Classe 1980, Davide Bongianni (noto al cyberspazio con lo pseudonimo di @davidepiantala) è l’anima green del quartiere di Calvairate. Metà fiorentino e metà americano, nasce come comunicatore in ambito sanitario e oculistico, ma nelle sue vene scorre linfa da sempre. Osservare e ascoltare sono due delle sue passioni, avere dei ricordi una vitale necessità. Con le piante riesce a creare profondi legami, sintonie che spesso diventano terapeutiche per corpo e anima.
«Più alberi in città significa anche temperature più vivibili in estate: perché aspettiamo tanto?»
Dicono che per ognuno esiste una o più piante che lo rappresentano in diverse fasi della vita. Riusciresti a descrivere l'infanzia, giovinezza ed età adulta?
Non ci avevo mai pensato. O almeno, non in questi termini. Interessante. Ci sono alcune piante che lego in modo particolare alla mia infanzia. Un albero di fico, Ficus carica, nel giardino dei miei zii nelle campagne di Procchio, all’isola d’Elba. Sembrava sempre sul punto di spezzarsi in due. L’ho rivisto questa estate, dopo più di vent’anni, ed era ancora lì. Nero e ingobbito, pieno di foglie e piccoli fichi pronti alla maturazione, semplicemente perfetto. Poi ci sono gli abeti della foresta di Vallombrosa, in prevalenza Abies alba, abeti bianchi. Da piccolo ero convinto di avere poteri magici e di poter parlare con la natura, ma soltanto in quella foresta.
Avevo vent’anni e vivevo da poco a Milano, scoprivo la città. Camminando lungo i bastioni di Porta Venezia fui colpito in testa da una castagna matta caduta da uno degli ippocastani del viale. Fa un male cane, un po’ come la Milano di quegli anni per chi vi era appena arrivato. Aesculus hippocastanum è decisamente l’albero della mia giovinezza. Lo adoro.
Le piante della mia vita di adulto, oggi, forse sono troppe. A Vallombrosa ci sono faggi millenari meravigliosi. Altre specie arboree che si trovano un po’ ovunque a Milano: Sophora japonica, che cresce spigolosa ma si muove con delicatezza infinita, Celtis australis dal tronco grigio e durissimo che sembra zampa d’elefante, alcuni aceri…
Nell’ultimo anno c’è stato un grande ritorno, specie da parte dei giovani, alla vita rurale. Da dove nasce secondo te questo bisogno? Ti ritrovi in questa nicchia?
Lo stai chiedendo ad uno che da almeno tre anni sta cercando la casa dei suoi sogni in campagna. Amo l’idea di un grande spazio all’aperto tutto per me. Con l’orto, qualche gallina, le oche, il cane, un ciuchino e una capretta, l’odore della legna nel camino e tutti gli altri luoghi comuni. Comprendo bene la recente necessità di molti. La pandemia ci ha costretti a passare improvvisamente molti mesi chiusi in casa. Mesi in cui, a casa nostra ad esempio, ci siamo accorti di quanto siamo fortunati ad avere un piccolo spazio all’aperto: freddo o caldo che fosse, ci abbiamo passato praticamente tutto il tempo libero dal lavoro. Molti dei nostri vicini non avevano neanche un balconcino da cui potersi affacciare e so che ne hanno sofferto. C’è poi una diffusa necessità di riavvicinamento al verde: alcuni studi ci dicono che sia un amore ancestrale quello fra noi e le piante, una dipendenza indistruttibile anche se a lungo assopita.
Hai un terrazzo ricco di specie che curi con tantissima minuzia e che ci racconti sui social, da dove nasce la tua passione?
In realtà non ci metto tanta minuzia. Il troppo amore può uccidere quando si tratta di piante, così ho sperimentato in passato e così mi è stato insegnato. Quindi il terrazzo è diventato una specie di agglomerato di verde disordinato. Da dove nasca questa passione non saprei, di preciso. Mio padre, ex ispettore forestale ed accanito camminatore, ci ha sicuramente messo del suo citando sempre la tassonomia di ogni singola pianta incontriamo, ovunque andiamo. Le conosce tutte. Poi mi interroga ed io il più delle volte non so cosa rispondere. Anni fa ho scoperto che prendermi cura delle piante mi permetteva di godere di tempo sano tutto per me. Un po’ come la meditazione. L’ho detto all’inizio, è terapeutico. Forse nasce tutto da qui.
