Quello che mi ha sempre colpito dei Nation Of Language è l’ampiezza emotiva con cui sono in grado di costruire le loro canzoni, colorando soffici melodie indie-pop con sfavillanti linee di synth prese in prestito direttamente dagli anni Ottanta, ma in grado di spingersi oltre la semplice ripetizione revivalistica.
Il trio di Brooklyn dipinge ritornelli „appiccicosi“ degni della miglior tradizione mancuniana, mettendo in primo piano un’elasticità melodica che poggia su un groove dolcemente ascendente e pattina su un fantastico sottofondo di sintetizzatori. Con i Nation Of Language ciò che è passato diviene presente, soprattutto in sede live, dove nessun brano risuona stantio dispiegandosi all’interno di un effervescente technicolor: sfocato e un po‘ nostalgico, ma sempre contagioso.
Geschrieben von Fabrizio Melchionna