Anche quest’anno siamo andati al Lucca Comics per salutare l’amico Jacopino alla Self Area e come al solito abbiamo scoperto delle belle bombette. Le autoproduzioni non sono certo la prima cosa a cui si pensa quando si nomina il Comics più famoso d’Italia, ma da qualche anno la biblioteca Agorà è diventata un punto d’incontro importante per chi non vuole dipendere dall’editoria mainstream. I progetti presentati al suo interno hanno di sicuro una caratura differente dalle autoproduzioni che possiamo incontrare in altri contesti: più vicine al mondo del fumetto, più vicine alle meccaniche editoriali, più lontane da una fanzine in puro stile DIY stampata nero su bianco su una manciata di fogli formato f4. Ciò non toglie la vicinanza al mondo sotterraneo che cerchiamo di esplorare all’interno di questa rubrica.
E se c’è qualcuno che del mondo underground ne ha fatto una bandiera è Perso che con NON MORIRE ci travolge in un vortice allucinato anti-sistema. I protagonisti del racconto sono due figure indefinite e antropotossificate impegnate in una lotto contro il Cap, l’entità che sembra assoggettare il mondo in cui i personaggi sono immersi. La loro missione è quella di espandere la rete, unico strumento in grado di poter contrastare il dominio di questa entità che ha come braccio di forza degli sbirri robotici. Insomma, nel mondo descritto da Perso della nostra cultura non manca niente: l’opposizione alla tecnocrazia, la necessità di spazi liberi, le fughe dagli sbirri, i sound System tekno e pure i van alimentati a 2c-b, un’inno alla libertà in 122 pagine convulse e prive di ogni imposizione formale.
«L’autoproduzione – secondo Perso – è una forma di resistenza sovversiva verso il sistema dominante, che sia in forma cartacea, musicale, digitale o in altre dimensioni. Cercare di rimanere il più possibile indipendenti significa avere la libertà espressiva di dire quello che si pensa, nei modi e tempi che ognuno ritiene più affini a sé.»
Il giro lisergico e incubato da motori a 2cb di Perso parte dal mondo sotterraneo, un sistema pregno di realtà resistenti, autonome, sovversive, un crogiolo di novità e freschezza che non smette mai di stupirci. Da questi microcosmi tutti possiamo apprendere molto, sia dal punto di vista sociale che relazionale e pratico, tutto sempre nella direzione di rompere il sistema capitalista patriarcale che ci opprime.
Dal punto di vista espressivo, l’autore ha iniziato il suo percorso con i graffiti, capendo poi però che non era un gioco a cui voleva giocare. O perlomeno nei modi in cui questa pratica viene spesso eseguita qui da noi, ovvero spettacolarizzata in una gara a chi piscia di più sui muri e non come strumento di intervento per diffondere messaggi all’interno dell’ambiente urbano che tutti noi viviamo quotidianamente. Nel mentre ha scoperto la dimensione delle fanzine, un concentrato di delirio su carta capace di aggirare i sistemi di censura e controllo che si stanno facendo di nuovo strada anche nel “””””Bel””””” Paese.
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Ha iniziato la sua quest nell’editoria indipendente, tra festival, distro, taz, situazioni sempre meno lucide dove si è immerso fino ad arrivare a produrre i suoi lavori. Tutto in un contesto sempre fortemente collettivo che nel caso del gruppo di cui fa parte prende il nome di “Non Morire”, di cui Toy never Toy ne è la costola cartacea. Da fruitore è diventato parte attiva di tutte queste realtà, con cagate su carta, stampe, magliette, discutendo e mettendo tutto in discussione. La cosa importante in tutto questo trip ancora in circolo è che la vera sfida dell’autoproduzione, ma non solo, è sapere parlare anche fuori dalla propria bolla. Quindi anche al Lucca Comics, nonostante le varie difficoltà e contraddizioni annesse. Sì perché se si vuole sfruttare il vero potenziale dirompente di questo media bisogna arrivare soprattutto a chi non la pensa come noi e provare a farli cambiare idea, o per lo meno a riflettere.
Ma allora – chiedo – se il Comics fosse il cap? «L’autoproduzione sarebbe la rete – risponde – strumento di resistenza che dobbiamo mettere in pratica se vogliamo cambiare il disastro di mondo che ci circonda.»
Poco più in la, procedendo nel chiostro, ci fermiamo al banchetto di Sputnik Press. Guardiamo il tappeto di volumi da loro autoprodotti, tutti di qualità, delle vere e proprie graphic novel. Sfogliamo Balucama, la loro ultima uscita, storia politica di Cappuccetto Rosso. Parliamo con Titta e Federica, ci passiamo l’accendino e fumiamo paglie. Gli chiedo cosa siano per loro le autoproduzioni, come abbiamo iniziato, dove siano arrivate. Decidiamo di vederci a Lortica in via Mascarella a Bologna, il loro più importante „ufficio“. Ci diamo appuntamento per le settimane successive, ma non c’incontreremo mai. Le linee telefoniche vengono tagliate, le mail si perdono, si diventa irraggiungibili, un’eventualità da tenere in conto nel mondo sotterraneo.
Nel nostro scambio mi lasciano qualche piccola traccia, fanno in tempo a dire quanto le fanzine fossero state per loro un primo elemento importante per creare ponti, connessioni, per divulgare e definire loro stile inconfondibile che poi porteranno avanti negli anni. Sputnik nasce infatti prima come festival, poi si sviluppa in fanzine open call e, dopo un percorso di maturazione, arriva ad essere una casa editrice indipendente. Il primo numero della collana Storie dalla Luna è datato al 2018, una raccolta di storie a fumetto legate dal filone dell’insostenibilità. Cinque artisti sono coinvolti all’interno di questo primo progetto, tra cui Akab, che sembra negli anni mantenere una relazione importante con la neo-casa editrice. Nei prossimi numeri della collana le collaborazioni aumenteranno, si ripeteranno, si contorceranno, ma tra i nomi troviamo sempre le punte della graphic novel italiana, tutte amalgamate sotto lo stile di Sputnik Press.
Fino al 2022 sono state realizzati sei numeri di Storie della Luna, sul loro sito però sembrano tutte out of stock. Quindi per sfogliarla bisogna avere fortuna e trovarle nella libreria di un amico, magari andando al loro festival di Pisticci, o forse chi lo sa, contattandoli, avranno ancora qualche copia nascosta in magazzino.
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Che Fanza! è una rubrica a cura di ABAC, membro del collettivo statunitense Roguexwriters, che prova a dare un ordine al bellissimo caos cartaceo e meta testuale contemporaneo delle fanzine proponendovi di volta in volta un paio di consigli.