sorta di Factory, e non una azienda sforna soldi tipo Ibiza. A me quelle cose là fanno più paura che gioia ormai.

Cos’è secondo te un party?
Come detto sopra, una sorta di scambio a più livelli. Dovrebbe esser sempre una sorta di ring, se vuoi, ma in cui confrontarsi e non affrontarsi. Ora sembra di entrare nelle gabbie allo zoo la maggior parte delle volte. Alla mia età (quasi 4O anni) sono in cerca di cose un po’ più profonde e appaganti che stare in consolle a fare il fenomeno con il dj di turno. Sono, infatti, tornato a fare un sacco di concerti acustici, folk o sperimentali nel mio spazio, proprio per ridare sia alla musica che alla gente la giusta dimensione.

Abbraccione con Seth Troxler
Abbraccione con Seth Troxler

Il party più memorabile?
Mi spiace per chi non ci è mai stato, ma per me erano le feste dopo il Playhouse in casa mia, a Swannyvillage, monolocale di 18mt quadri, in cui ci si ritrovava dalle 7 del mattino in una 4Oina di persone! Tipo due persone ogni metro quadro. Ricordo una tre giorni e tre notti di fila con Seth Troxler, motivo per cui ora siamo parecchi amici, o con Magda, Tobi Neumann, Konrad Black… Insomma, era diventato una sorta di appuntamento fisso, in cui alla fine addirittura in molti venivano direttamente senza passare dal Kinder. Veri party da “the roof is on fire!”. Se parli di party invece in club veri e propri, ultimamente ho visto un buon affiatamento al WHP al Crash, party senza nomi né ospiti, organizzato dalla cricca che ci ha accompagnato allora al Playhouse e al roBOt come pr, e che ora son diventati bravi davvero, e alcuni anche famosi, come Mattia Trani.

E quello più bello che hai mai organizzato?
Sicuramente i miei compleanni al Bar25 a Berlino: in quel buco ho lasciato davvero parte del mio cuore.

Come vedi la scena del clubbing a Bologna oggi?
Confusionaria, ma penso perché si stia riassestando tutto molto naturalmente e la gente sta cercando di adeguarsi. Abbiamo tantissimi artisti validi e tantissima buona musica “in casa”, e questo dovrà pur sfociare in qualche cosa.

Il dj bolognese che ti piace di più?
Non ho un dj preferito. Professionalmente posso dirti che vedere come un Uovo si sia gestito la sua carriera, mi fa levare tanto di cappello. Sicuramente resta un grandissimo professionista e cultore musicale. Mi piacciono molto alcuni giovanissimi di oggi, come Gianluca del Mint Sound che nel mio spazio qualche giorno fa mi ha davvero stupito per gusto e l’ originalità. Ammirerò sempre i Trevisi, Rame, Dino Angioletti, Fabrizio Maurizi – altro amico di una vita che ha gestito per bene la sua carriera. Come dicevo prima, di gente brava ne abbiamo a pacchi qui, bisogna solo reinventare la fruizione di questo tesoro, visto che i metodi convenzionali non funzionano più.

Edo e Uovo
Edo e Uovo

Ti sei mai trovato in situazioni promiscue?
Fai prima a chiedermi il contrario…

Quali sono i posti di Bologna a cui sei più affezionato?
Il Link per ovvi motivi. 12 anni di deliri di tutti i tipi; Arteria, in cui ho lavorato per tre stagioni con il buon Mimmo; il Cabala, nostro punto di ritrovo da sempre; ilT po; il Kindergarten (di allora). Diciamo che in tutti i luoghi dove ho lavorato ho lasciato un pezzo di me, un po’ il bello e il brutto di far sto mestiere.

Qual è il tuo drink preferito e dove vai a bere di solito?
Wiskey torbato degli higlands scozzesi. Dovunque so che ne hanno una certa gamma e scorta!

Cosa farai da grande?
Spero qualcosa di normale!