Guido ha due braccia, ma sono meccaniche. Non ha voce, risponde solo se comandato da un’applicazione via smart phone. Non ha gambe, ma quattro ruote che gli permettono di mettersi negli angoli della città. Guido è un bar robotico, la prima postazione che si muove senza conducente su strada. Sviluppato da CRA Carlo Ratti Associati per Makr Shakr, leader nella progettazione di bar robotici, Guido lo prenotate tramite app, lui arriva in pochi minuti e sempre dall’app scegliete il cocktail e gli ingredienti. Dolce, secco, amaro? Tutti gli ordini verranno captati dal vostro cellulare ed eseguiti dalla macchina. Guido ovviamente è un prototipo, non lo troverete in giro per Milano.
Poco tempo fa anche Montenegro, che conosciamo tutti, ha lanciato la campagna #HumanSpirit cercando di legare i valori del bartending nell’era dell’intelligenza artificiale. In collaborazione con Future Food (ecosistema internazionale che studia la filiera agroalimentare e i suoi sviluppi in ambito digital), ha presentato una moderna macchina simile a Guido che ti permette di prepararti un cocktail tramite un’applicazione.
La domanda che poniamo però è: nella proliferazione continua e costante di bar e locali abbiamo bisogno di un bartender robotico? Con chi poi parleremo – cosa ancora più importante – quando nelle notti buie avremo bisogno più di uno psicanalista che di un abile miscelatore?. Aldilà dei possibili sviluppi tecnologici che sicuramente avranno un campo d’azione più serio rispetto al barteding e alla mixology, il fatto di avere un braccio meccanico che ci fa un drink un po‘ ci spaventa. E il risultato? Sicuramente non si potrà ammiccare a Guido chiedendo di aggiungere un po‘ di gin in più. Quindi, cari bartender, anche se noi continueremo a popolare i vostri banconi assetati, non pensate di essere insostituibili. Le macchine avranno la meglio anche sui vostri baffi e barbe impomatate? Chissà. Noi speriamo di no. Fatto sta che la speranza ci viene proprio dal Giappone, posto per eccellenza dedito alla robotica: è fallito l’esperimento di un hotel gestito da 243 androidi, dalla reception al servizio in camera. Per clienti e ideatori: “Sono meglio gli umani”. Ma va?!
Se proprio siete inclini al pessimismo, potete sempre riporre le vostre speranze nel fatto che Carlo Ratti, pur essendo un conferenziere di punta sulle smart city e su ogni genere di applicazione tecnologica allo spazio progettato, non è mai riuscito a fare funzionare le sue invenzioni: dal padiglione acquatico inceppato dell’Expo di Saragozza al supermercato del futuro di Milano 2015, fino al tetto verde rinsecchito del Cafè Trussardi alla Scala, l’esito è stato sempre lo stesso, un’attestazione dell’invincibile superiorità dell’uomo sulla macchina.