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Carlotta Cerquetti e la Linfa di Roma Est

Carlotta Cerquetti è l'autrice di uno dei documentari che meglio hanno saputo fotografare la scena artistica di questo angolo di città, raccontandola in chiave resistente e al di là degli stereotipi di genere.

quartiere Pigneto

Geschrieben von Nicola Gerundino il 7 Juni 2023
Aggiornato il 12 Juni 2023

Carlotta Cerquetti

Wohnort

Roma

Attività

Regista

Cinque anni fa Carlotta Cerquetti ha imbracciato una telecamera e ha iniziato a raccontare cosa stava succedendo da un punto di vista artistico e creativo – con la musica a fare da filo conduttore nella raccolta delle storie – nella cosiddetta zona (e scena) di Roma Est. Il documentario ha subito preso una direzione precisa, con un focus che ha messo da parte la sfera maschile e si è andato a concentrare su quella femminile, scavalcando qualsiasi dogmatismo. Una celebrazione del fare rete, del resistere e respingere modelli chiusi e dominanti, siano essi di genere, lavoro o vita in assoluto. Una ribellione che parte dal corpo per trovare la sublimazione massima nell’arte. Il racconto dei racconti di Lola Kola, Maria Violenza, Lady Maru, Federica Tuzi, Merel Van Dijk, Lilith Primavera, Jonida Prifti, Iva Stanisic, Erika Z. Galli, Martina Ruggeri, Silvia Calderoni.

Come e quando nasce l'idea di un documentario dedicato ad alcune protagoniste della scena artistica tout court di Roma Est? Conoscevi già i lavori di tutte le persone raccontate da “Linfa” o alcuni li hai scoperti strada facendo?

Quello che da sempre mi ha spinto a realizzare documentari è stato il desiderio di conoscere meglio persone, luoghi e situazioni che stimolavano la mia curiosità. Per me che sono di Roma ma che ho sempre approfittato di ogni occasione per scappare altrove, la zona di Roma Est, nello specifico il territorio tra Pigneto e Torpignattara, era veramente poco conosciuto fino a una manciata di anni fa. Poi, grazie a Francesca Bianchi, una mia amica che gravita nel mondo di Pescheria, un minuscolo locale di via Galeazzo Alessi dove ci si immerge nella buona musica e si coltiva il piacere della condivisione, ho scoperto alcune artiste che da subito mi hanno colpito. Da lì ho lasciato che una situazione mi portasse a un’altra, e che una persona mi connettesse in qualche modo a quella successiva. Per fare questo documentario non ho usato un approccio razionale, ma uno decisamente più istintivo: è stato un lusso che mi sono potuta permettere dal momento che “Linfa” l’ho praticamente realizzato tutto da sola, prendendomi i miei tempi sia al momento delle riprese che successivamente in fase di montaggio.

Quali sono secondo te i tratti comuni di tutte le storie che hai raccontato attraverso “Linfa”? Complessivamente qual è il messaggio che possono dare?

Le protagoniste di “Linfa” sono l’esempio tangibile dell’esistenza di numerose altre possibilità al di fuori dei modelli dominanti. Altre possibilità per le donne, altre possibilità oltre le categorie di genere stabilite, altri modi di vivere lontani dagli stereotipi e anche dalle aspirazioni mainstream. “Linfa” parla dell’importanza di fare quello che ci appassiona, anche a costo di arrangiarsi e andare avanti con pochi mezzi. Parla dell’importanza di essere come vogliamo, senza inseguire quegli standard prestabiliti che ci vengono inculcati fin dalla nascita e a partire dai quali ci viene detto in maniera rigida cosa sia la mascolinità e cosa invece la femminilità. A rivederlo oggi, mi sembra che “Linfa” abbia colto un momento di cambiamento importante e che abbia affrontato temi che poco dopo sono divampati nel dibattito pubblico.

Da un tuo punto di vista strettamente personale, quando e come si può essere liberi di essere ciò che si vuole e quali sono, sempre per te, i segni riconoscibili di questa libertà? Il rapporto tra arte e libertà poi, richiama inevitabilmente altre parole come impegno e politica. Secondo te “Linfa” può essere considerato un documentario “politico”?

Assolutamente sì, ti rispondo con alcune parole scritte da Anna Uras di Radio Città Fujiko (Radio Città Fujiko è un’emettiente alternativa e storica di Bologna, che trasmette da oltre 40 anni sui 103.1, nda): “Linfa” è un film politico, perché politici sono i corpi ripresi dalla telecamera di Carlotta Cerquetti e politica è la loro esistenza. Volendo allargare lo sguardo, in un mondo che talvolta è palesemente misogino e omotransfobico, Linfa è anche un film “resistente”. E lo è non solo perché offre immaginari diversi, ma perché, in modo ancora più rivoluzionario, si limita a raccontare quelli che esistono già”. Ecco, mi sembra che le sue parole esprimano molto bene l’aspetto politico del film.

Hai voluto raccontare più delle storie artistiche o delle storie femminili? O Questi elementi sono andati di pari passo?

Da un punto di vista “tecnico”, diciamo che si è trattata di una scelta obbligata e dettata dal fatto che, girando tutto da sola, mi sono ritrovata per forza di cosa a dover restringere il campo del racconto. A quel punto ho pensato che, se per una volta fossero stati gli uomini a essere in secondo piano, non sarebbe stato certamente un dramma! Il risultato quindi è stato che le protagoniste di “Linfa” sono donne e persone trans o non binarie,

Come abbiamo già detto in precedenza, “Linfa” è una testimonianza filmica radicata a Roma Est, nella zona del Pigneto. Come prima cosa ti chiedo che relazione hai con questa parte di Roma. Il Pigneto è il tuo quartiere? Come lo vivi? Qual è la tua rete al suo interno?

Il Pigneto non è il mio quartiere nel senso più stretto del termine, ma è il quartiere dove voglio andare se esco la sera. Se voglio sentire musica, se voglio vedere facce che mi piacciono. Anche se ormai, a causa di alcune dinamiche di gentrificazione, e a eccezione di alcune roccaforti come Tuba, Fanfulla o 30Formiche, per trovare la comunità artistica di Roma Est ormai tocca andare ancora più a est!

A posteriori, per quella che è stata l' esperienza che hai avuto ascoltando le storie poi racchiuse nel documentario, “Linfa” sarebbe potuto nascere in un'altra zona di Roma? Te lo chiedo anche se immagino di sapere già la risposta...

La linfa è il fluido vitale che ci tiene vivi: è dentro di noi e potrebbe essercene ovunque. Ma per tenerci vivi non bastano i ristoranti e i bar: serve l’espressione creativa, artistica. Serve la musica. Serve però anche il senso della comunità e della solidarietà. Al Pigneto c’è, e c’è storicamente, dai tempi in cui in questo quartiere affluiva l’immigrazione dal Sud Italia.

Hai mai pensato di girare un secondo episodio di "Linfa" in un altro quartiere di Roma?

Certo, ci ho pensato. Anzi, me lo hanno anche proposto in forma di serie. Ma mi piace cambiare: le mie curiosità sono infinite.