Hyperlocal è la piattaforma che si occupa di raccontare due cose: territori e scene culturali. Vale a dire i rapporti di nascita e sviluppo che certi fenomeni artistici o musicali intrattengono con luoghi specifici e comunità locali all’interno di un panorama culturale globale. In altre parole, l’orizzonte editoriale di Hyperlocal e dell’omonimo Festival guarda alle condizioni ambientali – culturali, geografiche e urbane – che consentono a un fenomeno culturale di attecchire, svilupparsi e propagarsi in un luogo specifico e, eventualmente, internazionalizzarsi. Cosicché l’idea di “scena” resta una nozione timone, laddove questa è considerata come una dimensione minima di un laboratorio di stili di vita, una maniera di stare insieme capace di generare tensioni, modelli e codici di respiro internazionale, a partire da un luogo specifico.
Nella prima edizione di Hyperlocal Festival furono i quartieri italiani e le loro scene emergenti. Nella seconda, l’anno scorso, abbiamo cominciato a vedere a Milano scene e quartieri internazionali, con alcuni fenomeni culturali che hanno a tutti gli effetti prodotto scosse imponenti e cambi di rotta nella cultura globale (come è stato per la Dubstep), o che tentano attualmente di costruire ponti per creare condizioni di sviluppo ed esercizio di determinati generi musicali e pratiche culturali. Il punto, ci sembra, è quello di ricercare una certa trasversalità che mette in discussione le distanze geografiche e guarda invece ai movimenti, reali o d’invenzione, con cui le città e alcuni territori locali configurano espressioni culturali di rilievo e che rivendicano una data circoscrizione.
Hyperlocal Festival arriva quindi alla sua terza edizione, il 21 e il 22 di settembre in via Sile 8. I protagonisti saranno sempre i quartieri e le loro scene culturali, ma con un’intenzione, quest’anno, che riguarda la natura dei ponti e dei portali, vale a dire le condizioni con cui una determinata scena si è configurata attraverso viaggi e scambi finendo per sfondare la soglia del mainstream.
Immaginate dunque un viaggio, i cui soggetti sono specifici avvenimenti culturali che si spargono come semenze nei cantoni del globo, e in ognuno di essi attecchiscono per andare a configurare un proprio ambiente, assumendo così una loro propria specificità. Ecco che allora si potrebbe anche parlare di “meme” nell’accezione originaria del termine: piccole particelle culturali, vale a dire stili, comportamenti, immagini, raffigurazioni, parole e maniere linguistiche, insomma elementi che per imitazione si propagano, si replicano ed evolvono. Non diversamente dai geni, i memi passano da generazione in generazione e sono così destinati a cambiare in funzione degli ambienti culturali e umani in cui si ritrovano. Se il meme sopravvive al trapianto geografico o storico, cambia una cultura, cambia una comunità, emergono nuovi stili comunicativi ed espressivi, e assieme a questi cambia per intero un ambiente o una nicchia culturale, ovvero: cambiano i registri valoriali e le condizioni che sostengono lettura ed esercizio di una cultura attraverso una scena.
Questa è una maniera di raccontare la geografia culturale che interessa a Hyperlocal: quella di fenomeni culturali locali nati dalle necessità e dai sogni di una comunità che, originatesi nella molteplicità della cultura globale attraverso gli innumerevoli scambi e viaggi risultanti dalla globalizzazione e dalla comunicazione di massa, hanno saputo attecchire in territori circoscritti generando inediti culturali, chimere e metissages, inventando quindi stili espressivi e interpretativi, e ad avere risonanza internazionale producendo nuove reti di scambio e fruizione.
Al centro della terza edizione di Hyperlocal Festival ci sono sette scene: sette luoghi, sette comunità e sette fenomeni culturali che hanno prodotto generi e stili capaci di spostare l’asticella del gusto, dello stile e della cultura.
Così, quest’anno i protagonisti di Hyperlocal Festival sono sette scene e sette quartieri o territori internazionali che rappresentano casi esemplari di quest’idea. In tal senso, per la natura sistematica con cui il Festival si presenta al pubblico, bisognerebbe quasi considerare il palinsesto di artisti e performance alla stregua di un piano editoriale, di un giornale. Poiché quel che occorre è raccontare una storia, cosicché ogni atto o sezione presente nei due giorni di Festival è a tutti gli effetti un contenuto: una storia raccontata attraverso i suoi protagonisti, nei dj set e nei live, nelle performance artistiche e nei talk tanto quanto nel cibo selezionato per l’occasione.
Troverete dunque la storia della scena Grime, la forma più identitaria di rap UK originatasi nel quartiere Bow negli eastern ends londinesi, che da vent’anni a questa parte sfonda ciclicamente la barriera del mainstream. Sul palco ci saranno Slimzee e Riko Dan, e un talk dedicato con DaMetalMessiah moderato da Tommaso Monteanni.
Ancora da Londra, nel quartiere di Brixton, Hyperlocal porta una storia molto specifica di “viaggio” e di “ponte” sonoro e culturale, sviluppatosi prettamente negli scambi online, in vetusti e rigidi blog e in festival che qualche decennio fa erano periferici: è la storia del Breakcore, una mescola di hardcore, jungle, gabber e rave culture. Da Brixton ci sarà Ambush Records di DJ Scud in rappresentanza del breakcore “ragga”, mentre dalla nostrana Bologna arriverà DJ Balli che, con la sua etichetta Sonic Belligeranza, farà rappresentanza della Breakcore “bolognese”. Una conversazione tra i due, moderata da Francesco Birsa Alessandri (Haunter Records), approfondirà le relazioni tra scene a partire dalla loro dibattuta origine.
