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Vigevano

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In cinque racconti, cinque motivi per percorrere la quarantina di chilometri da Milano a Vigevano:

1. Storie di donne
„Un aprile freddo questo del 1449“, aveva pensato il mastro calzolaio mentre zoppicando lasciava la Rocca Vecchia e s’avviava al Castello per la Strada Coperta che passava sopra le case del borgo. Il mastro calzolaio raggiunse le donne e i condottieri. Era il ventesimo giorno d’assedio. Francesco Sforza e il suo esercito di mercenari volevano impossessarsi della città. “Coglia, coglia!” Si sentiva gridare al di là delle mura. “Son le truppe del Colleoni” aveva detto tremando lo zoppo. “E chi è?” chiese spavalda la vigevanese Camilla Ridolfi. “Il terribile condottiero con tre palle” rispose lo zoppo. Risero tutti fragorosamente. “Colleoni è il suo nome”. “Significa coglioni,” fece un vigevanese ferito. “Coglia, coglia, coglia!” il grido di battaglia continuava a risuonare come declamazione dei propri maschi attributi.
Gli uomini erano stremati. Nessuno aveva ancora la forza di combattere. Camilla allora si alzò e fece un cenno alle altre donne vigevanesi. Imbracciarono le armi e uscirono a combattere. „I coglioni non ci hanno mai fatto paura“. Così disse la bella Camilla col vento tra i capelli.

2. Vigevano. Città di bellezze e di leggende.
Sopra la Piazza Ducale, una delle più belle di tutta Italia, corredata di Torre del Bramante e vigevanesi eleganti allo struscio. Sotto, il reticolo di camminamenti sotterranei e soprattutto quello che arriva al Ticino e conduce fino ad Abbiategrasso e poi a Milano, leggenda vuole da secoli abitato da un gigantesco rettile dall’odore nauseabondo.
Da un lato la bramantesca “Loggia delle Dame” dove risiedeva Beatrice d’Este e la grande fattoria modello denominata la “Sforzesca”; dall’altro le leggende della scrofa rossa che suggerì il nuovo percorso della cinta muraria e quello della misteriosa gallina d’oro che si vede ogni notte a capodanno. Da un lato il gotico lombardo di San Pietro Martire, dall’altra le campane della chiesetta di San Vittore che buttate nelle acque continuano lo stesso a suonare e tutte i misteri satanisti legati al Ticino, il Fiume Azzurro che i celti chiamano Tes-Inn. E poi, i milanesi che vengono a prendere l’aperitivo il venerdì sera e gli eserciti fantasma che nelle notti d’inverno transitavano sul ponte del Cascinale San Marco e si facevano sentire fino a Mortara…

3. Lucio Mastronardi – Miss… maestro
Il professor Pereghi al maestro Mombelli: “Il maestro è un MISS… è un Miss… un Miss…”
“Un MISSILE?!?” rispondeva Mombelli. “Ma no! E’ un MISSIONARIO.”
Il Maestro di Vigevano diede fama al suo autore Lucio Mastronardi, solo quando divenne la sceneggiatura del film di Petri interpretato da Alberto Sordi. Eppure…
Quando gli anziani ricoverati al “De Ridolfi” videro farsi largo tra i corridoi il dinoccolato Albertone pensarono che fosse una visione dell’età. Qualcuno si tolse la dentiera. Un paraplegico tentò di alzarsi dalla carrozzella. Sordi invece doveva sentirsi a finalmente a suo agio: avrebbero girato lì le scene principali del film. Gli insegnanti della scuola Regina Margherita infatti non avevano fatto entrare la troupe. A loro quel film e quella storia non piaceva per niente. Tanto che il maestro Mastronardi fu trasferito ad Abbiategrasso come bibliotecario. Il 23 dicembre 1963 ci fu la prima. Nessuna cerimonia ufficiale, nessun clamore. Tra i molti posti liberi spiccava la testa asciutta dell’ex maestro di Vigevano.

4. Scarpe per ogni gusto
A Vigevano le fashion victim con ambizioni filologiche si possono fare una cultura in fatto di scarpe. Basta andare al Museo della calzatura: si parte dalla pianella datata 1495 appartenuta a Beatrice d’Este e passando per Maria Josè Savoia si arriva a qualche modello Manolo Blanhik (dunque a Sex and the City).

5. Oasi di Sant’Alessio. Non è un film 3D…
Era il 1973. Herry era scettico, ma Antonia seppe mostrargli quello che ancora non c’era intorno al castello che avevano appena comprato. È qui che potete incontrare il Falco pellegrino, il Cavaliere d’Italia (giuro che non c’entra nulla con il cavaliere di Arcore), la Cicogna Bianca e le farfalle Caligo (presente quelle fluorescenti che popolano il film Avatar? Ecco.). Passeggerete tra i giardini selvatici creati in America da Wolfgang Oehme e James van Sweden e vedrete la „gabbia senza sbarre“ di Tony Soper,
Se siete fortunati avvisterete pure la cicogna. Il nido sopra i comignoli, le gambe lunghissime … sì esiste davvero! Non è una bizzarria della Disney in congiunzione con Pixar, ma uno dei parchi più belli di tutta la Lomellina. Datevi al birdwatching come Jonathan Franzen e poi allungatevi fino a Mortara dove potrete rifocillarvi con il salame d’oca e se passate a fine settembre assistere anche al Palio dell’oca (il celebre gioco con pedine umane è nato proprio qui). In fondo le oche sono uccelli e possono a buon diritto rientrare nel vostro nuovo passatempo.

Gaia Manzini