Sizza tra i denti, occhiali da sole, camicia fantasia e berretto. La prima volta che ho notato tra la folla Filippo è stata all’Ortigia Sound System che ballava insieme alla sua famiglia di amici. Io non lo conoscevo ancora di persona, ma la sua fama lo precedeva come uno dei fautori del movimento tropical bass milanese. Oggi invece mi ha raccontato attraverso quest’intervista la sua storia, che parte dai cortili universitari pavesi, passa per Anversa e trova tutto quello di cui ha bisogno a Milano. Ecco a voi Milangeles.
Chi sei? Da dove vieni? Cosa fai nella vita?
Mi chiamo Filippo Tortorici, vengo da Alessandria ma la mia famiglia non è piemontese (falsa e cortese). I miei nonni sono originari di varie regioni d’Italia, il mio cognome per esempio è siciliano e ne vado super fiero. Nella vita da 10 anni a questa parte faccio il dj e organizzo eventi. Nella realtà dei fatti provo a regalare 3 ore di svago ogni settimana alle persone che mi circondano. Sto con i piedi ben piantati per terra, non ho il tappeto di Aladino anche se le mie feste vanno piuttosto bene e non salvo vite come i miei amici medici.
Perché ti chiami Milangeles?
Qualche anno fa durante l’Università ero venuto per sbaglio a fare serata in via Padova a Milano. Tra un sparatoria, due risse col machete e tre discoteche latine pensai davvero di trovarmi a Los Angeles in mezzo alle latin gang della Mara Salvatrucha. Perciò, quando alla fine del 2011 pensai di iniziare questo progetto musicale con il mio socio dell’epoca Teddy Renton e volevamo produrre musica elettronica con delle forti influenze world music, abbiamo pensato che fosse un nome adatto. Milangeles in realtà è solo un parola che indica la multiculturalità di Milano. Poi nel 2017 sono arrivate le palme in Duomo e Milangeles è diventato un hashtag su IG e ormai quasi un termine di uso comune.
È divertente il tuo lavoro?
Se ti piacciono le persone, sei predisposto alla novità e al cambiamento, hai la curiosità di ascoltare tantissima musica senza pregiudizi e ti piace unire anzichè dividere, questo è il lavoro più bello del mondo. Per me lo è e non sono ancora riuscito a cambiarlo.
Raccontaci la tua giornata tipo.
Non mi alzo mai prima delle 10 perché ho il fuso orario di chi vive la notte. Vado al computer, telefono. Faccio riunioni, Tiberio (il proprietario dell’Apollo) mi buca una riunione, lo aspetto, nel frattempo prendo un caffè con qualcuno (facendo una riunione). Ascolto musica, leggo almeno 3 quotidiani al giorno. Vedo almeno altre 5 persone che lavorano alla festa del sabato prendendo altrettanti caffè. Rispondo a tutti. Faccio altre telefonate. Mando 1400 WhatsApp solo al pomeriggio. Metto in connessione persone che altrimenti senza di me non si parlerebbero. Nel week-end vado a suonare, appena posso vado per mostre o a mangiare con Tentella e i miei amici. Alla sera esco, ho la curiosità di voler conoscere tutti, voglio fare il mondano. Anzi vorrei essere il re dei mondani come Jep Gambardella ne La Grande Bellezza.
Proviamo a viaggiare nel tempo: mi piacerebbe che associassi a ogni decade della tua storia un brano e cosa facevi in quegli anni. Filippo a 10, 20, 30 anni…
A 10 anni ero un bambino bravissimo e praticavo mille sport (mia mamma è un insegnante e sono sempre stato bravo a scuola). La traccia di quei tempi era di DJ Jazzy Jeff & The Fresh Prince – Summertime.
A 20 anni giocavo a basket in serie C, facevo il giornalista sportivo e provavo a fare il dj in cameretta. Il brano che mettevamo nella playlist che avevo creato per il riscaldamento pre-partita della mia squadra di basket era Lapdance di N.E.R.D.
A 30 anni ero a Pavia ed ero già nel turbinio della feste ed ho creato il progetto Milangeles con cui ho girato per alcuni anni l’Europa suonando. Spesso mettevo That Laughing Track dei Crookers featuring Style Of Eye & Carli.
Com’è iniziata la tua avventura con la musica?
A un certo punto a Pavia organizzavo delle feste in casa. Una volta a casa di un mio amico, che attualmente è un cardiologo di successo, arrivarono quelli della Municipale (Noi supereroi, cit. Meganoidi) e ci denunciarono per disturbo della quiete pubblica. Reato penale con avviso di garanzia arrivato a casa di mia nonna dove avevo la residenza. Per me quello fu troppo. Allora decisi di affittare la cascina di uno dei miei più cari amici (Marco Melotti) e fare una festa vera. Maggio 2009, non avevamo neanche un nome. Abbiamo portato come guest Reset! (il precedente progetto di Mace) e il nome della festa era solo Reset! Vennero 1200 persone. Alla prima festa. Non avevo mai organizzato una festa nella mia vita. Guadagnai un sacco di soldi. Chi li aveva mai visti tutti quei soldi su quel tavolo? Io mai. Stavo cercando lavoro in quel periodo dopo il master, ma niente di interessante, solo stage gratuiti. Iniziai per caso con le feste ma continuai seguendo l’istinto. Dopo 10 anni sono ancora qui. Era destino!
Dove andavi a ballare prima di iniziare a organizzare eventi?
Nei primi anni 2000 c’erano solo 3 tipi di intrattenimento: i centri sociali, le discoteche commerciali e le serate techno dove c’erano solo tre ragazze: una era la ragazza del buttafuori, una quella del promoter e la terza era quella del pusher, cit. Walter D’Aprile. Io non avevo i rasta, non volevo mettermi scarpe eleganti ed ero single. Quindi non andavo a ballare.
