Questa è una guida per stomaci forti, intestini d’acciaio, indecisi cronici, matricole ma anche veterani del cibo cinese. Parlare di questo argomento a Chinatown è come inserirsi in una bolgia infernale, un magma di piccole insegne, un marasma di zampe di gallina, zuppe fumanti, risucchi prepotenti, che si intensificano man mano che ci si avvicina in via Sarpi. Di certo destreggiarsi tra le tante botteghe, trattorie, locali sinistri o meno che qui prendono residenza, non è facile. A farla da padrone il fattore timore, lo spettro dell’hcccp, che nella maggior parte dei casi fa preferire a molti il menu italianizzato, occidentalizzato, perché no – diciamolo – farlocco e ruffiano.
Tutti dovrebbero innanzitutto sapere che la cucina cinese così come la conoscono molti in Italia, è una cucina edulcorata, sofistica nel gusto e consistenza. Il palato italiano non è assolutamente pronto a consistenze viscide, gelatinose, come invece lo è quello cinese. Per questo molto spesso si sono quasi azzerate le differenze gastronomiche e del tutto scomparse le specialità e caratteristiche regionali. Si fa presto a dire cucina cinese: loro, come noi, vantano un patrimonio di ricette che si diversifica da regione e regione, tanto che si possono considerare otto le principali regioni gastronomiche della Repubblica Popolare Cinese.
Perciò non pensate che gli involtini primavera siano originali, o che il riso alla cantonese sia un piatto tipico di quelle zone. Tutt’altro. Dalla provincia del Sichuan come quella dell’Hunan, che ci regalano piatti più speziati e piccanti, passando per i confini della provincia di Guangdong dove nasce la cucina cantonese più concentrata sulle cotture come quella al vapore, è veramente difficile sintetizzare tutto – per non dire errato – sotto il grande dogma „cucina cinese“. Qui in Sarpi e dintorni ancora luccica quel barlume di resistenza gastronomica. Questa guida per aiutarvi a scegliere il posto giusto per mangiare come si deve e senza paura di finire la serata nel bagno più vicino.