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L’agenzia viaggi per cambiare la propria vita

Il progetto dell’artista Luca De Leva Thyself Agency è “un’agenzia di viaggi” costruita su un trittico di esercizi quotidiani per rivedere da cima a fondo la propria persona: vivendo la vita degli altri, con una settimana da nove giorni e guardandosi in terza persona.

Geschrieben von Piergiorgio Caserini il 23 Oktober 2023
Aggiornato il 15 November 2023

Foto di Sara Scanderbech

A tutti sarà passato per la testa almeno una volta l’idea di poter cambiare vita, o quantomeno di desiderarne una diversa. Un desiderio spesso rubricato a fantasticheria, un po’ perché il vissuto è scritto nelle abitudini e nelle storie personali – convinzione che conduce spesso a un’idea di ineluttabilità – e un po’ perché richiederebbe un esercizio oltremodo faticoso, una disciplina e un metodo conditi con un pizzico di sofferenza e soprattutto un’idea di dove andare a parare.

Se il problema è il mondo e il mondo siamo noi, se il mondo è tutto sommato una nostra fantasia o una nostra credenza, da dove cominciare se non da noi stessi?

Come cambiare la propria vita è una domanda insomma che non ha risposte ma soltanto metodi e consigli: vale a dire tentativi, esercizi e orizzonti di realizzazione. Ed è partendo da questa domanda che l’artista Luca De Leva ha fondato Thyself Agency, un’agenzia viaggi che propone un trittico di esercizi volti a produrre dei cambiamenti abbastanza incisivi per mettere in crisi l’esistenza, per obbligare i viaggiatori a una riflessione profonda sulle maniere, gli stili e le posture delle proprie vite. Un po’ come Ignazio da Loyola invitava i monaci nei suoi Esercizi Spirituali al rivolgimento delle routine e delle cattive abitudini per avvicinarsi a Dio, Thyself Agency propone ai viaggiatori tre esercizi d’esistenza per vedersi altrimenti: lo scambio di vite, la settimana da nove giorni e gli occhiali.

 

vieni il 9/11 alle 19:00 da thyself agency per sapere come scambiare la tua vita

 

Thyself nasce insomma come viaggio taumaturgico in risposta allo sbaraglio delle vite e all’inconsistenza di molti vissuti, ovvero a quella mai soddisfatta richiesta di senso profondo che oggi trova raramente risposta. Lo si capisce da subito parlando con Luca, che prima ancora della storia dell’Agenzia cita un dato notevole dell’OMS: entro il 2030 il disturbo più diffuso tra l’umanità sarà la depressione. Facile da immaginare, difficile da digerire. Se il problema è il mondo e il mondo siamo noi, se il mondo è tutto sommato una nostra fantasia o una nostra credenza, da dove cominciare se non da noi stessi? – Questione che ripercuote così da un lato la massima socratica del «Conosci te stesso»; da un altro quel «Cambia la tua vita!» che Rilke sentì pronunciarsi dal torso di Apollo di Rodin (E questa pietra sfigurata e tozza / vedresti sotto il diafano architrave delle spalle, / e non scintillerebbe come pelle di belva, / e non eromperebbe da ogni orlo come un astro: /perché là non c’è punto che non veda / te, la tua vita. Tu devi mutarla); e dall’altra quelle pratiche ascetiche che ricercando la gestione delle proprie esistenze, delle buone e cattive abitudini, cosa che un aitante Peter Sloterdijk (in Devi Cambiare la tua vita!) vede dipanarsi nella storia tutta a partire dall’ascesi mistica fino alla più serrata contemporaneità: da Benedetto da Norcia ad Antonio Abate con Foucault e Nietzsche fino a De Coubertin e a Ron Hubbard, all’insegna della “de-spiritualizzazione delle pratiche ascetiche” della tarda modernità (aka: alla morte di Dio).

Cambiare casa, letto, tavolo e frigorifero, di cambiare luoghi e frequentazioni, di cambiare le maniere di scrivere mail, di rispondere e gli interlocutori, nonché gli abiti, mettersi insomma in gioco nella vita di qualcun altro come quel qualcun altro.

Ed eccoci quindi all’agenzia viaggi di Luca. Viaggi deputati a un percorso interiore, viaggi ascetici, viaggi che si compiono senza muoversi per chilometri, regioni o stati nazione, viaggi che ribaltano l’ordinario. L’idea di Thyself comincia nel lontano 2011, con il primo scambio di vita (forse il più clamoroso tra gli esercizi) in occasione di una residenza artistica di Luca a Beirut. Il progetto era una richiesta: voglio che qualcuno viva la mia vita e qualcun altro mi faccia vivere la sua. Si trattò allora di trovare un candidato, di scambiarsi le informazioni base delle rispettive identità (brevi descrizioni di sé come tratti particolari, caratteri, attività, giornate tipo…) e poi di cambiare casa, letto, tavolo e frigorifero, di cambiare luoghi e frequentazioni, di cambiare le maniere di scrivere mail, di rispondere e gli interlocutori, nonché gli abiti. Mettersi in gioco nella vita di qualcun altro come quel qualcun altro. Luca racconta di questo primo viaggio come l’esperienza di una crisi profonda, e quasi tutti i resoconti (più di trenta ormai) che si trovano sul sito di Thyself riprendono con particolare entusiasmo questo mancamento, che subentra puntualmente a distanza di qualche giorno. Un venirsi meno che occorre sempre e per tutti assieme all’ingresso di un “osservatore” terzo (quel che dà nome all’agenzia: il THY, che è il possessivo di seconda persona inglese in forma arcaica) e della facoltà di guardare – e giudicare – la propria vita da una prospettiva inedita, vale a dire esterna: dalla vita di qualcun altro.

