La ricerca degli stati alterati di coscienza è un tema intrigante quando è applicato alla musica perché l’interazione è a doppio senso. A diverse ondate ne abbiamo avuto delle riprove, a partire dalle tribù sino alla cultura rave e oltre. Marco Bernacchia mette da parte le vesti di Above The Tree e scruta quello che fu il Nuovo Mondo, i riti dei nativi americani: vere e proprie esperienze cognitive che gli hanno svelato come sia possibile alterare la percezione. In Virtual Forest, rielabora i canti e i ritmi tribali, modellando un linguaggio musicale che spinge verso lo status di trance. Utilizza, a suo modo, la medesima dinamica con cui in passato e per altre strade si arrivò al dub e alla musica industriale, trovando questa sera un buon compagno d’armi, Andrea Marini, che metterà dischi, prima di lui. Un ottimo inizio per Pay no mind to us, we’re just a minor threat, che da stasera comincia a portare anche musica live in città.
Scritto da Fabio Battistetti