Ossessionata dall’immagine di una soldatessa che tiene al guinzaglio uno dei prigionieri, la drammaturga e scrittrice costruisce nel suo testo un percorso di indagine sui documenti rivelati dal Washington Post relativi al carcere di Abu Ghraib, e sul modo in cui dialogano con la nostra intimità e con la parte più torbida della nostra storia personale.