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Do 15.12 2016 – Fr 31.03 2017

Elisabetta Benassi - "Letargo"

Wo

Magazzino
Via dei Prefetti 17, 00186 Roma

Wann

Donnerstag 15 Dezember 2016 – Freitag 31 März 2017

Wie viel

free

Questa mostra di Elisabetta Benassi è un viaggio. Non una normale esposizione da galleria, non un display di oggetti e neanche una grande, unica installazione ambientale, ma un viaggio attraverso le quattro stanze di Magazzino e il cortile che le separa, trasformate dalle opere in un paesaggio della mente dell’artista. La prima cosa che si vede è un’automobile parcheggiata in cortile, una Ford Escort con il bagagliaio pieno di terra e due bronzei carapaci di tartarughe appena emersi.

Letargo (particolare)
Letargo (particolare)

Il titolo dell’opera è quello che da il nome alla mostra, Letargo, imprimendole anche una direzione e una gamma di toni e di registri. Intanto il letargo perde la sua connotazione statica: le tartarughe hanno preso sonno, ma in un’auto, non in una grotta o in un angolo di un giardino. Dormire in macchina è una cosa da bambini, ma è anche un’invincibile pulsione adulta, una forma di trance prodotta dalla vibrazione nell’abitacolo e dal paesaggio che scorre fuori, un viaggio nel viaggio. Nell’opera di Benassi le auto non sono un elemento neutrale, sono veicoli di memoria, pezzi di un vissuto. C’è stata l’Alfa GT uguale a quella di Pasolini e l’ultima automobile di Mario Merz ripescata dalle reti di un peschereccio (Mareo Merz), quella sepolta da uno strato di cenere vulcanica (Untitled. Abandoned in Place) e quella che gira impazzita nella cava (Yeld in Total Elation), e quest’ultima di Letargo ha a sua volta una lunga storia, ed è puntata verso le stanze come un invito a farsi trasportare in un mondo familiare e straniante.

Letargo, 2016
Letargo, 2016

Quelle che appaiono da lontano come una motozappa e un cannone conficcato nel muro, elementi riconoscibili nell’universo benassiano, sono rispettivamente un “autoritratto al lavoro” e il tronco di una palma finta la cui chioma occupa quasi per intero la stanza attigua con un’elegante diagonale, quasi volesse sparare, arma vegetale.

Autoritratto al lavoro, 2016 (particolare)
Autoritratto al lavoro, 2016 (particolare)

La motozappa, di marca Benassi, è come una nuova incarnazione di un’opera passata, anzi mai realizzata: 459 metri di campo arato. Un’immagine di Elisabetta Benassi che ara un campo di calcio con due monumentali buoi bianchi su sfondo Colosseo è l’unica traccia di questa performance che il comune di Roma non volle autorizzare.

Mimetica
Mimetica

La palma-cannone in acciaio e resina, battezzata Mimetica, è un oggetto sempre più diffuso nel panorama romano, un fake che serve a mimetizzare antenne e ripetitori. Attraverso le sue folte chiome, che occupano la stanza quasi per intero, si intravedono due accendini zippo sulla cui superficie satinata sono incise due scritte inquietanti: OUR AIM IS WAKEFULNESS, e OUR ENEMY IS DREAMLESS SLEEP.

Casse-pipe, 2016
Casse-pipe, 2016

Il senso è sospeso tra la connotazione bellica, minacciosa, proveniente dal titolo céliniano (Casse-Pipe) e una possibile definizione del sonno (letargo) come veglia onirica, come un viaggio rivelatore che acuisce la visione e i sensi, del tutto opposta e nemica, appunto, del sonno senza sogni, pura sottrazione, perdita di tempo. Sulla parete di fronte due confezioni di pellicole Polaroid, integre ma scadute – Timezero (Used Before 1973-1989) – indicano un’irreversibile e storica disfatta, lo svanire definitivo di immagini in potenza.

Salamandra ZAF, 2016
Salamandra ZAF, 2016

Dietrofront. Tornando in cortile, a fianco dell’automobile, i pesci vivi della fontanella si trasformano a loro volta in opera, Pesci etruschi, mentre nella terza sala un’intero zoo di simboli e nomi di automobili, alcuni insospettabili (Falcon, Panda, Jaguar, Cougar, Maverick, la due cavalli, Lark, Taurus, Fox, Mustang) popolano uno di quei pannelli forati da ferramenta con i ganci noto a sua volta come “salamandra”: da cui il nome Salamandra ZAF. Pezzi di metallo trovati nella rete tra ricerche compulsive, oppure strappati a cadaveri di macchine buttate all’autodemolizione, in uno scenario simile a quello del video Tutti morimmo a stento? Non è importante, non c’è differenza. Il frutto più sublime di questa frenetica attività di selezione di Benassi è Shit!, una cacca fossile incastonata in un gioiello. Non sappiamo a quale epoca risalga, ma il letargo da cui emerge è profondo. È la promessa di un salto spazio-temporale.

Geschrieben von Lucia Tozzi