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Museo permanente del Design - Triennale

ZERO hier: Impara sul serio qualche cosa.

quartiere Sempione

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Museo permanente del Design - Triennale Viale E. Alemagna, 6
Milano

Zeitplan

  • lunedi 10–23
  • martedi 10–23
  • mercoledi 10–23
  • giovedi 10–23
  • venerdi 10–23
  • sabato 10–23
  • domenica 10–23

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Il Museo del Design Italiano lo trovate appena entrate in Triennale, alla vostra destra. Dal momento che parlare di design in Italia è avere a che fare con l’orgoglio nazionale, diciamo senza indugi che si tratta di un gioiello, quindi un bambino difficile ma di cui andare orgogliosissimi, da tenere a bada nei modi di porsi perché le cose da dire sono tante e quando sono troppe c’è sempre il rischio dell’approssimazione. Bisogna insomma avere e aver esercitato la facoltà di „vedere lungo“, come dicevano i nonni, e quindi di costruire appropriatamente un racconto tra infiniti documenti e avvenimenti, setacciando l’archivio della storia e delineando un racconto più che plausibile: tanto suggestivo, o quel che basta, per poter scrivere o inquadrare delle costanti.

Se ne parliamo così si sarà già capito il perché: perché questo è proprio il caso giusto. Il Museo del Design Italiano del 2023, curato da Marco Sammicheli con un nuovo allestimento di Paolo Giacomazzi e coincidente con i festeggiamenti del centenario di Triennale, mette al centro un’idea curatoriale precisa che ricapitola cent’anni di cultura del progetto – sempre attraverso la collezione permanente ma anche con nuove acquisizioni –: il design d’interni.

Chi ha anche lontanamente studiato il design, saprà che chi studia interni si trova in uno strano limbo tra architettura e prodotto, tanto che a un certo punto s’è dovuto cambiargli nome, prediligendo spatial design. Decisamente più azzeccato diremo noi, perché in fondo pensare il progetto di interni significa pensare quel che si chiama quotidianità, che in fondo è un brodo cui una buona dose è occupata da quel che è familiare, da quel che si frequenta con assiduità giorno per giorno e dalle abitudini che immancabilmente e inevitabilmente vi nascono. Dal fare spazio, molto semplicemente. Che significa poi dove si vive, come si vive e cosa si fa vivendo. L’attenzione agli interni è insomma quel che serializza gestualità e allora formalizza un pensiero assieme esplicitando un inconscio e la società che lo sballotta.

L’ingresso è immediatamente manifesto politico con il poster per il 25 aprile del 1973 realizzato con gli studenti del Movimento Studentesco d’Architettura di Albe e Lica Steiner, leggendari grafici partigiani. Questo per essere chiari sulle intenzioni. Da lì, per l’intera curva del Museo si susseguono sei ambienti-diorama che ripercorrono il percorso storico della cultura del progetto di interni. Per prima cosa lo spazio pubblico, e subito si scala verso lo spazio privato con i diorami di tre case (a firma di Piero Bottoni, Luigi Figini e Gino Pollini e infine Carlo Mollino), un bagno (di Antonia Campi), un ufficio (la stanza dell’Olivetti Elea di Ettore Sottsass, Tchou e Maldonado), uno studio di design (di Walter Ballmer) e un garage – quest’ultimo indiscutibile elemento incistato nella memoria dei più, complice la sovraproduzione filmica romantica e nostalgica e neorealista, che consta in quel là dove i nonni tenevano in ordine sparso Lambrette, Vespe e Cinquecento. Qui siete arrivati agli anni Ottanta, dopo percorso in sei stanze circa sessant’anni di storia, e tutto si sfrangia in un tripudio: l’industrializzazione avanza rampante e i progettisti si moltiplicano per partenogenesi, e l’ambiente è unico, centralizzato da un grande espositore a ziggurat che mette in scena le avanguardie. Passa velocissimo un decennio, e da qui in poi si lastrica la strada che porta a oggi, dove il lavoro del designer si fa forse più ampio e quindi più ambiguo rispetto al posizionamento dei decenni precedenti, con anche giornali, pubblicazioni, nuove tecnologie.

E infine c’è Design Platform: spazio per l’oggi, e in quanto tale liquido e poco comprensibile com’è immancabilmente il contemporaneo, per cui qui – in coda a tutto e con l’intenzione d’aver fatto apprendere qualcosa anche a chi non ha l’aplomb del professionista di settore – troverete di volta in volta mostre monografiche o tematiche dedicate ad alcuni aspetti della cultura materiale.

La cultura materiale la trovate e la capite qui, ed è visitabile fino al 2025 perciò: nessuna scusa, designer o meno.