Restando in territorio anglosassone – sempre per quanto riguarda le condizioni di nascita ed esercizio di una scena – troverete Bristol: luogo imprescindibile per lo sviluppo della sound system culture, fenomeno nato dalla diaspora caraibica in città e dal conseguente arrivo della dub che sollecitò la diffusione dei “carnevali” in territorio anglosassone, tra cui spicca il quartiere di Easton & St Pauls a Bristol. Con un sound system dedicato, ci saranno Odd Shy Guy e Rose Again (entrambi Bristol Normcore) e Katatonic Silentio. Mentre da Easton & St Pauls verranno Pinch, fondatore di Tectonic e pioniere della scena, Yushh e Ossia: artisti e realtà che hanno vissuto e rappresentano tutt’ora la scena e la storia della sound system culture. Un talk dedicato e moderato dal critico musicale Shawn Reynaldo porterà poi al Festival Kutty QSS Qualitex, leggendario costruttore di sound system.
Da Lisbona ci sarà invece il quartiere Quinta do Mocho, uno dei fulcri storicamente più importanti per la nascita e lo sviluppo della Batida: una mescola frenetica tra il kuduro, genere angolano divenuto simbolo del paese post guerra d’indipendenza degli anni Settanta, tarraxinha, funaná, zouk e le sperimentazioni su software craccati in computer a basso costo agli inizi degli anni Duemila. Anch’essa frutto dell’incontro tra la diaspora angolana in Portogallo e lo sviluppo di inizio millennio della musica elettronica, la Batida rivendica una voce e uno spazio alla comunità afrodiscendente di lingua portoghese, tra periferie, generi tradizionali e diaspore. Sul palco ci sarà uno degli esponenti più rilevanti della scena: DJ Marfox e DJ Nigga Fox, entrambi pionieri del genere e artisti pubblicati dalla storica Principe Records.
Spostandosi ad Atene, nel quartiere di Kypseli, Hyperlocal porta a Milano il progetto artistico the AfroGreeks. Un collettivo comunitario che si esprime attraverso una vasta serie di video, interviste, interazioni sociali, ricerche ed eventi, volte a riscrivere la storia tra territorio greco e afrodiscendenza con l’intento politico di riconoscere la grecità nelle lunghe diaspore africane che si sono sedimentate nel quartiere di Kypseli, e che a sono parte integrante e fondamentale della storia della Grecia e della sua contemporaneità. Troverete dunque una performance realizzata da Demelza Elpida, Ijeoma Okoji, Irene Adwoa Annan Sackey e Jessica Onyinyechi Anosike – che saranno presenti anche alla conversazione moderata dalla curatrice Angeliki Tzortzazaki – e il live di Negros Tou Moria, artista che mescola trap, rap e R&B con rêverie sonore tradizionali come il rebetiko.
Dall’Italia ci saranno invece La Comunidad di La Spezia, che nel quartiere Umberto I ha fatto “casa”. Si tratta della comunità della Repubblica Dominicana più grande d’Europa, che da anni organizza in giro per il Paese i raduni di Kitipo, i grandi sound system montati su automobili. La car sound system culture è una scena originatasi nelle comunità diasporiche, ma che nella cultura dominicana spicca per bassi profondi, dissenso sonoro e competizione. Così la Comunidad organizza i suoi raduni: tra altoparlanti fissati su automobili come artiglieria leggera. Li troverete dunque al Festival con i Musicologos Italia – i musicologos sono i proprietari e costruttori dei car sound system –, assieme al produttore Blaze, Samuel Costa e Simone Bertuzzi (Palm Wine) come moderatore del talk dedicato.
Infine, ci sarà una storia poco raccontata ma fondativa per il panorama artistico attuale: il cammino delle Live Arts dalle sue origini a Bologna e in Emilia-Romagna fino a Roma, Milano e all’estero, tra festival, pratiche e l’attestazione del corpo e dell’evento nella prassi artistica contemporanea. Ci sarà dunque un palinsesto di performance storiche e recenti deputato a raccontare questa storia, con Parini Secondo, Gaia Ginevra Giorgi, Industria Indipendente, Sara Manente, KINKALERI + Jacopo Benassi, e un talk moderato da Fabio Acca con Silvia Fanti, Umberto Angelini e Michele di Stefano.
Troverete dunque al Festival sette “portali”: vale a dire sette luoghi, sette comunità e sette fenomeni culturali che hanno prodotto generi e stili capaci di spostare l’asticella del gusto, dello stile e della cultura. Ma non troverete soltanto questo: come nelle edizioni precedenti, il palinsesto è ricco e folto. Altri artisti performeranno sul main stage nella grande corte di via Sile 8, di nuovo sarà presente il Market degli artigiani e dei designer, l’area food sarà più vasta dello scorso anno e troverete le postazioni radio dai quartieri invitati con Kiosk Radio, Rádio Quântica, Stegi Radio, Noods Radio, Rough Radio e Box of Tangerine. Detto questo, ci sembra chiaro quale sia uno dei punti di Hyperlocal: occorre sempre cominciare da un „dove“, poiché nei luoghi d’elezione, scelti o capitati, si trovano litorali da cui osservare orizzonti e destinazioni peculiari che hanno spostato gli esiti della cultura espressiva.