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Francesco Nucci

Dal 1997 lo trovate a Trastevere, nei meandri della Fondazione VOLUME! in Via di San Francesco di Sales. Da una manciata di anni anche al Forte Portuense in occasione di Siderare, appuntamento confermato anche quest'anno dal 13 al 15 settembre. Un'intervista con Francesco Nucci.

Scritto da Nicola Gerundino il 8 settembre 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Nella seconda metà degli anni 90, l’arte contemporanea a Roma conobbe una sua seconda magmatica giovinezza. Uno dei centri più vitali di questa fase è stato la Fondazione VOLUME!, nata nel 1997 a Trastevere negli spazi di una vecchia vetreria in disuso. Sono passati quasi vent’anni ma la sua vena è ancora lontana dall’esaurirsi, anzi da due anni – a settembre si trasforma in Siderare, un happening di tre giorni negli spazi del vecchio Forte Portuense aperto a tutte le discipline artistiche. Non a caso “libertà”è il mantra del presidente della Fondazione, Francesco Nucci, che abbiamo intervistato per parlarci della storia di VOLUME! e per presentarci il prossimo Siderare, che si terrà dal 13 al 15 settembre.

Zero: Iniziamo dalle presentazioni.

Francesco Nucci: Mi chiamo Francesco Nucci e sono nato nel 1947.

Ti ricordi quando è nata la tua passione per l’arte?

Il periodo vissuto nei dintorni di Piazza del Popolo, durante negli anni dell’università, mi ha dato modo di incontrare moltissimi, intellettuali e giovani artisti che frequentavano, come me, quella zona. Inoltre, l’amicizia con Giacomo Mancini mi ha permesso di frequentare personaggi importanti dell’arte, filosofia, cinema, letteratura. Il ’68 era un periodo con infinite chiavi di lettura e conoscenze. Lo ricordo come un momento molto importante della mia vita.

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Fabio Mauri seduto ai tavolini di un bar a Piazza del Popolo.

Quando e perché è nata la Fondazione VOLUME!?

VOLUME! è natA nel 1997, dopo un periodo di discussioni e riflessioni con una sorta di collettivo, fatto di persone che avevo incontrato nel mio cammino – tra cui Alfredo Pirri e Jannis Kounellis, Piero Montani, Nicola di Battista, Christine Ferry e molti altri. Decidemmo di fare un’operazione inversa: partire da quello che non volevamo fare, da parte mia c’era la convinzione di non voler far nascere una galleria d’arte, di non essere assoggettato ai dettami del mercato. Nacque così l’idea di un luogo libero, dove l’artista potesse agire indisturbato.

Come siete arrivati agli spazi di Trastevere, dove tutt’ora ha sede la Fondazione?

Cercavo un posto in centro che avesse delle caratteristiche particolari: vicino al rettangolo; uno spazio simile ad un appartamento, ma che avesse un’entrata stradale; che non fosse soggetta a vincoli strutturali particolari. Fu l’artista e amica Montessori a segnalarmi lo spazio a via San Francesco di Sales. Una vecchia vetreria artigiana. Questa parte di Trastevere nel ‘500 era destinata agli Orti Vaticani ed è sempre stata una zona poco turistica.

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Gli spazi della Fondazione VOLUME!

Ti ricordi la prima mostra che organizzaste?

Si decise di far lavorare gli artisti fin dalle prime fasi di ristrutturazione dello spazio. Alfredo Pirri fu il primo artista che lavorò nello spazio e sullo spazio. La necessità di scavare nel pavimento per trovare l’origine di una cronica umidità fu l’occasione per Alfredo per trasformare una necessità in un atto creativo. L’intervento di Jannis Kounellis, che portò in una delle nicchie di VOLUME! una donna incinta all’ottavo mese di gravidanza illuminata da una lampada ad olio, fu “l’occupazione” di un’altra parte dello spazio in un tempo successivo. Fu Bernard Rudigher a completare questa fase, durata circa un anno.

Com’era l’arte contemporanea a Roma negli anni in cui Volume! muoveva i suoi primi passi?

Sul finire degli anni 90 Roma era sprovvista di un museo di arte contemporanea e le gallerie chiudevano. A Trastevere c’erano la Galleria S.A.L.E.S e lo Studio Miscetti. Si sentiva la necessità di fare qualcosa, ma le iniziative erano assenti, sia private che istituzionali. Le difficoltà erano tante, ma malgrado tutto noi tentammo di creare qualcosa di anomalo: dar vita ad uno spazio per gli artisti libero, non solo strutturalmente, ma essenzialmente mentale.

Intorno ai primi anni 2000 era proprio Trastevere, dove Volume! ha la sua sede, a essere il centro dell’arte contemporanea a Roma, con numerose gallerie nei suoi vicoli. Com’erano i rapporti di vicinato?

Ottimi! C’era curiosità, scambio, erano anni di fermento su entrambe i lati del fiume. Non saprei dire perché quella zona attirò tante altre realtà, mi piacerebbe poter pensare di essere stato uno degli argomenti per questa scelta, ma sinceramente non lo so.

Ora siete rimasti in pochi: voi, Edicola Notte, Ex Elettrofonica… Ha un perché questa sorta di diaspora?

È difficile capire le scelte altrui. Probabilmente quando le cose non vanno la prima cosa che si sceglie di fare è muoversi.In molti si sono spostati da Trastevere, altri hanno chiuso definitivamente. Credo sia un po’ per una mancanza di un vero e proprio mercato dell’arte in città, un po’ per la nascita di molte alternative: fondazioni, gallerie e spazi no profit.

