È un peccato che troviamo noiose le auto d’epoca. Forse le abbiamo associate ai supermercati, ai grandi eventi fieristici, al cringe delle coppie incravattate che si fanno scattare una foto mentre fingono di guidare una Mustang. È un peccato perché le auto – specialmente quando fanno un salto a trovarci dal passato – sono molto di più di un feticcio commerciale. Chi ha letto l’Amica Geniale lo saprà: un viaggio in auto negli anni Cinquanta poteva cambiare la vita – fare un giro con un ragazzo con la radio accesa voleva dire immaginare e progettare il matrimonio, la scalata sociale, i figli e il futuro. L’avvento delle automobili ha aperto a “viaggi esistenziali, a volte anche lisergici” e al centro c’era la musica che le auto trasmettevano.
A pensarci gran parte dei generi musicali che si sono sviluppati a partire dagli anni Cinquanta non sarebbero proprio esplosi se non ci fosse stata la macchina. L’industria musicale in quel periodo ha un boom: si comprano le cassette e cominciano a spuntare stazioni radio indipendenti. I Beatles non a caso nel 1965 cantano di una ragazza che vuole avere successo e per farlo la invitano a guidare la loro macchina, come se l’auto fosse l’accesso primordiale e democratizzato allo stardom musicale. Questa canzone dei Beatles si chiama Drive My Car e da lei prende il titolo la rassegna Drive My Song che con il contributo di Ponderosa Music&Arts da Volvo Studio Milano mette in relazione il mondo delle decadi musicali con le auto d’epoca di Volvo Cars Italia. Si tratta di un progetto unico anche per Volvo Studio che per la prima volta mette al centro della sua programmazione culturale anche la propria storia, con l’esposizione di sei auto d’epoca – “pezzi unici, più che auto di serie” – una per ogni decade musicale, dagli anni Quaranta ai Novanta.
Questo secondo appuntamento, il 16 ottobre porta sul palco di Volvo Studio Milano uno dei migliori gruppi Rock’ n’ Roll d’Europa, The Firebirds, accompagnati dalla Volvo Amazon, automobile del 1958 – la prima Volvo a essere venduta negli Stati Uniti, mentre proprio il rock degli States veniva esportato in Europa. Si era trattato di un incrocio migratorio di intenti e sonorità, ben racchiuso a oggi nel repertorio dei The Firebirds, che copre l’intero arco della musica rock degli anni Cinquanta e Sessanta, con un focus sul Regno Unito.
Geschrieben von Alessia Baranello