Ho trovato un grande silenzio sulle spiagge delle Fiandre, nella costa nord del Belgio. Mi si sono presentati alla vista ampi paesaggi ordinati e chiari, rarefatti, capaci di togliere il fiato per la loro grandiosità. Spiagge lunghissime e larghissime, orizzonti che sembrano non arrivare mai a un punto. Ampie campiture di un dipinto modernista nel quale sentirsi piccoli, arrivare a comprendere il sentimento del sublime e approcciarsi a una cultura balneare piuttosto diversa da quella mediterranea. Anche perché il litorale è talmente ampio da accogliere non solo stabilimenti (rari) e surf club, ma soprattutto installazioni artistiche interattive, sculture e strutture praticabili che costituiscono il permanente Beaufort Sculpture Park e la Triennale Beaufort, che cade a pennello proprio quest’estate.
Sono arrivata a Ostenda in un pomeriggio festivo che profumava di salsedine e di zucchero, sprigionato dai negozi di waffles sul lungomare. La città si apre a ventaglio, costeggiando una vastissima spiaggia ventosa, dove respirare aria fresca, fare il pieno di iodio e camminare a lungo (sentendosi molto salutari). Il clima, influenzato dal vento, cambia spesso e velocemente, non fatevi spaventare da qualche goccia d’acqua. Sono approdata proprio a Ostenda perché si colloca circa al centro dell’itinerario dell’attuale edizione della Triennale Beaufort, progetto artistico a lungo termine, che, dal 2003, ogni tre anni, dissemina opere d’arte e installazioni aperte, site specific e praticabili in diversi punti della costa fiamminga, senza invaderle ma a seguito di accurate riflessioni sui luoghi e fitti dialoghi con le cittadinanze locali. Oltre alle nuove diciotto opere prodotte nel 2024, e fruibili fino al 3 novembre, sono sempre visitabili le circa quaranta installazioni che sono entrate, tra un’edizione e l’altra, nel permanente Beaufort Sculpture Park, derivato dalla temporanea Triennale.
Non cercate inutilmente sulle mappe online, Beaufort non è un toponimo ma dà il nome al progetto, anche noto come Triennale du Littoral, che scorre lungo le meravigliose spiagge nordiche tra De Panne e Knokke-Heist, con rare incursioni nell’entroterra. Tutte le opere sono raggiungibili in bicicletta, in una combinazione di tram e passeggiate, o in macchina. Alloggiare a Ostenda, cittadina decorata da numerose opere di street art e che ha dato i natali al pittore James Ensor (al quale dedica una casa-museo), permette di spezzare il percorso in due giornate, una verso sud fino a De Panne, e una verso nord fino a Knokke. Ma soprattutto, Ostenda è facilmente raggiungibile in treno dall’aeroporto di Bruxelles. Calcolando l’intero insieme, tra Beaufort24 e lo Sculpture Park, sono visitabili oltre sessanta opere! Ma nulla impedisce di costruirsi un itinerario personalizzato, anzi.
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Il mio è iniziato appunto a Ostenda, dove per prima cosa ho cercato Pillage of the Sea di Rosa Barba, creata per Beaufort21: l’ho trovata a metà di una spiaggia, in attesa che si alzasse la marea. Pila di cuscini in cemento, è forte e fragile allo stesso tempo, parzialmente ricoperta di muschio laddove il mare arriva a coprirla. Passeggiando sul lungomare di Ostenda si iniziano a intravedere da lontano una piccola folla di elementi monumentali, dipinti di un rosso acceso, che il sole fa sembrare fiamme infuocate, che compongono Rock Strangers di Arne Quinze, per Beaufort12. Sono collocate in uno slargo pedonale, diventano parte integrante dei giochi dei bambini e dell’attraversamento di persone, monopattini e biciclette. Proseguendo la passeggiata fino al faro si giunge a Monument for a Wullok, di Stief DeSmet, ancora per Beaufort21. Una grande conchiglia cava nella quale si può entrare, immergersi nel buio e nel suo forte odore di mare e di rame (no, non è un typo). Dall’interno ricorda una campana, e il senso dell’udito è molto stimolato dalle vibrazioni metalliche. Sempre a Ostenda ma meno centrale, At the Mercy of Nature (Sisyphus Part X) di Marius Ritiu per Beaufort24 vale assolutamente una pedalata. Una maestosa roccia, che al tatto si scopre essere in metallo, cava e leggera, collocata in mezzo a un parco. Parte del fascino giace certo nel titolo, mito antico che pure sentiamo così attuale.
