La scorsa estate il MACRO ha fatto volare un aereo leggero lungo le coste laziali, facendogli sventolare su e giù alcuni banner ideati dall’artista contemporaneo Lawrence Weiner. Chi ha passato agosto 2020 sulle spiagge tra Ladispoli e Anzio ha potuto godere di questa performance dal vivo, tutti gli altri ne hanno avuto contezza tramite l’archivio fotografico realizzato da Claudia De Nicolò, appostata tra le dune a scrutare l’orizzonte in cerca di aerei come lungo la Manica nel 1940. Il 2020 è stato un bell’anno per Claudia: assieme a Bianca Trevisani ha aperto a Garbatella KOBO, uno studio aperto alla creatività più ampia ma che ha la fotografia al suo centro, e il suo progetto „I pupi“, realizzato a quattro mani con Roberta Gigliotti e con protagonista lo stesso quartiere, è stato pubblicato sul primo numero di Perimetro Roma. Abbiamo riavvolto il nastro in questa intervista, parlando anche di città e di progetti futuri, con un 2021 che già si è aperto con una collaborazione con la Lovegang.
Per iniziare questa intervista facciamo un piccolo esperimento spazio-temporale. Manteniamo un luogo fisso, Garbatella, ma andiamo indietro nel tempo per raccontare come il tuo lavoro si è rapportato a questo quartiere. Partiamo dallo scorso febbraio, quando al Contemporary Cluster è stato presentato il primo numero di Perimetro Roma con un progetto che ti vede protagonista, "I Pupi".
Questo progetto è nato come la maggior parte dei miei lavori di street photography: per caso! Mi ha contattata Roberta Gigliotti, che poi si è dedicata alla scrittura dei testi, chiedendomi se mi andasse di collaborare a una call lanciata da Perimetro: io avrei dovuto scattare delle fotografie su Roma, lei avrebbe sviluppato una storia scritta. Abbiamo iniziato a girare per Garbatella e ci siamo ritrovate praticamente in una dimensione parallela. Era la scorsa estate e Roma era deserta: è stato un tuffo nel passato. Il nostro progetto e è stato poi scelto e pubblicato sul primo numero cartaceo e online della rivista, dedicato alla città e ai fotografi di Roma.
Avevi già realizzato degli scatti riguardanti i ragazzini di Garbatella?
Sono nata qui e la mia famiglia è qui da generazioni perciò Garbatella è il mio soggetto da quando ho iniziato a scattare; però no, non mi era mai capitato di dedicarmi a qualcosa o qualcuno in particolare all’interno del quartiere.
Che ricordi hai della tua infanzia nel quartiere?
Ricordo soprattutto le estati; giocavo sempre con mia sorella in cortile insieme agli altri bambini del vicinato. Passavamo da un lotto all’altro e sembrava di vivere in un paesino. Ricordo che per moltissimi anni ho pensato di vivere davvero lontano dal resto città; non avevo ancora una percezione del mondo matura evidentemente, ma il centro mi sembrava davvero lontanissimo.
Hai trovato qualcosa nei "pupi"di oggi che ti ha ricordato la tua infanzia?
Tutto! È questo che mi ha spinta a dedicarmi ai bambini. Per tanti anni si era persa l’abitudine di giocare nei lotti. Crescere in un ambiente come questo ti insegna a vivere e condividere tanto con le persone del quartiere. È una cosa fondamentale perché capisci l’importanza di ogni singola persona all’interno di un contesto di comunità.
Qualche mese prima di Perimetro hai aperto, sempre a Garbatella, il tuo studio, KOBO. Ce ne puoi parlare?
KOBO Studio è nato nel luglio 2020a. È strano perché per molti anni ho cercato di „evadere“ da Garbatella – e anche da Roma – per scoprire nuove realtà, ed è stato fondamentale per me allargare gli orizzonti. Ora però ho qui finalmente uno spazio mio, in cui dar vita ad un sacco di progetti e dove far nascere ogni giorno nuove collaborazioni. È un grande traguardo per me.
Erediti uno spazio "glorioso", che ne ha viste di cotte e di crude!
So dai vari racconti del quartiere che questo spazio è stato tante cose. Molti anni fa probabilmente una pescheria e poi negli anni 90/2000 so che è stato un locale quasi a “luci rosse”. Mi fa ridere perché capita spesso che le persone mi raccontino di averci passato serate di quelle che non dimentichi! Oggi è un luogo ancora diverso. Ho aperto lo studio insieme a una mia amica e collega fotografa, Bianca Trevisani. Qui da KOBO si sperimenta, si crea e si scambiano idee. Abbiamo uno spazio su strada in cui lavoriamo in coworking, con anche una scrivania che affittiamo mensilmente; al piano di sotto invece ci sono la sala posa e la camera oscura. Prossimamente ci piacerebbe iniziare a fare dei corsi di fotografia base e di sviluppo e stampa fotografica. È il nostro studio ma ogni giorno è un viavai di persone che orbitano intorno all’arte, alla musica e alla creatività, con cui lavoriamo e progettiamo in continuazione.
Facciamo ancora un salto indietro e arriviamo al 2019. In quell'anno hai partecipato a una rassegna di fotografia sicuramente molto importante per il quartiere, ma riconosciuta e apprezzata in tutta Roma, Garbatella Images.Che progetto avevi presentato e cosa lo aveva ispirato?
