Quante volte siamo partiti DA ZERO?
Quante volte eravamo lì, abbiamo visto cambiare tutto ma ce ne siamo resi conto solo dopo, come se fosse successo per magia? Qual è il segreto?
Zero riparte dalla città, in un viaggio avanti e indietro sulla linea del tempo. Dagli ultimi 30 anni del passato, da cui sembriamo lontanissimi e da cui prendere il meglio. Dal presente in cui è impossibile andare avanti, è impossibile tornare indietro, in cui siamo immobili e soffriamo. Dal futuro che pretende immaginazione.
—
Luglio 2005.
Un gruppo di ragazzi* con un po‘ di esperienza nella produzione di concerti in Cascina Monluè ha appena preso in gestione un ARCI sull’Idroscalo, un luogo abbandonato da anni (qualcuno se lo ricorda come Riva Verde o Spider, forse), un’ex infermeria sulla riva meno battuta dal popolo della notte, abituato a frequentare Cafe Solaire, Punta dell’Est, Papaya, Samoa, Village… Tutti locali spariti, tutti tranne uno: il Magnolia, che quel luglio apre con quattro venerdì in collaborazione con altrettante realtà importanti e molto diverse della scena musicale e notturna milanese, una sorta di biglietto da visita di quello che succederà in futuro. La prima, preceduta da un bel diluvio – anche questo un classico di molti eventi all’aperto del Magnolia, ma il piacevole paradosso è che sono alcuni tra gli eventi meglio riusciti del locale – fu con Alioscia e Mr. T Bone, dopo ci fu l’elettronica dei mitici CCKZ, poi la serata con Kleopatra e infine Vito War. Trip hop, funk, techno, house, reggae, ska: essere trasversali, collaborare, non fissarsi sui generi musicali e sulle singole tribù („Dal tacco 12 alle Vans dello zio“**, dalle frangette ai fighetti, dagli zarri agli indioti, dai clubber ai rocker, dal metal al limone, e così via all’infinito, perché chi sta solo con i suoi simili non migliora mai), crescere gradualmente: tutte caratteristiche che hanno contribuito sensibilmente al successo del circolo culturale sull’Idroscalo.
Dal tacco 12 alle Vans dello zio, dalle frangette ai fighetti, dagli zarri agli indioti, dai clubber ai rocker, dal metal al limone, e così via all’infinito, perché chi sta solo con i suoi simili non migliora mai
A proposito: circolo culturale, nel caso del Magnolia, non è una definizione solo sulla carta; perché la cultura non è solo musei, mostre e letteratura, ma anche musica e divertimento. E lavoro: a testimoniarlo i numerosi corsi, molti gratuiti e con sbocco lavorativo direttamente all’interno dell’Arci, organizzati dallo staff (barman, tecnico del suono, datore luci, dj, eccetera). E sostenibilità ambientale (pannelli solari, niente bicchieri di plastica, niente cannucce). E civiltà: da sempre contro omofobia, sessismo e razzismo.
„In 4 mesi, da agosto a novembre, abbiamo fatto i lavori per lo spazio e con l’agenzia lavoravamo senza riscaldamento. In quel periodo è nato tutto. Poi abbiamo chiesto a 5 amici, che credevano anche loro nel nostro progetto, di prestarci 5000 € ognuno, per un totale di 25000 €, con la promessa che glieli avremmo ridati con 300 € all’anno di interessi. Tutto ciò per non passare dalle banche che non ci avrebbero mai finanziato. Cazzo, dopo il primo anno abbiamo ridato i soldi a tutti. Perché tutto è partito subito bene“**.
Evidentemente c’era bisogno di un posto così a Milano, anzi fuori Milano – dal punto di vista geografico il Magnolia appartiene al Comune di Segrate, per quanto poco abbiano senso queste divisioni – divisioni che, come abbiamo visto in questo periodo, rischiano di rinchiuderci all’interno di comuni, regioni e tra un po‘ di nuovo ducati, chi lo sa. „Un modello simile a quello dei centri sociali ma con una ragione sociale, e dunque una legalità in ogni aspetto. Senza nulla togliere all’idea e a quello che propongono, i centri sociali però nascono da un’idea diversa e principalmente politica. Noi non facciamo politica come i centri sociali ma cerchiamo di offrire un’idea di divertimento.
