Già il titolo della mostra dice più o meno tutto: fare è pensare è fare. Anzitutto dice che ci troviamo in una regione del mondo non occidentale. Nelle tradizioni americana ed europea infatti azione e pensiero solo in rare occasioni si sono sovrapposti. Il più delle volte, da una parte troviamo la riflessione razionale, la mente, dall’altra il corpo che agisce d’istinto per trasformare la materia. Niente di tutto questo. L’orizzonte dell’esposizione è piuttosto quello delle filosofie orientali, e più specificamente quello delle dottrine asiatiche. Si parla infatti di “nuovo artigianato coreano”. In quest’ottica, s’intende sostenere non tanto l’identità di fare e pensare, quanto il loro essere presi in un circolo che non ha né capo né coda. Che si cominci da un termine o dall’altro poco importa: entrambi rappresentano una porta d’ingresso alla stessa stanza. Fuor di metafora, nelle attività artigianali all’opera, insieme alle mani, c’è sempre anche il pensiero. In egual misura, anche nelle riflessioni più rarefatte la materia ha un suo ruolo: la mente lavora attraverso immagini, plasticamente, come fosse un tornio per modellare e scolpire una roccia impalpabile.
Appena entrati nella sala, tutto questo diventa immediatamente comprensibile. Ci sono due sedie da meditazione, ovvero che costringono o a osservare una sfera perfettamente liscia o a stare distesi in posizione orizzontale-contemplativa. Si è subito portati a pensare che, anche se non si avesse voglia di riflettere, sedendosi su di esse saremmo in qualche modo portati a farlo. Ed è proprio così. Per i designer Chang, Cheon, Choi e Rhee, senza l’assenso del corpo e della sua postura non si va da nessuna parte: la parola rimane muta o, tutt’al più, poco autentica. Al contrario, se il corpo è proteso plasticamente all’ascolto e alla concentrazione i flussi di coscienza saranno stimolati.
La biunivocità di fare e pensare si palesa con ancora più insistenza nelle opere di Bae, Kim, Koh, Seo e Kang. Più che di design, per loro si può tranquillamente parlare di scultura. Si passa da vasi costruiti con piccole piastrelle di argilla a tinozze divise all’interno in scomparti geometrici. Per questi artisti, vale il principio secondo cui praticare i materiali, lavorarli con calma e cura equivale a elaborare idee e pensieri, raffinandoli sempre più.
Dalla Corea, insomma, un invito a non separare materia e spirito, a circondarsi di ambienti e oggetti corrispondenti ai nostri stati d’animo e alle nostre emozioni.
Geschrieben von Giacomo Dini