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Open Milano

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Open Milano Viale Monte Nero , 6
Milano

Zeitplan

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  • martedi 09–22
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  • sabato 10–19
  • domenica 10–19

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Tu non sei esattamente il tipo di persona che ci si aspetterebbe di trovare in un posto come questo. È quel momento della mattina in cui non si sa se fare colazione o iniziare a pensare al pranzo. Tu, di solito, a quest’ora stai bevendo un caffè amaro – ti giri una sigaretta, appoggiato al piano della cucina – a casa, solo. Invece eccoti qua, vestito di tutto punto – ti sei anche fatto la barba.
Sei in un caffè e libreria e biblioteca e sala conferenze e – la ragazza che ti siede di fronte ha una lunga treccia bionda spettinata. Il locale è l’Open, al primo piano di un palazzo su Viale Monte Nero.
La ragazza, lisciandosi la punta della treccia, ti parla di come La morte di Ivan Il’ic le abbia cambiato la vita. Tu la guardi, seduto a un tavolo che è un cartello stradale: indica l’obbligo di svoltare a destra – o a sinistra, o di andare dritto – ovunque andrebbe bene. Ci tieni i gomiti appoggiati ma non allunghi le braccia – per evitare di toccare quelle di lei. Che, tra parentesi, l’altra sera ti sembrava molto più carina. Senti di essere stato circuito, imbrogliato, incastrato.
Come ci sei arrivato in questo posto? Cinquanta metri dalla fermata del tram, un piano di scale, quattro scaffali di libri. Solo questo – di motivazioni vere e proprie neanche l’ombra.
L’Open fa angolo e non ha pareti, ma lunghe vetrate che corrono lungo tutto il perimetro. Al momento giusto della giornata – cioè non questo, e sicuramente non ora, oggi, in questo stato – a guardare verso Porta Romana, non dovrebbe essere male starsene qui così – col sole in fronte. Che comunque deve darti alla testa, se dopo aver dormito tre ore e con un mezzo litro di vodka in corpo ti metti a pensare a cose di questo genere.
Gli altri – cioè quelli che quando arrivano in posti del genere salutano tutti e hanno la tessera per gli sconti sui caffè e il wifi free tutto il giorno e prendono libri interessanti di cui sfogliano gai le pagine come fossero a casa propria – leggono e scrivono su un lunghi tavoli di legno, spaziosi, caldi. Ti rievocano case in campagna e famiglie felici.
La ragazza con la treccia dice «l’altro giorno ho preso una centrifuga di frutta con mela sedano carote e zenzero, una delizia». Tu non le dici che a questo punto sentirla parlare di centrifughe è meglio dell’analisi approfondita sul saggio del suo professore di Letteratura Otto-Novecentesca che ti ha appena fatto. In ogni caso, è costretta a smettere di parlare: la cameriera le posa il piatto davanti, lei dice «grazie» con un bel sorrisone educato. Tu guardi il tuo hamburger con patate al forno, mentre lei prende la forchetta per assaggiare il suo riso – l’ha scelto basmati con tonno e menta. Perlomeno ha un bell’aspetto. E poi ce n’è abbastanza da assicurarti che resti in silenzio per un bel po‘.
Mentre provi ad addentare i tuoi centottanta grammi di carne di scottona con cipolle caramellate e cheddar e salsa bbq affumicata – sì, una vera delizia – pensi che in un posto come questo ti aspetteresti di trovare tutto un altro tipo di ragazza. Quando la incontrerai, le dirai che sogni case in campagna e famiglie felici. Guarderete insieme tra gli scaffali dei libri consigliati e scoprirete di averli già letti tutti, vi direte che le poesie di Carver – ah, Carver! Leggerete, sfoglierete, comprerete. Non mangerete. Vi soffermerete a lungo sulla sezione dedicata ai viaggi, deciderete dove andare di lì a un anno, un mese, un giorno! Farete progetti: ne parlerete seduti al tavolo, bevendo spremute, circondati da gente che beve spremute seduta ad altri tavoli – e parla di altri progetti, produce, opera, crea. Sceglierete ricette da cucinare insieme in uggiose serate autunnali, da portare a un picnic al parco, in primavera. Vi appollaierete sugli alti sgabelli affacciati su viale Monte Nero a guardare la città che corre, gli alberi, il nove lungo le rotaie, le auto – senza sentire un rumore, del mondo di fuori – ah, l’amore!
Tu saresti quel tipo di uomo che chiama la donna conosciuta la sera prima a un vernissage per invitarla a lezioni di chicchessia – per poi offrirle il pranzo – salmone con maionese al basilico? che è anche molto leggero, tesoro, so che ci tieni alla linea. Io? Magari prendo la parmigiana. Ma no, non intendevo, non volevo assolutamente insinuare che – ma, dove vai?
No, tu non sei proprio quel tipo di uomo.
«Sono davvero soddisfatta, era buonissimo» dice la ragazza con la treccia. Prende il tuo «ottima scelta» come un complimento direttissimo alla sua persona, dice «grazie», sorride. Sorridi anche tu – un sorriso un po‘ storto, per la verità – intanto hai adocchiato i divani in pelle che, su tutti i lati della sala, sembrano tenderti le mani con la promessa di un caldo rassicurante abbraccio. Qualcuno ci sta comodamente seduto sopra, legge, parla negli auricolari, scrive. «Scusa, vado in bagno», ti alzi.
Quando esci la vedi: bassina, bruna, con i capelli tagliati corti, a spazzola, e un bel golf di lana color mattone; sta appoggiata al muro di fianco alla scala che porta alla saletta al secondo piano. Si tocca il labbro inferiore pizzicandolo con il pollice e l’indice. Ti avvicini con passo incerto. Lei solleva la testa dal libro che stava leggendo, dice «si?» e ti guarda dritto negli occhi. Ma tu te ne resti lì in piedi così – a mezzo metro da lei, senza sapere cosa dire. Lei scuote la testa, sorridente, e ti gira tutt’intorno, salutando qualcuno dietro di te.
Di solito sei bravo a dire «posso offrirti qualcosa?» ma si tratta sempre di una birretta, o di un old fashioned bello secco. Se fosse l’orario dell’aperitivo e ordinassi un buon bicchiere di vino, scopriresti che potresti mangiare ottime patatine artigianali e salatini e – aspettare che escano polpettine e olive ascolane e fritti di ogni genere. Sapresti che ti basterebbero una decina di euro per non fare brutta figura con una così. Potresti dirle «alle sette inizia una cosa… ti va di fermarti?», e non dovresti fingere chissà quali velleità letterarie, ma anzi mostrarti devoto alla concretezza, interessato al rapporto tra rete e giornalismo, a start up e comunicazione e cucina e letteratura inglese (l’hai letto Franzen? che meraviglia!).
Ma è solo l’una di pomeriggio. E tu sei in postumi e fuori posto. E sei orrendo.
La ragazza si è seduta al bancone con un amica. Non accenna a voltarsi dalla tua parte.
Al tuo tavolo, la ragazza con la treccia si è sciolta la treccia. Si accarezza i capelli sorridendo languida a un tipo che sembra non desiderare altro che sedersi sulle sue gambe. Mentre le passi dietro le spalle, nemmeno si accorge di te. Tutto sommato meglio così.
Non paghi. Scendi le scale con le mani in tasca. La prossima volta sarai più preparato – sarai esattamente il tipo di persona che ci si aspetterebbe di trovare in un posto come questo, e a quest’ora del giorno. La prossima volta, non oggi.