Parlando di Siderare, puoi raccontarci di questo progetto e cosa vedremo in questa edizione 2015?

VOLUME! è da sempre un luogo aperto alla contaminazione e spesso quest’idea di contaminazione la portiamo in altri luoghi della città. Siderare nasce nel 2014 con l’idea di scomporre un film storico e ricco di suggestioni, come Stalker del maestro russo Andrej Tarkovskij, nei diversi elementi che lo compongono: il suono, la fotografia, la luce e le presenze surreali. Anche in questa seconda edizione il fine del progetto è quello di dar vita ad un luogo, una Zona, in cui ogni desiderio, anche il più recondito, può prender forma. In questa edizione si aggiungono la performance e la videoarte e il percorso all’interno del Forte sarà una sorta di caccia al tesoro: lo spettatore sarà invitato ad avventurarsi nei tunnel e nelle stanze buie, per scoprire le installazioni, i tableau vivant, le performance, le foto e i video. Quest’anno vogliamo chiedere ad artisti e pubblico: E tu cosa desideri? Ognuno potrà rispondere sui social aggiungendo l’hashtag #siderare2015.

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Un scena di “Stalker” di Tarkovskij.

La location ce l’ha fatta scoprire Alfonso Maria Isonzo, uno degli artisti presenti nell’edizione dello scorso anno. Il Forte Portuense è poco noto ai romani, come quasi tutti i Forti della città, ed è un luogo che trasforma in bellezza la sua decadenza: è impervio e selvaggio e per molti versi ricorda le ambientazioni del film di Tarkovskij. Dopo aver compreso le potenzialità di questo spazio abbiamo lavorato per modellare su di esso il nostro progetto, evitando di considerarlo solo un contenitore, ma riportando in luce la sua bellezza e la sua potenziale funzione di luogo dell’arte. La prima edizione è stata una sfida, un esperimento per entrare in confidenza con il luogo.

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Il Forte Portuense visto dall’alto.

Ci saranno dei lavori site specific?

I lavori di Gregorio Botta e di Josè Angelino sono stati realizzati pensando al film e allo spazio che li accoglierà, come le performance di Myriam Laplante e di Daniele Villa. Lo stesso vale anche per i performer più giovani: I MUVIC musicheranno dal vivo selle scene del film Stalker, la performance di Luca Lagash (Marlene Kuntz) sarà totalmente improvvisata,
mentre i Quiet Ensemble, faranno suonare frutta e piante con la loro Natura Morta.

Allargando lo sguardo alla città, che ne pensi dell’arte contemporanea a Roma oggi? Siamo

Siamo in uno stato di totale caos. Sono nate molte gallerie, fondazioni, enti no-profit che hanno fatto si che l’offerta crescesse. Il pubblico è aumentato ed è curioso ed informato, ma manca un sistema per il contemporaneo che risponda ad una richiesta di senso. Credo, allo stesso modo, che sia proprio il caos a ispirare una moltitudine di possibili risposte. La risposta mia e di VOLUME! è dare tutta la libertà possibile a chi è in grado di semplificare il caos, offrendo nuove risposte.

È possibile paragonare l’attuale situazione del contemporaneo a Roma e quella che c’era negli anni di nascita della Volume!?

Credo che per molti versi la situazione sia simile, il sistema dell’arte in generale è cambiato, pur rimanendo slegato e magmatico. La sensazione che pervadeva gli anni 90 però era che la rinascita culturale della città fosse dietro l’angolo, questa speranza si è pian piano affievolita, fino a sparire.

Di chi sarà il futuro dell’arte: musei, gallerie, fondazioni?

Sarà di chi saprà operare in funzione della contemporaneità, sempre di più verso una contaminazione dei linguaggi.

La mostra migliore che ultimamente ti è capito di vedere?

Impossibile dare una risposta oggettiva, la soggettività del cervello di ognuno da letture originali e personali.

Quali sono le gallerie e i musei di Roma che frequenti più spesso?

Cerco, limitatamente al tempo che divido fra scienze e arte, di vedere tutto ciò che posso.

Il tuo museo preferito di Roma?

Tutti e nessuno, dipende dalla loro programmazione.

Le gallerie d’arte che hanno avuto un ruolo chiave a Roma?

Sicuramente quelle storiche: La Salita, la Tartaruga. Quelle che sono riuscite a lasciare un segno di ciò che hanno presentato.

Le nuove gallerie su cui scommetteresti per il futuro?

Non saprei…

Un bar e ristorante di Roma dove ti piace andare?

Frequentiamo spesso Molì, un ristorante di cucina molisana in via Rubattino a Testaccio e Tatì al 28 di Piazza Augusto imperatore. Per la cucina tipica romana invece amo andare da BucaVino a via Po’. Il team di VOLUME! ha eletto a birra preferita quella artigianale di Bembo al Pigneto e il Brunch di Grandma Bistro al Quadraro.

Se potessi scegliere un luogo di Roma dove realizzare una mostra, quale sceglieresti?

Tutti i luoghi che hanno una memoria…

Se, invece, potessi scegliere un artista per la prossima edizione di Siderare, chi sarebbe?

Un artista che ci piacerebbe invitare, per la sua capacità di lavorare con diversi linguaggi e per la forza emotiva di molte sue opere, è Ragnar Kjartansson.