Sottsass è sempre stato un faro, un punto di riferimento imprescindibile per il design, ma mai come adesso. La sua fortuna non smette di ingigantirsi, il prestigio di cui gode ogni minima estrinsecazione della sua intelligenza, anche la più casuale, è in continua ascesa. A lui viene attribuita l’origine di tutto e la superiorità in tutto rispetto a ogni altro designer. Pure troppo, forse, perché francamente la qualità letteraria di alcuni suoi scritti, o la pregnanza di certe foto scattate in viaggio lascia un po’ perplessi. La radicalità politica che gli viene attribuita è apertamente da salotto, altrimenti i salotti e gli attici più ricchi di Milano non porterebbero la sua firma. E forse ancora più della radicalità, è la vitalità di Sottsass ad apparire offuscata dalla prosa triste e lagnosetta e dai pattern degli anni Ottanta di molti dei suoi oggetti, teoricamente archetipi di allegria ma ai nostri occhi di un’allegria forzata, smorta, spenta, e soprattutto datata.
Il fascino che emana da Sottsass è il fascino di chi ha vissuto in maniera più intensa di tutti gli altri il meglio di tutto quello che gli anni sessanta, settanta e pure ottanta potevano offrire: l’industria nel tempo più glorioso, mecenati generosi e appassionati, incontri con gli intellettuali che hanno cambiato i costumi e la visione del mondo di più di una generazione, che ha potuto scartare dai codici e dalle norme senza alienarsi i favori dei potenti ed essere costretto a trasformarsi in albatro come Baudelaire e compagni. Sottsass era intelligentissimo e seducente, e non smetteva mai di fare, fare, fare. E ha sempre potuto e saputo farlo, circondato da amore e stima, aggregando persone intorno a sé. Ecco perché non è possibile perdersi questa grande monografica curata da Barbara Radice e allestita da De Lucchi, che prende il titolo da un progetto di libro degli anni Novanta e si articola in nove stanze tematiche.
Scritto da La Redazione