Capace, modesto e con una grande passione per l’Italia. Dopo diciotto anni da sous-chef di Davide Oldani e alcune altre esperienze in giro per il mondo, Hide Matsumoto apre finalmente il suo primo ristorante ed è un’osteria sofisticata che serve cucina italiana tradizionale, preparata con tecnica e attenzione. Qualità altissima a prezzi accessibili: “Non voglio cucinare per 300 euro, voglio clienti che tornino tutti i giorni„. Infatti, ci torneremo molte volte in questa stanza che affaccia su due vetrine, proprio di fronte alla sede del Fondo Ambiente Italiano. Tavoli semplici, tovagliette di carta e una decorazione con esagoni che ricorda ovviamente le arnie delle api e a chi come me è novarese, il vecchio logo della Banca Popolare di Novara (emblema del risparmio, ai tempi in cui le banche facevano le banche, ovvero custodivano il risparmio per aiutare la sana imprenditoria).
La cucina la vedi da un finestrone, diciamo che è in semi vista, quanto basta per corroborare il nostro senso di fiducia. Scegliamo il menu degustazione (50 euro) perché stasera non abbiamo voglia di farci mancare niente e poi la compagnia è simpatica, c’è tanta regia non solo operistica.
Ordiniamo un pinot nero Oxenreiter Steinhauserhof, ci piace e faremo fuori due bottiglie.
Partiamo con un ottimo sgombro marinato confit alle spezie Colombo con caponata e cipolla rossa sottaceto: per fortuna ci sono anche due ciuffi di prezzemolo riccio e questo rende il piatto ancora più speciale.
Il risotto allo zafferano, stinco di vitello e salsa gremolada, per noi è una delle vette dell’anno: supera in volata il risotto smembrato di Ada e Augusto ed è una grande soddisfazione assaggiare come un giapponese ci prepari quello che, secondo noi, è oggi il miglior risotto giallo di tutta la città.
Sappiano i lettori che a mezzogiorno, ad esempio, si può mangiare un risotto al cavolfiore per dieci euro, astenersi gli appassionati di piadine da bar e quelli che non vedono l’ora della pausa pranzo per urlare nel cellulare: questa è un’oasi di silenzio e bontà.
Tra i secondi, consigliamo ciò che abbiamo provato. La faraona farcita al profumo di origano e fichi al cartoccio è il tipico piatto che fa impazzire il mio amichetto del cuore, infatti lo ordina e lo finisce in men che non si dica. Io mi butto invece sul maialino di latte croccante, composta di pere al vino rosso, così morbido che non ci sarebbe certo bisogno degli ottimi coltelli Laguiole Rostfrei, con tasto modello serramanico sul dorso, comodissimo per appoggiare l’indice.
Lo chef viene a fare due chiacchiere, lo interroghiamo e ci togliamo ogni dubbio: è davvero innamorato dell’Italia. Crede nel lavoro di qualità e nel passaparola. Niente pubblicità, il vero cliente tornerà perché mosso dal buon ricordo. Matsumoto dice di avere un carattere napoletano, non sapremmo dire in che modo, ma soprattutto si definisce un artigiano della cucina che ha un unico vero sogno: lavorare.
Consigliatissimi i dolci, per alcuni il pezzo forte di questo ristorante che ci sono piaciuti assai. Consigliamo il tortino tiepido di cioccolato e nocciole con sorbetto di mirtilli (ma i mirtilli sono anche al naturale e godiamo nel prenderli con le dita, dopo averli affondati nel cioccolato liquido) e soprattutto la mousse al caramello con arancia fresca e pera, sfoglia caramellata e salsa alle mandorle, l’unione suprema di quattro gusti che ci piacciono da morire ed evocano sapori d’Italia che spesso i nostri cuochi riescono solo a farci dimenticare. Viva il Giappone!
Corrado Beldì