Ben prima che diventasse (tristemente) di moda il greenwashing, Venezia si era già imposta a livello globale per essere la capitale di un fenomeno più o meno simile, che in estrema sintesi chiameremo artwashing. Sono due spigoli dello stesso prisma che regala alla città lagunare eventi memorabili, anteprime con i più importanti artisti mondiali, installazioni che fanno il giro del mondo, ma rischiano di produrre, quando i riflettori si sono spenti e il botteghino ha ormai chiuso, un enorme spreco di materiali di pregio e di risorse. Tu chiamalo se vuoi: artwasting.
Officina Marghera ha scelto di inserirsi proprio all’interno di queste contraddizioni con spirito propositivo e con reali capacità tecniche, inventiva, consapevolezza. L’obiettivo è quello di affiancarsi ai soggetti privati e alle istituzioni culturali nella prevenzione e nella riduzione dei loro rifiuti „di scena“ per creare insieme una eco-circolarità sociale e sostenibile attraverso un servizio di raccolta e recupero di materie prime. Un progetto fichissimo, insomma, che punta alla rigenerazione dell’immenso patrimonio che ogni anno transita in laguna per eventi culturali di ogni genere, partendo dal riciclo materico del capitale artistico e creativo. A tutto questo si aggiungono le iniziative „in house“, dove è apprezzabile la capacità di fare rete tra le tante realtà indipendenti dell’isola e della terraferma.