La mattina dopo ho iniziato a scendere verso De Panne. In bicicletta si percorre una pista ciclabile comodissima che raramente si allontana dalla spiaggia, e, in caso di pioggia improvvisa o stanchezza, le bici possono salire con voi sul tram (ma ricordate di fare un biglietto anche per loro!). Piuttosto suggestivo è il grande timone che si incontra a Middelkerke-Westende, The Navigator Monument di Simon Dybbroe Møller, realizzato per Beaufort18. Nella stessa area, sempre sulla spiaggia, troneggiano due grandissimi corni, come quelli che ricordiamo attaccati ai vecchi grammofoni. Avvicinandosi si nota una bronzea figuretta femminile che ascolta all’estremità: si tratta di I Can Hear It di Ivars Drulle. A pochi passi, semi-nascosta dietro una duna di sabbia, si slancia verso il cielo una forma organica gialla, Olnetop di Nick Ervinck. Sono state entrambe prodotte per Beaufort12.
Tornando indietro alla prima edizione della Triennale, nel 2003 Anne e Patrick Poirier hanno invece realizzato Acqua Scivolo, vicinissima oggi alla nuova All the words in the world di Jorge Macchi, che invita le persone a guardare il mare attraverso una grande sagoma di cemento di una tastiera da computer. La spiaggia accoglie inoltre The Herring di Johan Creten, altra opera del 2024, una monumentale donna che regge un pesce, protetta dalle dune di Sint André. Siamo tra Oostduinkerke e Koksijde (dove si trova anche un museo dedicato al pittore surrealista Paul Delvaux), appena prima di De Panne, dove si raccoglie un’alta concentrazione di opere, tra le quali spicca un divertentissimo polipo spiaggiato dove spesso i bambini si ritrovano a giocare. Si tratta di Touching to Sea You Through Our Extremities di Laure Prouvost, parte di Beaufort21. E così si è concluso il primo giorno.
Prima di arrivare a Zeebrugge, da Ostenda riparte il mio itinerario costiero che, nel secondo giorno, mi porta velocemente a De Haan, un borghetto pieno di deliziose villette liberty (una delle quali ospitò Albert Einstein nel 1933) dove raggiungo la spiaggia per cercare Eternity – Poseidon, di Xu Zheng per Beaufort18. Mentre è in un parco il perturbante Benjamin di Maen Florin. Opera parte di Beaufort21, raffigura un bambino in scala maggiore del reale, un moderno Pinocchio con grandi orecchie animalesche e uno sguardo malinconico, accucciato con le ginocchia strette al petto. Poco oltre si arriva a Blankenberge, vivacissima, dove Romain Weintzem ha collocato, per l’attuale edizione della Triennale, la sua Attentifs Ensemble sulla passeggiata che porta ad una rotonda sul mare, da cui si gode una splendida vista. Concludo in bellezza con il gigantesco camaleonte che permette ai bambini, ma anche agli adulti, di scivolare lungo la sua lingua: Ask the Animals, and They Will Teach You di Jeremy Deller troneggia al centro della piazza Van Bunnenplein di Knokke-Heist dal 2021. Anche se ho cesellato un itinerario in due giorni, un po‘ di tempo in più è assolutamente consigliato. Nei prossimi mesi le giornate saranno lunghissime e tiepide, potrete muovervi in bicicletta e fermarvi frequentemente per le opere della Triennale ma anche per fare un bagno, mangiare qualcosa o sdraiarvi sulla sabbia di quelle spiagge così straordinariamente vaste, che, sono certa, vi conquisteranno.
A proposito, poiché non di solo arte si vive, come si mangia sulla costa fiamminga? Un gran bene. Birre, crocchette di gamberetti o waffles zuccherosi saranno i vostri snack preferiti, ma non mancano locali più fancy che servono i pescati del giorno, o festaioli bar sulla spiaggia, soprattutto a Blankenberge e Knokke. Pochi consigli spassionati: per cena servono piatti deliziosi e non banali al Cultuurcafe De Grote Post a Ostenda, all’interno di un centro culturale la cui programmazione merita un controllo. Si trova a pochi passi da Moeder di Femmy Otten, anch’essa del 2024. In questa occasione la scultrice ha abbandonato il legno per un marmoreo autoritratto in cui si raffigura incinta e problematizza l’iconografia classica del nudo reclinato. Infine, per stare con i piedi sulla sabbia, orientatevi sui beach bar. Da Icarus Surfclub di Zeebrugge, in particolare, potrete godere di una vista splendida su De man die de boot zag, in de lucht di Jean Bilquin per Beaufort06 e la nuova Star of the Sea di Ivan Morison, piccolo tunnel labirintico in cemento (entrate, mi raccomando!). Produzione del 2024, fa parte anche della contemporanea Triennale di Bruges, costruendo un collegamento tra progetti artistici contemporanei della costa e dell’entroterra.
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