Si tratta della prima mostra personale dell’artista israeliano Gideon Rubin in Italia. Rubin, già noto a livello internazionale, è conosciuto per i suoi dipinti in cui le persone ritratte appaiono senza volto. Lo sguardo così non è veicolato dalla fisionomia, è invece attento alle atmosfere che si sprigionano dalle opere.
Le fonti delle opere di Rubin sono spesso immagini trovate, fotografie che appartengono ad un passato personale ma anonimo, personaggi presi da riviste o giornali. L’artista crea così un archivio di immagini per i suoi quadri, una sorta di atto di riappropriazione di storie e memorie personali negate dall’Olocausto. I soggetti, pur di natura disparata, sono equiparati stilisticamente. Passato e presente, conscio ed inconscio, personale e universale sono infatti equivalenti agli occhi dell’artista. Le opere di Rubin ci raccontano frammenti di una storia più ampia, una storia complessa e multivalente, le cui molteplici fonti, citazioni artistiche e cultura dei mass media sono rielaborati in un personalissimo linguaggio pittorico.
La cancellazione dei tratti somatici dei volti assume una involontaria ma significativa risonanza nell’attuale pandemia: le mascherine chirurgiche che noi tutti adesso indossiamo rimuovono i nostri più significativi tratti identitari, rendendoci astratti ed enigmatici, ma al tempo stesso reali e vitali, come i soggetti delle sue figurazioni.
Geschrieben von La redazione