Considera che comunque non è stato facile. A Milano c’erano i locali fighetti o i centri sociali e noi ci siamo messi in mezzo: quelli dei localari erano ambienti in cui si suonava la commerciale (che poi pian piano si sono spostati verso l’elettronica), mentre nei centri sociali c’era grosso fermento musicale ma sotto alcuni aspetti erano e sono fuori da determinate norme e regole classiche: non hanno una ragione sociale, non hanno persone assunte… tutte caratteristiche che invece con l’associazione culturale e la gestione di un circolo Arci devi avere“.**
„A Milano c’erano i locali fighetti o i centri sociali e noi ci siamo messi in mezzo“**
Da quel luglio sono passati 15 anni, ed è un peccato non poterli festeggiare come si deve, magari con un bel festival con tutti gli ospiti che ci hanno fatto divertire dal 2005. Sono sicuro che sarebbero venuti tutti, e a maggior ragione dopo tutto questo casino. Io li elenco così un po‘ a caso, quello che ricordo e senza andare a controllare, abbiate pazienza ma la birra era sempre fresca e i drink carichi al punto giusto, e anche economici. I limoni e la musica bella del MiAmi Festival, tutte-le-edizioni-presenti, e quella volta, era il 2006, che ci hanno fatto scegliere un ospite per i dj set dopo i concerti e abbiamo saltato due metri in alto con il mitico Santos da Frosinone (giuro di aver controllato su internet per essere sicuro che sia successo veramente); la Magnolia Parade dei 10 anni con 2Manydjs, Motel Connection, Who Made Who, Apparat, Booka Shade, Bloody Beetroots (mai dormito così bene sotto un albero, non sono sicuro fosse una magnolia); Benjamin Constantine per pochi fortunati e, la stessa sera, James Holden & the Animal Spirits per ancora meno fortunatissimi (questo lo ricordo bene solo perché era il 2018); Dente che dopo il concerto mi firma una dedica in tedesco per mia moglie e mio figlio nato da pochi mesi, per cui era il 2009; tutte le volte della zia Ellen Allien e quelle non-sense di Spazio Petardo o del Limone Party (Rubi ci potrebbe scrivere diversi articoli con i messaggi che riceve il giorno dopo in cui lo pregano di non pubblicare foto di limoni inopportuni, NDR). O ancora le serate di Notte Italiana con Ralf, Coccoluto, Pastaboys, il concertone sold out di Caribou, per non parlare degli Autechre con la loro elettronica IDM; e che dire di quando Apparat è diventato uno di noi a un Lust Minute? E la domenica elettronica, altroché lunatica?
Poi ho sentito Cauz, perché va bene essere trasversali ma appunto io non è che riesca a fare tutto, ho anche una certa età ormai. E così anche lui mi ha raccontato alcune serate indimenticabili, e anzi mi ha fatto invidia perché lui si è divertito di più, o almeno così mi è sembrato, e si è ricordato talmente tante cose da metterle in ordine. Chapeau!
Melt Banana (maggio 2008)
Ancora in formazione a tre, ancora quando uno con la mascherina faceva scalpore sul palco. Concerto devastante, come sempre, ma il ricordo è l’affetto con cui Yako si era fermata a fine concerto al banchetto parlando con tutti quelli che si erano avvicinati anche solo per una domanda. Un’ora dopo il live era ancora lì che smazzava spillette.
Ovo e Nadja al MiOdi (giugno 2010)
Sotto il tendone nel cortile esterno, con ancora la luce del sole, un viaggio di droni pazzesco. Mi ricordo bene che alla fine, arrivata come un risveglio improvviso, tutti uscirono in silenzio dal tendone. Sembrava che tutti si fossero fumati un cilum (qualcuno sicuramente lo aveva fatto).