Per Garbatella Images ho realizzato un footage: una serie di immagini e video disposti cronologicamente dagli anni Trenta a oggi a formare un racconto. Ho utilizzato materiali di repertorio uniti ad altri realizzati da me o raccolte tra gli abitanti di oggi. È stato un esperimento e devo dire che sono rimasta molto soddisfatta.
Finito l'esperimento, ti faccio qualche ultima domanda sul quartiere. Che rapporto hai con Garbatella oggi che ci lavori e la vivi tutti i giorni. Cosa ne pensi e come la vivi?
Sto cercando casa qui e ho detto tutto! La sto riscoprendo e apprezzando ogni giorno di più. Da bambina e anche da adolescente pensavo che mio padre fosse pazzo perché lui è nato e cresciuto nella casa in cui ho sempre vissuto anche io e dove ancora oggi vive insieme a mia madre. L’ho sempre trovato assurdo e invece oggi lo apprezzo tantissimo. A volte penso che mi piacerebbe vivere in quella casa con la mia famiglia, nonostante ci abbia già passato buona parte della mia vita. È qui che ho scattato le mie primissime fotografie, ma anche il luogo dal quale ho sentito per tanto tempo il bisogno di fuggire. Solo dopo essere stata “via” per tanto tempo ho avuto il piacere di apprezzarlo fino in fondo.
Quella di Garbatella è una dimensione sociale e urbanistica che soprattutto nell'ultimo anno di pandemia si è rivelata preziosa ed è perfettamente rappresentata dalla libertà "antica" che i "pupi" che hai ritratto mostrano di godere. È un qualcosa che hai ritrovato in altri quartieri di Roma o in quartieri di altre città dove hai vissuto o lavorato?
Roma è una città ancora culturalmente popolare. Ci piace stare insieme e creare la nostra comunità. Oggi ovviamente non è facile come una volta che si creino certe situazioni, ma Garbatella è avvantaggiata dalla sua struttura di città giardino e anche dalla grandezza e dalla posizione del quartiere. Tanti altri quartieri popolari invece sono stati inglobati dal centro; penso a Trastevere o a Monti. Spero che Garbatella mantenga intatta la sua identità popolare e che il centro non si allarghi fino a rendere anche questo un quartiere turistico e di passaggio.
Quanto conta la dimensione città nel tuo lavoro?
Tantissimo. Amo stare in città, se vivessi in un altro posto probabilmente sarebbe tutto diverso. Roma, come tutte le altre metropoli, non è solo una città ma un modo di vivere. È cultura e tradizione e c’è tanto di questo nel mio approccio al lavoro e alla fotografia. In ogni caso, non escludo che prima o poi mi ritirerò da qualche parte nel mondo…
Quanto conta invece la dimensione social? Quando scatti pensi sempre che si tratta di lavori che saranno condivisi in qualche modo o riesci a tenere separate le due cose?
Quando scatto per progetti come „I pupi“ in realtà non ho mai completamente idea di quello che sto facendo: mi piace lasciarmi andare per studiare solo dopo un modo per mettere insieme quello che ho realizzato. Condividere mi piace, sicuramente, e mi rendo conto anche che per me il riscontro e il giudizio delle persone è importantissimo: ho bisogno di capire la percezione che hanno, al di là di quello che fanno nella vita, della mia fotografia.
Che rapporto hai con Instagram?
Un rapporto di amore e odio direi, come tutti… Penso che sia un mezzo potentissimo che potremmo sfruttare meglio. Provo a far trasparire tutto di me senza nascondere niente, mi piace esprimermi e cerco sempre di dare qualche consiglio a chi ha le mie stesse passioni e i miei stessi interessi.
Cosa ne pensi di Roma rispetto alla fotografia?
Purtroppo credo che a Roma ci siano ancora pochissimi fotografi e mi auguro che in futuro saranno di più. In ogni caso credo che Roma stia cambiando tanto in questi anni, speriamo di fare la differenza e portare qui nuove realtà. Per ora non ho intenzione di andarmene, anche se so che da diversi punti di vista, tra cui quello del mio per percorso professionale, potrebbe essere una svolta positiva. Sono troppo affezionata a questa città, tipo Totti con l’AS Roma: non ce la faccio ad andare via! Insomma, spero di far parte di una comunità di artisti che porti un po’ di freschezza in questa città.
A cosa stai lavorando ora?
A tante cose diverse, come sempre. Non mi piace dare una confine netto al mio “lavoro”: colgo le occasioni che mi arrivano per mettermi alla prova. Ho studiato fotografia ed è la mia attività prevalente, quella che vorrei continuare a coltivare per tanto tempo, ma di là della fotografia ho tanti altri altri interessi, per questo mi capita spesso di mettere le mani in pasta in tante cose, spesso anche sconnesse tra loro.
In futuro ti piacerebbe realizzare un altro progetto su Garbatella?
Lavorerò per sempre su questo quartiere: è ciò che conosco meglio e da più tempo; qui ci sono le mie origini e le mie radici, tutto ciò che sono dipende dal quartiere in cui ho passato i primi anni della mia vita. Sicuramente continuerò a lavorare al progetto dei „Pupi“ ancora per un bel po’. Spero di far uscire presto nuove foto.