YouTube, tv, Netflix e ora RaiPlay: qualsiasi sia il mezzo, Edoardo Ferrario ha ridefinito la comicità romana dell’ultimo decennio. Dopo aver esordito in TV con le sorelle Guzzanti – ed esserci poi tornato con „Quelli che il calcio“ – il comedian si è fatto conoscere su YouTube prima con „Esami – La serie“ e poi con „Post Esami“: molte frasi dei suoi personaggi fanno parte di un certo „corredo memetico“ che passa per Hipster Democratici e anche del linguaggio quotidiano di molti suoi fan. Merito non solo delle capacità imitative, ma soprattutto di uno spiccato spirito di osservazione che gli permette di portare in scena storie e pensieri di diverse generazioni. Se la stand up comedy italiana sta riuscendo a uscire dalla nicchia, molto va attribuito anche allo stesso Ferrario, primo italiano con uno special su Netflix, „Temi caldi“. Ora Edoardo è su RaiPlay con il programma „Paese reale“, ma in questa intervista gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua Montesacro, il quartiere che da qualche anno è diventato la sua nuova casa.
Da dove vieni e da quanto sei a Montesacro? Come mai hai scelto questo quartiere?
Sono nato a Balduina, dove ho vissuto per i miei primi 25 anni, poi mi sono trasferito a Monteverde per un anno e infine sono arrivato a Montesacro: ci vivo da più di cinque anni. È un quartiere bellissimo che prima non conoscevo per niente e dove in realtà sono capitato un po’ per caso. Ricordo che quando ero più piccolo sono passato con un mio amico in motorino sotto gli archi di Piazza Sempione e ho pensato che fosse un posto assurdo: non sembra per niente una piazza romana. All’epoca mi capitava di frequentare il Brancaleone ma avevo pochissimi ricordi del quartiere. Ora ne sono davvero innamorato e farei molta fatica a lasciare Città Giardino.
Come hai visto cambiare il quartiere da quando ci vivi?
Mi sono trasferito qui nel momento in cui stavano aprendo tutti i locali che poi avrebbero spopolato. Aveva inaugurato da poco Mezzo Litro, Comò Bistrot c’era già, al posto di Rino c’era Saporiti che era un locale per famiglie. C’era il Sofa, che ora non esiste più, ma praticamente mancavano all’appello il Bootleg, Twenty 2.0., la Schiacciateria, Anchimò. Abbiamo visto praticamente il quartiere esplodere, nel bene e nel male. Chi ci abita da più tempo ti direbbe che dieci anni fa non c’era proprio niente.
C’è qualcosa che secondo te distingue Montesacro dal resto di Roma?
Il senso di protezione che ti dà quando arrivi: è un po’ un’isola felice dentro la città. Quando torno a casa – magari dopo un’intensa giornata di lavoro – arrivo a Piazza Sempione, svolto per viale Gottardo e mi sembra di respirare. C’entrano sicuramente la conformazione architettonica con i villini, la presenza dell’Aniene e la densità abitativa abbastanza bassa: sembra più un paesino in cui tutti si conoscono e soprattutto dove è comodissimo parcheggiare, una cosa che a Roma è impagabile. Una dimensione intima che in tanti altri quartieri non c’è. Ora infatti è venuto ad abitarci anche mio fratello Mostro.
Ci sono dei "simboli" a cui sei affezionato o che trovi particolarmente rappresentativi?
La Riserva Valle dell’Aniene: un parco incredibile dove in certi punti ti sembra di stare in Louisiana. L’Aniene è un fiume particolarmente “vissuto” dal quartiere, molto più rispetto a quanto venga vissuto il Tevere nel resto della città. Avere un polmone verde così vicino a casa migliora la vita. Poi anche il “Ponte Vecchio” è molto rappresentativo.
Punti di forza del quartiere?
Fra i punti di forza, oltre a ciò che ti ho già elencato, c’è sicuramente la presenza di tantissimi servizi e negozi a dimensione familiare: c’è il macellaio, la farmacia, il negozio che fa ogni giorno la pasta fresca, il bistrot per un pranzo al volo. Il rischio diventa quello di spostarsi poco nel resto della città.
Una “sindrome da Pigneto” insomma.
