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Verso Corso di Porta Ticinese, 40
Milano

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Carlotta è seduta su una poltrona da cinema color lavanda. Dal piano rialzato della libreria fissa lo scorrere frenetico delle persone che camminano sul marciapiede in modo disordinato, scomposto. Vede le loro bocche muoversi ma non sente niente: è un po’ come assistere a un insolito film a colori dei primi del ‘900, senza sottotitoli.
Un fischio sottile, simile al suono di un citofono strozzato, richiama la sua attenzione. Si avvicina al calapranzi, prende il vassoio dal piccolo ascensore d’acciaio posizionato al centro della parete e torna al tavolo. Un calice di vino bianco, un piatto di riso e un tortino di patate con un cappello di spinaci. Stringendo il bicchiere quasi a volerlo frantumare, continua a rileggere le poche righe accumulate durante la mattinata. Manca meno di un’ora alla consegna dell’articolo ma non è ancora riuscita a centrare un attacco convincente.
Con una camminata dinoccolata sbuca dalle scale un signore magro che indossa un cappellino nero simile alla kippah degli ebrei. Si aggira davanti agli scaffali con aria furtiva. Carlotta trova in lui l’ennesimo pretesto per distrarsi. È convinta di averlo già visto ma non ricorda in quale occasione. Poi quando l’uomo si toglie il copricapo e comincia a sfogliare un libro le torna in mente tutto.
Era un venerdì di metà dicembre. Stranamente era arrivata in orario ma i posti erano già tutti occupati, sembrava che le persone avessero piantonato la libreria dalla notte precedente come fanno le ragazzine fuori dai palazzetti dello sport per assistere al concerto del loro idolo. Carlotta era rimasta in fondo, in piedi, accanto a un signore con una giacca eccentrica e a tre donne anziane sedute su un divano rosso. Era la prima volta che entrava da Verso. Era stato uno dei proprietari a invitarla alla presentazione dell’ultimo romanzo di Sponza. Si era trovata subito a suo agio in quell’ambiente sobrio e confortevole, a pochi passi dalle Colonne di San Lorenzo. Notare che all’ingresso, nel posto più ambito, ci fossero anche libri di case editrici indipendenti e una serie di titoli introvabili l’aveva piacevolmente colpita. Le era piaciuta l’idea che per una volta i meno pubblicizzati avessero la loro rivincita, il loro riscatto.
Intrufolandosi tra le persone aveva raggiunto il bancone e ordinato uno spritz; poi facendo le scale era salita al piano di sopra. La stanza era illuminata dalla luce soffusa dei faretti. Sopra di lei c’era un lampadario a forma di ghianda che emanava una luce ambrata. Dopo qualche minuto entrò Sponza e andò a sedersi. Cominciò a parlare immediatamente. Descriveva i suoi personaggi esaltandone le doti, come fossero tutti geni. Il signore con la giacca eccentrica iniziò a farfugliare qualcosa tra sé e sé e alzò la mano. Prese a parlare senza che nessuno gli desse la parola. Non c’è verso che azzecchi un libro, continuava a gridare. Iniziò una discussione accesa. Due volti della presunzione a confronto. Carlotta dopo poco decise di tornare a piano terra e perlustrare la libreria. Varcò la soglia dell’ambiente riservato ai bambini e si sedette a sfogliare un libro di fiabe sopra un tavolino verde bottiglia. Rimase lì per quasi tutta la durata della presentazione.
Le casse bianche sputano fuori Creep dei Radiohead. Carlotta inghiotte l’ultimo sorso di vino, appoggia il calice e ricomincia a scrivere.

MARCO RUSSO