Chinatown per me è il simbolo del viaggiare da fermi, che è la cosa che faccio sempre quando scrivo o ascolto musica. Amo liberarmi la testa skatando su e giù per Sarpi.
Quanto di Chinatown è entrato nella tua musica?
Chinatown per me è il simbolo del viaggiare da fermi, che è la cosa che faccio sempre quando scrivo o ascolto musica. Fare una passeggiata in questo quartiere in questo periodo con poche di vie di fuga, mi fa sentire aperta, leggera e curiosa, sia che io sia triste sia che io sia serena. Quindi mi porto spesso a casa da Sarpi e dintorni questi stati d’animo, colori e odori speziati e mi metto al lavoro tra synth, drum machine e chitarre.
Ho visto nelle tue stories che te la giri spesso nel quartiere con lo skate; facci tre tappe di uno skate-tour ideale in Sarpi per le nostre lettrici e i nostri lettori!
Anche se il pavimento non è liscissimo amo liberarmi la testa skatando su e giù per Sarpi, tra negozi di parrucche colorate, verdure bislunghe e odori segreti! Le tre tappe delle mie giornate più felici sono: tè, ravioli e crepes cinesi fatti sul momento, d’asporto; picnic, amici o libro ai giardini Lea Garofalo; shopping di penzaglietti portafortuna del Far East all’Oriental Mall o in altri negozietti di cui non so tradurre il nome.
Come stai vivendo anche a livello emotivo la dimensione del quartiere in questo periodo così ovattato e contingentato?
A livello emotivo sono una montagna russa, ma il quartiere mi dà una sorta di pace e stabilità: praticamente non mi sto quasi mai spostando da qui. Ai miei amici fa piacere venire a Chinatown a trovarmi perché c’è sempre qualcosa di nuovo da mangiare e da esplorare: c’è il verde del parco, la ragazza che ti fa i ritratti davanti a Otto, i mochi gommosi al supermercato Kathai, e altre mini evasioni…
Si tratta di un lavoro che hai deciso di fare con artiste/i milanes*; anche a livello simbolico pensi che si dovrà ripartire dal basso per ricostruire quanto è stato distrutto?
Sì, cerco di inventarmi sempre cose nuove insieme a gruppi di persone vulcaniche che hanno voglia di mettersi in gioco, di prendere iniziative fuori dal comune, di rischiare creando bellezza. Creare una squadra unita e complementare è la chiave di tutto, anche e soprattutto in periodi come questi in cui le professioni legate ai settori culturali sono ferme e a rischio.
A questo video abbiamo lavorato in pochissimi e con quasi zero budget, ma Vittoria ed io siamo come sorelle che amano lavorare duro su sfide difficili quindi ce l’abbiamo messa tutta per farlo uscire meglio di quanto avessimo sognato. Non ce l’avremmo fatta senza l’aiuto e le competenze dei nostri amici che, in poco più di 10, hanno fatto il lavoro di 50 persone: Silvia Tonelli, assistente alla regia, Gabriele Macchi, alle luci, Maurizio Gazzola e Matteo Castiglioni, post-produttori del video (e anche musicisti pazzeschi degli Studio Murena), Yaismin Leite, stylist e MUAH, Greta Poli, coreografa e ballerina insieme a Federica Brianzoli, Arianna Puccio, art director insieme a me del video e del mio progetto visivo, e tutti i nostri santi amici che arrivavano a sorpresa ad aiutarci a turno come angeli custodi che arrivano nel momento del bisogno (Anthea, Paolone, Pietro, Clarita, Emma, Fedi, Chiara, Sandro…!). Inoltre il font del titolo è una creazione inedita, inaugurata da questo video, di Fantasia Type.
Ultima domanda un po’ girly; dove hai recuperato i vestiti pazzeschi dell’ultimo video?
L’abito arancione e quello rosso me li ha prestati Amorphose, designer italiano basato in Svizzera con cui ora comincerò a collaborare anche per altri super progetti. Gli outfit di Salvatore Vignola e di Vitelli sono merito della ricerca e del lavoro di quel talento di Yasmin Leite che ha anche ideato e creato i make up e le acconciature stupende. E… le bocche e gli occhi sui body delle ballerine e sul mio li abbiamo disegnati e creati mia mamma ed io: lei sa fare e cucire tutto e da quando sono piccola ci inventiamo travestimenti, cosa di cui sono da sempre stata appassionata!