C’è chi ha «Capito la vera profondità della persona con la quale mi stavo scambiando la vita»; chi che «Lo scambio di vita ti porta a vivere la giornata rendendoti conto dell’immensità di contenuti di pensieri che possiamo avere»; chi cominciava a percepirsi «da una prospettiva completamente nuova. Apprezzavo e amavo tutto ciò che avevo o non avevo costruito nella mia vita fin ora, frutto di libertà e scelte, giuste o sbagliate, che avevano plasmato il mio cammino e la mia personalità, che ora mi era diventata improvvisamente cara».

Il viaggio in questione è indubbiamente uno scandaglio in un abisso personale, e che comincia da quello che si potrebbe immaginare come un gioco di ruolo, un larping per cui tutto è inizialmente qualcosa di qualcun altro. Di qualcun altro è il partner, il cane, la libreria e la casella mail; di qualcun altro sono i gusti alimentari e le colazioni, i vestiti e gli amici e i colleghi finanche i genitori, di qualcun altro sono le abitudini, le ore di sonno e i taccuini. Per farvi degli esempi chiari: se scambiaste la vita con un atleta dovrete impegnarvi a sostenere gli stessi ritmi, come correre 10 km al mattino, mangiare proteine e avere gli stessi ritmi di sonno e veglia; se da fumatori scambiaste la vita con qualcuno che non fuma non dovrete fumare; se scambiaste la vita con qualcuno che ha l’abitudine di andare ogni sera nello stesso bar dovrete andare ogni sera nello stesso bar; se quella persona legge due ore ogni notte dovrete leggere due ore ogni notte, magari continuando il libro che quella persona, che ora impersonate voi, ha iniziato prima dello scambio. È vivere un vissuto già iniziato in altri universi privati.

«Questa città ci strozza, ma questa città siamo noi»

Quel che accade in questo viaggio è lungi dall’essere prevedibile. Una volta che si comincia non si sa mai bene cosa succederà – cosa che fa di quest’agenzia viaggi una vera agenzia viaggi –, soltanto si può immaginare dai resoconti degli altri. Si sa per esempio che nell’arco della settimana di viaggio è circa al quarto giorno che il senso d’estraneità decade, e il trasporto personale, l’opera magna di immersione e convincimento, inizia a farsi sentire: si diventa meno sé stessi e più qualcun altro, un mediano (l’osservatore) tra i due scambisti. Ci sono poi due “scambisti” che hanno fatto lo stesso sogno, c’è chi è stato colto da ricordi d’infanzia altrimenti sommersi, chi ha scambiato la propria vita con il proprio cane praticando il silenzio, due pasti al giorno (riso e fagioli, se ve lo steste chiedendo) e quel quarto d’ora d’aria per andare in bagno.

Un altro esercizio esistenziale è la settimana da nove giorni. Chi non ha mai desiderato avere più tempo a disposizione? L’esercizio vede una ripartizione delle durate di sonno e veglia per ottenere nove momenti di veglia, e allora nove giorni, da 18h e 40min (per cui: se si comincia alle 00:00 si va a nanna alle 12:40 e ci si sveglia alle 18:40 e via così). La descrizione sul sito è oltremodo splendida: «Dormiamo 6 ore al giorno, viviamo 9 giorni alla settimana e abbiamo perso il lavoro». Infine, gli Occhiali. Forse l’esercizio che più di tutti esprime con chiarezza quel THY, quella figura dell’osservatore. La strumentazione è fornita direttamente dall’Agenzia, e si tratta di un visore e una telecamera. L’uso lo potete immaginare: ci si guarda in terza persona mangiando, cagando, parlando, insomma nella giornata canonica.

Ognuno dei tre esercizi proposti da Thyself affronta perciò un ambito preciso dell’esistenza, una triade che Luca chiama “occhi”: identità (lo scambio di vita), lo spazio (gli occhiali) e il tempo (i nove giorni alla settimana). Nel mezzo ci sono i modi in cui un’esistenza si pensa. Così che le pratiche pensate, sperimentate e proposte da Thyself Agency rappresentano un’idea di viaggio che la modernità ha scordato: il viaggio interiore – in altre parole: un percorso di elevazione e perfezionamento che mira a cambiare il sé avendo ben chiara non una meta ma un malessere (la massima di Thyself Agency sul bigliettino è: «Questa città ci strozza, ma questa città siamo noi»), il tutto sperimentando l’impossibile e mettendosi in crisi per una settimana intera.

Tutti gli esercizi sono disponibili e attivabili all’attuale sede di Thyself (o contattandoli dal sito), aperta temporaneamente in via San Fermo 7 dal lunedì al sabato (15:00-19:00) fino al 9 novembre.