Sì per certi versi ti assorbe come il Pigneto, ma non ci sono né la Prenestina né la Casilina, quindi hai l’impressione di vivere in un posto con l’aria più pulita: l’influsso della Riserva dell’Aniene si sente eccome. Rispetto al Pigneto però attrae meno persone da fuori Roma e, se vuoi, non c’è il cliché di chi va a vivere al Pigneto per fare cinema o musica.
Invece le criticità?
Il Ponte Tazio è un po’ la croce e delizia del quartiere: quando lo fai per tornare a casa ti dà quella sensazione di relax, ma se devi andare con la macchina nel resto della città certe volte rischi di rimanerci bloccato per tanto tempo, soprattutto in orario lavorativo. Per fortuna c’è la metro a Conca d’oro – nonostante la scarsa frequenza della B1 – e anche un buon numero di linee di bus. Recentemente hanno anche aperto la pista ciclabile. Viale Gottardo adesso è un delirio, è diventato una sorta di corrispettivo dell’Isola Pedonale del Pigneto, ma in un posto che non era per niente abituato a una dimensione così notturna.
Cosa pensi che manchi a Montesacro?
Escludendo Porta di Roma, praticamente c’è solo un cinema di due sale per un quadrante che ha centinaia di migliaia di abitanti. Manca poi un comedy club e in generale un locale di riferimento per concerti o eventi che riesca a colmare l’assenza del Brancaleone di questi ultimissimi anni. Infatti non sono mai riuscito a esibirmi a Montesacro, ho solo presentato il mio libro “Siete persone cattive” da Sinestetica. Se poi riaprisse l’Horus a Piazza Sempione sarebbe davvero fantastico.
Quali sono i luoghi che frequenti di più, quelli di fiducia che raccomanderesti?
Recentemente ho provato Vinea, che è un ristorante davvero ottimo. Comò Bistrot è forse il mio posto preferito, seguito da Rino. Ero cliente fisso di Dondolo, che mi manca tantissimo e purtroppo ha chiuso da qualche tempo per alcuni problemi strutturali (e speriamo sempre che riapra a breve). Poi vivo di gelati di Gori. Il miglior pranzo a Montesacro è sicuramente da Le Petit Bio, che fa piatti buonissimi, principalmente veg, ma il venerdì fanno anche il pesce; la proprietaria prima aveva Naturist in centro, il primo macrobiotico di Roma. Hostaria Menenio Agrippa è una goduria: una delle ultime autentiche trattorie romane. Consiglio anche Dolmen, ristorante sardo ideale se ami il pesce. Volendo poi ci sono tutti i locali di Pietralata e Tufello, che pur avendo entrambe una loro identità e una loro autonomia in qualche modo vengono vissuti come un prolungamento naturale del quartiere.
Qual è l’essenza di Montesacro?
È un quartiere che ti accoglie per sua natura, che ti fa sentire a casa e di cui ti innamori immediatamente.
Ci sono tuoi “pezzi” che sono nati qui o che il quartiere ti ha ispirato?
Beh, il pezzo sulle birre/benzine artigianali sicuramente è nato a Montesacro, e anche quello dello special su RaiPlay „Diamoci un tono“ quando dico «L’omo a cinquant’anni vole tradi‘, nun ce sta ’n cazzo da fa’»: eravamo a cena in un ristorante. È un quartiere che mi ha dato tanto minutaggio per i miei special. Alcuni abitanti borghesi di Montesacro mi fanno impazzire, per non parlare di certi personaggi che becchi al Parco dell’Aniene e per i quali la Riserva sembra una specie di catalizzatore. La cosa bella di Montesacro è il mix perfetto dei suoi residenti: ci sono persone ricchissime che abitano in ville pazzesche con tanto di piscina, ma c’è anche una dimensione estremamente popolare che ci convive benissimo e che annovera anche alcuni degli ultimi fricchettoni rimasti. Rispetto a quartieri vicini come il Trieste-Salario è più abitato da giovani coppie o da anziani che da famiglie con figli adolescenti.
C’è un tuo personaggio che potrebbe essere nato oppure vivere a Montesacro?
Pips potrebbe essere tranquillamente di Montesacro: formazione borghese, ma con spirito street. Anche l’architetto Leonardo De Cristofari, che secondo me ci è nato ma poi ha scelto di trasferirsi in centro.