Parlare di Drew McDowall dovrebbe significare parlare di Coil, di quando i Coil smisero di essere i Coil, si trasformarono per un breve istante in macchine del tempo e da lì si infilarono in quel buco nero allucinogeno dentro il quale sarebbero sublimati definitivamente nell’eternità. Gli ultimi Coil, quelli più oscuri, immateriali, ultraterreni. Ma questa volta Drew McDowall torna a Milano senza i Coil, che d’altronde non esistono più in una dimensione terrena. McDowall porta solo sé stesso, a meno che non abbia deciso di deliziare il mondo della compagnia di uno dei suoi gatti. In tutte le sue foto più recenti infatti c’è quasi sempre un felino che si affaccia, stretto tra le sue braccia, sul davanzale della finestra, accoccolato di fianco a un synth modulare. Gatti bianchi, grigi, pezzati, tigrati… Si direbbe che McDowall dopo i Coil si sia affidato a scatolette e croccantini, e abbia seguito le fusa per rilanciare sé stesso.
Da qualche anno il musicista scozzese è ormai un riconosciuto solista che non ha più bisogno di esporre il curriculum pesante: ha trovato casa a New York e nel catalogo della disturbante etichetta locale Dais, e da lì è ripartito verso il mondo. Proprio nel salotto di Dais ha incontrato la newyorkese Nicky Mao, in arte Hiro Kone, con la quale ha collaborato ripetutamente e oggi si ritrova come compagna di tour. Sono due facce molto diverse di una medaglia che non riflette da nessun lato la luce del sole: McDowall resta nel solco della drone-ambient tracciato sin dagli anni 90, Hiro si spinge nel territorio della techno oscura, proprio come Ciarra Black e Ireen Amnes (che completano il programma della serata). Da una parte si fa ballare il disagio, dall’altra lo si lascia sedere, acciambellarsi e fare le fusa. Alle carezze ci pensa Drew McDowall, sa come fare.
Geschrieben von Filip J Cauz