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Viaggio nei migliori bar de L’Avana

«La composita umanità che passa le notti sul lungomare carbura misture in cui il rapporto tra superalcolico e diluente è regolarmente a favore del primo»

Geschrieben von Paolo Besana il 7 Januar 2016
Aggiornato il 2 Februar 2016

A Cuba si beve. Uno se l’aspetta e arriva preparato. La prima volta che vediamo un cubano uscire da un negozio de L’Havana con ciò che serve per il Cuba libre – una bottiglia di rum e una sola lattina di Coca – capiamo di essere nella città giusta. In generale la composita umanità che passa le notti sul lungomare – il Malecón – carbura misture in cui il rapporto tra superalcolico e diluente (coca, ma anche acqua) è regolarmente a favore del primo.

Vendita di cocco a Cuba

Non che a Cuba si bevano solo cocktail: il drink prevalente tra i ragazzi è piuttosto la birra, il cui mercato è dominato dalla Bucanero, azienda (ex) nazionale sorta negli anni 80 con l’aiuto della DDR. Accanto alla birra “fuerte” Bucanero, si può scegliere quella leggera, la Cristal. Quello che non è previsto, se non in qualche ristorante per turisti in cui è comunque il caso di evitarlo, è il vino. D’altra parte qui i cocktail accompagnano i pasti, dissetano nelle passeggiate, punteggiano l’intera giornata riportandoci ai nostri anni 50, quando nessuno avrebbe bevuto un Bloody Mary dopo mezzogiorno.

L’itinerario comincia dal Floridita (Calle Obispo N° 557), tempio del daiquiri e bar prediletto da Hemingway che è anche ritratto in bronzo a figura intera, appoggiato al bancone. Un usciere ci apre la porta su una sala affollata di soli stranieri, soprattutto americani, assiepati intorno a un gruppetto musicale che propone i soliti standard, ma in modo molto convincente. I baristi sono uomini sui sessanta, grassi e sbrigativi: mi sembra un buon segno. Il daiquiri, prodotto in quantità industriali e in innumerevoli versioni, è perfetto: il miglior cocktail che berrò a Cuba.

La caipirinha del Floridita
Il daiquiri del Floridita
 
Sistemato il daiquiri, tocca al mojito, che a L’Habana non è il bicchiere largo pieno di ghiaccio tritato che va sotto lo stesso nome da noi. Il barista cubano pesterà zucchero bianco, lime e foglie di hierba buena sul fondo di un tumbler alto e aggiungerà rum bianco e acqua minerale o selz in parti uguali, completando con un altro rametto di hierba e qualche cubetto di ghiaccio. Le belle sorprese sono due: è molto più forte e c’è molto più da bere; però spesso non è abbastanza freddo. Considerato che il rum è quasi sempre lo stesso Havana Club, non ci sono particolari differenze di preparazione tra i locali: bisognerà per forza prenderne uno alla Bodeguita del Medio in omaggio a Hemingway, ma qui la deriva turistica è molto più fastidiosa che al Floridita perché ci sono le comitive. Anche il giardino dell’Hotel Nacional, tra cannoni, palme e vista sul Malecón, alla fine vende drink non più che dignitosi a turisti scesi dai pullman.

Il giardino dell'Hotel Nacional
Il giardino dell’Hotel Nacional
 
Meglio la dimensione familiare del Nao Bar (Calle Obispo N° 1), con baristi all’antica e prezzi stracciati, o lo stile più contemporaneo/svedese (sì, svedese) di Casa Miglis (Calle Lealtad n°120, tra Animas e Lagunas), dove si accoglie una consuetudine molto diffusa a Cuba: al mojito si aggiunge carattere con una spruzzata di angostura.
 
Il mojito del Nao bar
Il mojito del Nao bar
 Sempre a Casa Miglis provo il mio primo cuba libre cubano, eccellente: rum e cola sono in parti quasi uguali, ma la differenza rispetto alle versioni europee la fa una dose davvero abbondante di succo di limone. Potete invece resistere serenamente alla curiosità di provare il loro omaggio al Negroni.
Il Cuba libre di Casa Miglis
Il Cuba libre di Casa Miglis
 Tra i locali storico/coloniali c’è Sloppy Joe (Calle Zulueta N° 252), tradizionale ritrovo di americani (ed esponenti del regime di Batista) chiuso dopo la rivoluzione e riaperto nel 2013: oggi è un mix di fascino d’epoca, servizio esasperante e vento di restaurazione.

In una città in cui è consuetudine bere cocktail durante la cena, bisogna considerare anche i bar dei ristoranti e Paladar (ristoranti privati): daiquiri molto abbondanti ma un po’ persi nel ghiaccio sono serviti tra gli arredi anni 30 dell’eccellente Paladar La Esperancia (Calle 16 n° 105), all’asettico De Otra Manera (Avenida 35 n° 1810), che però ha un bellissimo bar sotto un banano, e al classico e gastronomicamente sopravvalutato Café Laurent, con memorabile vista sul quartiere del Vedado (Calle M n° 257). Al fascinoso Paladar La Guarida (Concordia n° 418), tappa obbligata per ogni visitatore, ho avuto un cubanito (rum, succo di pomodoro, limone, salsa piccante) migliore della cena.

Un discorso a parte merita O’Reilly 304, appunto in Calle O’Reilly: rigorosamente turistico (non ci troverete un cubano neppure per sbaglio e non provate ad andarci senza prenotazione), si piazza un buon gradino sopra gli altri per il cibo (meglio però i piattini dei piatti) e soprattutto per il bere. Formalmente è un gin bar: di fatto il barista, che prende tutti gli ingredienti con le pinze con effetto Edward mani di forbice, crea fantastici cocktail a base gin o rum con frutta e verdura. Ci sono molto entusiasmo, molta cura (tutti i liquidi sparkling vengono versati lungo una cannuccia o un cucchiaio perché non facciano schiuma) e molta allegria.

Il Red point da O'Reilly
Il Red point da O’Reilly
 
Dopo cena la maggior parte dei locali offre drink piuttosto andanti: così le due Case della Musica affollate di turisti e ragazze insistenti (in Centro Habana in Avenida de Italia tra Concordia e Neptuno, oppure a Playa, Avenida 20 N° 3308) offrono dei mojito standard, un po’ lunghi. Molto meglio passare alla FAC (Fabrica de Arte Cubano, Calle 26), fantastico complesso tra arte e divertimento che include una galleria, diversi bar e spazi per ballare, shop e spazi espositivi: un posto pieno di ragazzi entusiasti e allegri che ispira ottimismo per il futuro della città.
Bar e dancefloor alla FAC
Bar e dancefloor alla FAC
 
Ci ho preso un paio di caipiriña ballando e non c’è paragone con quello che servono in discoteca da questa parte dell’Oceano. La porta accanto ospita El Cocinero, ristorante anche troppo modaiolo che però vanta una magnifica posizione sulla terrazza di un’ex fabbrica d’olio di cui resta l’imponente ciminiera, e ottimi food and drinks: l’evidente vantaggio di Cuba è che anche i posti che cercano di tirarsela mantengono un’atmosfera rilassata, soprattutto dopo il quarto giro. Direi che tra questo genere di locali El cocinero la vince su La Fontana (Calle 46 N° 305) che resta un po’ al di sotto di quello che vorrebbe essere.

Ah, di andare al Tropicana non me la sono sentita, mi dispiace.

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