Il jazz è sempre morto, il jazz è sempre vivo. Da quando è comparso sulla scena, ormai più di cento anni fa, il genere musicale americano ha affrontato ogni nuova decade fronteggiando detrattori del nuovo, pessimisti del futuro, adoratori del passato, razzismo malcelato e tanti altri „inciampi“. Il jazz però è sempre qui: a memoria non esiste codice musicale che abbia saputo evolversi con tanta grazia, da epoca a epoca, regalando ogni volta nuovi (e influenti) sprazzi di creatività.
Chiaramente i protagonisti di questa capacità camaleontica sono i musicisti e Braxton Cook è uno dei motivi per cui oggi il jazz è tornato „cool“. A metà anni Dieci ha bucato il mercato seguendo quel momento incredibile di sovraesposizione per tutta una serie di talenti di nuova generazione, dovuto anche all’esplosione del jazz-hop aggiornato di Kendrick Lamar in „To Pimp A Butterfly“. La sua musica fa parte dello stesso calderone: jazz, R&B, hip-hop, funk e soul mescolati a velocità supersonica per un risultato irresistibile.
Da membro della band di Christian Scott aTunde Adjua alle collaborazioni in studio e dal vivo con Mac Miller, Rihanna, Kiefer, Masego, Butcher Brown. La carriera solista del sassofonista di Boston racchiude tutte queste influenze e il suo primo concerto in terra romana promette di lasciarle esplodere nella Capitale: è morto il jazz, evviva il jazz!
Geschrieben von Giulio Pecci