Agosto 2019: chiuso dal 10 al 30
L’apertura di un cocktail bar a Milano è sempre una festa, soprattutto quando apre in una zona dove ci sono poche alternative al Bar Basso. Ci piace da sempre camminare tra via Eustachi e via Plinio, in questo quartiere di vinerie, antiquari, scrittori, gallerie d’arte e pasticceri e da quando Luca Marcellin ha aperto Drinc. questa zona ci piace ancor di più. Il nome andrebbe scritto proprio col punto, oppure (è il logo) con la coppa da Martini al posto dell’unica vocale; “Cocktail & Conversation” fa intendere che questo piccolo cocktail bar è un luogo dove è consigliato entrare, sedersi e restare molto a lungo.
Marcellin apre questo suo primo locale dopo una lunga esperienza in alberghi di ottimo livello, soprattutto all’estero, due anni al Jefferson Hotel di Washington DC (pare sbancasse il suo Pisco cucinato a bassa temperatura con rafano, basilico e succo di passion fruit) e gli ultimi cinque al Four Seasons di Milano in cui ricordiamo il suo Don’t worry about the storm, portato nel 2015 a Parigi alla Bacardi Legacy Competition e soprattutto il suo Nothing like the first sip, glorificazione del Martini di cui parleremo più avanti. Mi accompagna una farmacista bresciana, esausta dall’invasione del suo amatissimo lago d’Iseo ed esperta di gusti, sapori, decotti e preparazioni per la pelle.
Il locale è semplice ma elegante: due vetrine, pareti grigio scuro, una bella bottigliera e delle sedute di pelle davvero comode. Le luci di ottone sono svedesi e dunque belle e chiarissime. Ci accolgono con acqua di benvenuto a base pompelmo, cardamomo e menta. La farmacista, ossessionata dal bio, apprezza moltissimo. La lista cocktail, in forma di raccolta di pantoni, inizia con 19 cocktail della casa; il ventesimo – L’astemio – è un drink analcolico costruito sul momento secondo il gusto del cliente più morigerato. Per chi è incerto (sarebbe molto utile al Nottingham Forest), c’è un mazzo di carte con sul dorso la scritta DESTINO: sarà il caso a scegliere il vostro drink. Per chi vuole bere del vino, c’è molta Franciacorta: non mancano due coppe di spumante Bonfadini.
Il bancone è molto ben architettato. C’è tutto: tre tipi di ghiaccio, gli spirits, i bitter, gli agrumi e un’idea molto precisa e compatta di quel che serve per preparare i cocktail al meglio. La farmacista parte con Il lato oscuro del Moscow Mule con Ice Most Torsolini, lime, sciroppo di ditakh (un dattero senegalese) e top di ginger beer, decorato con foglia di bambù e foglie di menta. Nel mio caso, reo confesso della mia passione per il Negroni, mi preparano un ll professore d’inglese“ con gin n°1, vermouth del Professore rosso, Rose’s triple sec, bitter mandarino/arancio ed essenza di bergamotto, servito in tumbler basso con un cubo di ghiaccio dalla trasparenza perfetta e un curioso frustino in miniatura (quelli da cucina, non da camera da letto) con incastrata una scorza d’arancia, da rigirare nel drink per esaltarne il profumo.
Patatine classiche e al rosmarino e ottimi taralli per cominciare, a cui segue un vassoio di legno con alzatina di salame della rosa (tipici dell’astigiano), capresina al pepe rosa, crema di castelmagno tartufato, due formaggi con composta di prugne e pomodori secchi con olive taggiasche: la fame è placata all’istante. La musica è discreta ma coinvolgente: funky, soul e rhythm & blues. Tempi lenti, belle melodie: se Luca mi avesse chiesto una consulenza, gli avrei consigliato gli stessi dischi (potrei suggerire qualche novità, tanto per non perdere di credibilità).
La farmacista ordina un Tuttotondo con vodka russa, foglie di shiso, lime, cetriolo, sciroppo fatto in casa (base pepe rosa, pepe nero e pepe di Timut) e succo di pompelmo rosa, servito in un curioso bicchiere a forma sferica, con due cannucce di vetro, disegnato da Jakobsen, qui in esclusiva per l’Italia (almeno per ora). «Praticamente è un sorso d’estate» dice lei, «soprattutto se chiudi gli occhi». Lo assaggio dalla mia cannuccia, momento molto sexy. Prima del giro di Martini provo anche un Non solo Negroni con Plymouth Navy Strength, vermouth rosso, bitter rouge, liquore alla ciliegia Quaglia e bitter della casa (base cardamomo e coriandolo). Il cubo questa volta l’ho fotografato prima: lo trovate sul mio account di Instagram.
Facciamo due chiacchiere con Luca Marcellin: ha fatto un bel percorso ma ci piace quando parla con ammirazione di alcuni colleghi milanesi (non ama per nulla i conflitti) e cita tra i suoi maestri la zia Dory, mamma di un suo amico che a 17 anni lo fece lavorare al Bar Aldo di Sestriere. Attenzione ai dettagli e una bella dose di umanità. I racconti sono tanti e ci portano direttamente al suo Nothing like the first sip, ovvero una serie di Martini che bevi sempre come se fosse il primo sorso, il migliore. Gin Plymouth, vermuth al cardamomo e bitter con lavanda e limone (fatti in casa), miscelato col contagocce, shakerato e messo in un misurino con tappo in glacette per tenerlo fresco e pronto ad essere versato in cinque coppe Martini da bere in successione (a scelta) con twist di limone, arancia, mandarino, olive e cipollina.
Se volessi morire potrei buttarmi sulla selezione di grappe Evo (classica e fumo), con un’esposizione che ci lascia subito ben disposti. Oppure potrei assaggiare un Non solo Julep (con acqua i linfa di betulla, molto bio), che promette molto bene. Il menu prosegue con una selezione di oltre 50 spirits e una lista dei Gin & Tonic fatti con ingredienti speciali: tornerò presto qui con il mio amico Paolo. Ne usciamo davvero soddisfatti: evviva chi decide di aprire un cocktail bar serio in una zona nuova (soprattutto se vicino a casa mia). Ci torneremo molto spesso.
Corrado Beldì
Foto di Questamiamilano.com
Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2020-03-01