I nonni ci hanno sempre parlato di pollice verde, di cosa si tratta e come si mette in pratica?
Non so se esista davvero. Certamente non esiste il pollice nero. Bisogna essere attratti dalle piante e averne rispetto. Osservarle a lungo. Questo insegna anche ad avere pazienza. E ne serve molta, a volte. Poi si può studiare un po’, chiedere consigli, visitare gli orti botanici. Si sbaglia, magari, ma così si impara.
Grazie al digitale e al delivery ora tante realtà ti spediscono le piante a casa in pochi giorni, cosa ne pensi di questa digitalizzazione della flora?
Questo argomento meriterebbe una tesi di laurea. La realtà produttiva del vivaismo ornamentale non è, tranne rare e bellissime eccezioni, così green come si potrebbe pensare. Soprattutto per quanto riguarda la produzione ed il commercio delle piante da interno. Il consumo di acqua, fertilizzanti, pesticidi e risorse per il trasporto è senza dubbio notevole. Online si trovano più facilmente piante considerate rare o che, semplicemente, sono il trend del momento su Instagram o Pinterest. Costano un’occhio della testa e non sempre gli shop a cui ci si rivolge sanno rivelarsi affidabili. Premesso questo, il consiglio è quello di studiare come curare la pianta che si vuole acquistare prima di ordinarla, anche per capire se saremo davvero in grado di prendercene cura. E rivolgersi a shop seri e riconosciuti, in Italia non mancano.
Usciamo dall’abitazione e immergiamoci nella città, come vivi il verde a Milano?
Percorro 10 km al giorno a piedi per andare e tornare dal lavoro: se non ci fosse il verde non ci riuscirei mai. Trovo che Milano sia una città abbastanza verde, nonostante il pregiudizio la descriva sempre triste e grigia. Dai parchi più o meno noti ai numerosissimi viali alberati, fino ai tetti piantumati, il verde in realtà non manca. Si può fare molto di più, sicuramente. A cominciare dal rispetto che dovremmo avere tutti noi, dal basso, per le aree verdi che frequentiamo. Una manutenzione più attenta, poi, aiuterebbe ad apprezzare di più il verde comune.
Come ti immagini la città e il binomio metropoli - spazi verdi nei prossimi anni?
Spero che si andrà davvero nella direzione di aumentare esponenzialmente la presenza di verde, soprattutto di alberi, in città. L’iniziativa di Forestami ad esempio è molto bella e coraggiosa. Riuscire a piantare 3 milioni di alberi in dieci anni è uno sforzo che potrebbe fare molto bene a Milano e all’aria che respiriamo. Più alberi in città significa anche temperature più vivibili in estate: perché aspettiamo tanto?
Se potessi rendere verde uno spazio della città in cui vivi, quale sarebbe e cosa faresti?
Il nostro quartiere ha diverse aree verdi molto interessanti e piene di potenziale. Penso a Piazza Insubria, Piazzale Martini, il Parco Alessandrini ed anche il Giardino Candia in via Colletta. Spero davvero che il progetto di rivalutazione dello Scalo di Porta Romana porti alla realizzazione di un significativo polmone verde della città. Sarebbe bello se anche una parte dell’area oggi occupata dall’Ortomercato, un giorno, venisse convertita in un grande parco pubblico. Magari insieme all’area di Porta Vittoria. Riuscire a collegarle tutte con percorsi ciclopedonali sarebbe un sogno. Fosse per me, allestirei aree per gli impollinatori in tutti i parchi della città, con il coinvolgimento diretto delle scuole. In questo senso, sono interessanti alcuni esperimenti in corso, come ad esempio la Apistrada dei fiori del Parco Nord.