Da tredici anni MiTo è il simbolo della collaborazione tra le due più grandi realtà metropolitane del Nord-Ovest – la musica ha fatto quello che in altri territori non è stato possibile. Per oltre due settimane, con 128 concerti tra Milano e Torino (tra cui 7 prime esecuzioni assolute, 3 prime europee e 13 prime italiane), quest’anno il festival si apre a una riflessione sulle “Geografie”: gli spazi fisici, le culture, la koinè. Nella società globale di oggi, che ha annullato i confini e favorito la mobilità, le categorie di identità culturale e appartenenza geografica si sono trasformate in valori fluidi in costante ridefinizione.
La musica come linguaggio identitario ma universale che da almeno 500 anni connota le specificità nazionali, fino a diventarne simbolo. MiTo 2019 è un viaggio nello spazio e nel tempo e ricostruisce il puzzle di culture che contraddistingue la comunità degli uomini. Basterebbe „Mondi“, il sontuoso concerto di apertura del 3 settembre, come da tradizione a La Scala, con la Israel Philharmonic Orchestra diretta da Zubin Mehta e Martha Argerich al pianoforte, a dimostrarlo: la pianista argentina, il direttore indiano, l’orchestra israeliana (ma composto da musicisti di tutto il mondo), che suonano musica tedesca (Beethoven) e francese (Berlioz).
Tra le prime europee spicca „Perpetulum“ di Philip Glass, nuova tappa del percorso musicale di uno dei più grandi compositori viventi, che sceglie Torino (e il giorno dopo Milano) per il debutto nel Vecchio Continente del suo primo brano per sole percussioni scritto per il prestigioso Third Coast Percussion. E poi un un salto nel Settecento con la rara Messa per Madrid di Domenico Scarlatti, grandi direttori (Myung-Whun Chung, Yuri Temirkanov, Zubin Mehta, Marin Alsop) e solisti (Martha Argerich, Katia e Marielle Labèque, Alexander Romanovsky, Olli Mustonen, Giovanni Sollima) da tutto il globo. Un programma che propone la diversità come ricchezza, l’identità come stimolo alla conoscenza.
Geschrieben von Alberto Bottalico