Ettore Favini l’avevamo lasciato a dirci Arrivederci nel 2015 con un viaggio attraverso la Sardegna, un lungo e lento lavoro di ricerca sul territorio attraverso tessuti e laboratori. Al centro di tutto il Mediterraneo, e proprio sulle sponde opposte del mare, tra il MAN di Nuoro e Villa Croce a Genova, erano state allestite due mostre, completate da un libro edito da Humboldt Books. Arrivederci era diventato poi Mirupafshim in Albanese, quando nel 2017 una grande vela era sbarcata sulla facciata dell’Istituto italiano di cultura di Tirana, per un progetto aperto e ogni volta aggregatore di nuovi significati intorno ed attraverso il Mare nostrum e i fili tessuti sulle sue sponde.
Quest’anno con Au Revoir, tra i progetti vincitori dell’Italian Council 2019, Ettore Favini – con la curatela di Connecting Cultures – ha seguito nuovamente le vie dei tessuti, il “jean” o “jeane” e il “denim”, da Genova a Chieri, passando per Il Cairo fino alla città francese di Nîmes, dove al Carré d’Art, Musée d’art contemporain è stata allestita la mostra curata da Roberta Garieri. Qui sono state esposte nuove serie di lavori che riflettono sulla mappa come sull’idea di memoria e partecipazione, coinvolgendo anche le comunità egiziane e nordafricane di Milano e la Fondazione per il Tessile di Chieri, arrivando a raccontare e riscrivere storie e ritratti intorno a tessuti, spostamenti e persone.
Prima della conclusione di questo percorso al Museo del Novecento di Milano, che dopo avere collaborato alla realizzazione dei lavori accoglierà l’installazione nella sua collezione permanente, a completare il progetto è ancora una volta un libro, dato alle stampe in occasione della riapertura della mostra francese. Un volume che riunisce in tre grandi sezioni i contributi su altrettante tematiche: il Mediterraneo ovviamente, il progetto dell’artista e il cotone blu che è nato intorno a questo mare. I protagonisti sono così storici, curatori, geografi, botanici, specialisti di diritti umani, direttori di museo, migranti dell’Africa del Nord, per un ulteriore lavoro corale che riesce a restituire il lavoro e arricchirlo di prospettive, storie e narrazioni. Ordinando – anche grazie al progetto grafico di Anchora, Luca Piazza+Lorenzo Mazzali – pensieri e discipline intorno a un’identità impossibile e continuamente ricercata.