A Milano funziona così: se sei famoso, sei un figo. Se sei riservato, ma fai le cose fatte bene, sei cool ma fuori fuoco. Per fortuna la tradizione orale fa sempre il suo corso, basti pensare che l’Odissea ci è arrivata col passaparola, fino a quando un bel giorno qualcuno ha deciso di mettere tutto nero su bianco. Dunque, a precedere il Bachelite CLab, voci di corridoio: «Conosco un posto. Si chiama Bachelite. Ci sei mai stata?». Ormai il bar di quartiere di Calvairate mi seguiva, o forse io seguivo lui senza saperlo. Quando ci ho messo piede la prima volta sono rimasta incantata dall’ambiente familiare, quella sera c’era l’inaugurazione della nuova lista e di conseguenza il pienone. Sul marciapiede davanti all’entrata una bella piazza di gente si godeva le note del concerto jazz che suonava da dentro il locale. La sala parlava da sé fra il vociare, le pareti fitte di ornamenti e il clima semplice che piace. Oggi sono tornata al Bachelite CLab per l’aperitivo, e per scrivere di quelle voci che mi hanno raccontato quanto sia magnifico questo bar. Mi fa sorridere pensare che al giorno d’oggi un locale possa diventare l’Itaca del nuovo millennio. Eppure è così. Incontro Roberto, il proprietario (giovanissimo, 34 anni), che mi racconta qualcosa in più sul bar. Il Bachelite esiste da quattro anni. Nessuna tendenza, né alcun giro „modaiolo“: frequentarlo è una scelta. La vai a cercare, l’isola nascosta fra le mega vie della città. E infatti la clientela è di fiducia, conosce chi sta dietro al bancone e chi sta preparando i taglieri in cucina. Sa cosa prendere, sa che gustare un cocktail al Bachelite significa godersi un’oretta in pace dopo il lavoro o, ancora meglio, sa dedicarsi un post cena spensierato. In realtà, qualunque sia la motivazione che spinge a cercare e trovare questo bar, una cosa è certa: al Bachelite si beve bene.
I drink della lista di Luca Nova e Tommaso Belletti, i due bartender, sono a base di vodka, gin e mezcal.
Io assaggio subito il Volver, con base gin, ma solo perché sono ancora a stomaco vuoto, altrimenti sarei partita da base mezcal – perché, se Penelope credeva nel ritorno di Odisseo, io credo nell’agave. Il Volver racconta di un viaggio di ritorni e partenze, e lo fa con gin London Dry Sipsmith, Vermouth Lillet Blanc, spremuta di limone e confettura di mirtillo, ma si può chiedere anche con la variante marmellata di arance amare. Tutti i drink sono accompagnati da un tagliere ben organizzato – finalmente un posto che non svilisce l’idea dell’aperitivo, il vero starter della serata.
«Ogni quanto inaugurate la drink list?» chiedo a Roberto. «Che ore sono?» mi risponde lui. Un ghigno e poi arriva Rosa Caliente a base di vodka, uno dei drink più bevuti della lista. L’idea è quella di riscoprire la bellezza delle rose attraverso il loro gusto, ma attenzione alle spine! Vodka Zubrowka aromatizzata con Habanero Rosso, spremuta di lime e sciroppo di rose pizzicano anche i palati più raffinati. Poi mi incuriosisce Pura Vida, straordinario come le angurie in Viva la Vida di Frida Kahlo. Un vero mix italo-messicano: Mezcal Vida, spremuta di pompelmo rosa, Vermouth Oscar.697, Campari e zest pompelmo rosa sono gli ingredienti di un cocktail fra sentori aromatici di bergamotto e sambuco, contrastati dalla presenza di erbe amaricanti e di bitter. Spesso, dove si beve bene, c’è serata, e, se c’è serata, ci sono eventi. Dall’aperitivo tutti i giorni con cocktail basici a 5€, alla jam session del mercoledì, ai concerti nel week-end. Una sera a settimana un drink della lista è in offerta a 5 € – chiedi indicazioni alla sorridente Bianca, dietro al bancone, saprà a aiutarti – e la serata decolla con stile. Tutti lì a fare festa come i proci, aspettando che Penelope finisca la sua tela. Forse è per questo che la festa prosegue sempre bene al Bachelite.
Alessia Musillo