Unsane (27 giugno 2011)
Vale doppio perché era il mio compleanno. C’era un clima estivo, un po‘ scazzoso, con tanta attenzione alle birre quanto al live – che era su quella specie di piattaforma in mezzo al cortile interno. Questo all’inizio, poi spaccarono talmente tanto che dopo 20 minuti erano tutti ipnotizzati sotto il palco, tipo pifferaio magico.
Solomacello 2013
In generale quegli anni di MiOdi/Solomacello sono stati clamorosi, c’era un coinvolgimento e una partecipazione incredibile, era diventata quasi la festa di inizio estate per tutti. In quell’edizione mi ricordo lo sconforto di tutti quando un tizio cominciò a circolare fumando una sigaretta alla vaniglia, proclamata seduta stante la cosa meno metal di tutti i tempi. Non so se alla stessa edizione avevano fatto anche un concorso per chi riusciva a bere più birre in un minuto (o due minuti, non so), e uno si ingollò tre lattine contemporaneamente, poi cominciò a sputare schiuma dalla bocca e dal naso.
Public Enemy (luglio 2015)
Per festeggiare i suoi primi 10 anni il Magnolia regala al suo pubblico un evento extra ordinario. La data unica italiana dei Public Enemy, aka uno dei gruppi americani che ha più lasciato il segno su un certo immaginario Nineties del rap, non solo musicale ma pure come contenuti. Per dire quanto ancora siano attuali basta ricordare che dopo un live al fulmicotone Flavor Flav non voleva saperne di scendere dal palco. Chuck D e gli altri se ne erano andati da un pezzo, ma lui era ancora lì ad arringare il pubblico. Faceva alzare i diti medi e urlare “Fanculo il razzismo!” e “Fanculo il separatismo!”.
Don Caballero (novembre 2016)
C’era talmente tanta folla che pressava che la prima fila stava cadendo sul palco, così tutti alzarono le braccia e si appoggiarono al controsoffitto – che ai tempi era ancora più basso di adesso. Risultato: anni di attesa per vederli, coda fuori, biglietto pagato per vedere soltanto un muro di braccia.
Algiers 2016
Non ricordo bene quale, ma a un certo punto ci fu un problema tecnico. Il cantante tirò dritto fregandosene e fece un pezzo soul improvvisato che ho ancora la pelle d’oca.
Oxbow 2017
C’era una tizia in prima fila che continuava a far foto col cellulare. Sul palco dentro, quindi praticamente a 10 centimetri da loro. Eugene tra un pezzo e l’altro faceva i suoi soliti, magici, comizi… E a un certo punto la invitò a piantarla. Niente. Pezzo dopo, idem, e lei continua, Eugene glielo ripete di nuovo ma quella forse non sa l’inglese o forse è solo stronza, fatto sta che prima di attaccare il pezzo Eugene prende la mira e le tira un ceffone al cellulare facendo volare due metri più in là in mezzo al pogo.
Se siete arrivati fin qui, probabilmente non avete trattenuto una lacrimuccia. Fa un certo effetto pensare a un’estate dove la gente può riunirsi a guardare le frecce tricolori, applaudire il Presidente della Repubblica, manifestare con „inutili buffoni“, andare in spiaggia, nei parchi, ovunque ma i concerti no, o forse sì, mille persone, cento, dieci, fanculo. Un’estate senza Magnolia non è estate, a costo di aspettare il 2021.
*I soci fondatori, in rigoroso ordine di atto costitutivo, sono: Simone Ravasi, Andrea Ricci, Daniela Amati, Riccardo Negri, Paolo Pesenti, Sabrina Bottari, Giovanni Segattini, Fabrizio San Pietro, Francesco Collinelli, Daniele Torza, Marta Ghezzi, Stefania Virone, Lorenzo Minunno, Andrea Pontiroli, Stefano Dal Vecchio. Il presidente e vicepresidenti attuali sono Nicholas Tozzo e Stefano Ravanelli.
**Intervista a Riccardo Negri, Zero, 27/06/2015