Sappiamo che l’Erasmus in Belgio è stato formativo anche dal punto di vista del clubbing, raccontaci questa avventura.
Una sera, nel 2005, un mio amico belga mi ha portato ai Magazzini a sentire i 2ManyDjs. Mi si è aperto un mondo. A quei tempi c’era cosi poca informazione su tutto. Mi innamorai di quel mash up audio/video, dei passaggi perfetti anche tra generi diversi tra loro. Rock, electro, techno, i Ricchi e Poveri! Tutto aveva un senso per me dopo quel set. L’anno dopo andai per 8 mesi ad Anversa a studiare. In Belgio cominciai a uscire e a osservare qualsiasi cosa avvenisse in una serata. Da com’erano organizzati i club, che musica mettevano i dj all’apertura, com’erano i flyer, i video teaser delle serate. Gli ospiti, le luci, le proiezioni. Ho studiato Comunicazione Multimediale ma in realtà feci praticamente un “master in clubbing” per un anno con i soldi della mia borsa di studio. Per fortuna avevo ottimi voti all’università.
Di ritorno dal nord Europa, si narra che nelle camere da letto degli studenti universitari pavesi accadesse qualcosa, ed era colpa tua. Come hai movimentato la notte di Pavia?
“Tieni il tempo”, una delle hit di Max Pezzali (che è di Pavia), dice così: “Non c’è storia in questa città. Nessuno si diverte e mai si divertirà”. Lo abbiamo smentito e Max me lo disse anni dopo a un after a casa sua: “Filippo tu sei l’unico che ha fatto divertire questa città!”. Fu un grande onore per me sentire quelle parole. Io e i miei amici (Pavo, Filippo Palazzo di Asian Fake e Nicola) abbiamo disintegrato la paranoia pavese (che Max descrive perfettamente nella sue canzoni) e siamo entrati a gamba tesa nel movimentare l’università e la vita degli studenti. Abbiamo sovvertito l’ordine pubblico e incominciato a fare festa in ogni posto dove ci fosse un dancefloor. E dove non c’era, lo inventavamo! Sono stati anni bellissimi e irripetibili. Ricordo che il rettore mi disse che le iscrizioni erano in aumento e che secondo lui era anche per merito nostro. Si era creato una sorta di movimento universitario 2.0 che si era rotto le balle di fare i trenini con maracaibo, ma voleva fare stage diving come Steve Aoki.
Cosa proponevi di nuovo al pubblico pavese con Hype agency e Jump Up Festival?
Siamo partiti come tutti a quell’epoca con l’electro. Quindi Crookers, Justice, Brodinski e mille altri artisti scoperti su My Space dove si scaricavano le tracce in free download. Le etichette che seguivamo erano Ed Banger, Mad Decent, Bromance, Sound Pellegrino, Trouble & Bass o la roba UK come Dizzie Rascal e Rusko. Tra il 2009 e il 2012 era un gran casino. Si pogava, si faceva headbanging e si beveva tantissimo fino a collassare. C’era di tutto alle nostre feste: skater e puttanieri. La crew di Iuter (senza figli) e gli Erasmus spagnoli. L’ingegnere aerospaziale e il filosofo. Uno spacciatore e miss università. Non c’erano ceti sociali o barriere. Tutti volevano solo essere loro stessi dopo anni di repressione. Non eravamo un centro sociale, ma nemmeno una discoteca. Avevamo creato una nuova via a chi non piaceva andare a ballare o non si sentiva rappresentato. Per questo motivo abbiamo avuto successo. I promoter erano nuovi, la gente pure. Si era creato un nuovo modo di fare festa e noi l’abbiamo cavalcato.
Come ti sei avvicinato alle sonorità tropical bass?
Conobbi Daniel Haaksman: a quei tempi era un signore sui 40 anni che a Berlino, circondato dalla techno, se ne uscì con questa etichetta incredibile (Man Recordings) che faceva solo tropical bass. Poi in Portogallo uscirono i Buraka Som Sistema. Quando pubblicarono Hangover (BaBaBa), il loro video girato in Angola, sobbalzai dalla sedia. Cosa diamine è questa roba?! Era kuduro! E mi si aprì un mondo. Il baile funk! Dio mio il baile funk. Io e Teddy ci chiudemmo in studio. Sperimentammo trap & world music in tempi non sospetti. Abbiamo incominciato a produrre come pazzi. Finché Daniel non ci chiamò e facemmo uscire Passionata, il nostro primo Ep per una vera label. Le tracce furono un vero successo e abbiamo incominciato a girare l’Europa. Fu un periodo molto stimolante e abbiamo conosciuto tutti quelli che questo movimento di world music elettronica l’hanno spinto fin dall’inizio.
Quando e come è avvenuto il tuo trasferimento a Milano?
Nel 2016 dovevo fare un We Riddim d’estate a Pavia con Chiamu. Al pomeriggio dell’evento mi chiamarono quelli della municipale (rispetto solo per i pompieri) e mi intimarono di non svolgere l’evento. Io allora invitai tutti a casa mia. E feci We Riddim sul mio terrazzo con 200 persone. Pavia dopo un primo momento di entusiasmo si rivelò per quello che era: una piccola città provinciale che non voleva crescere e che odiava il successo altrui. Quello che dovevo fare l’avevo fatto e non potevo più crescere in quella città per il mio lavoro. Milano veniva dal post-Expo, era in crescita ed era ricettiva. In quell’estate ho fatto i bagagli e sono partito per New York. La metropoli non mi spaventava più. A settembre 2016 sono tornato dall’America e mi sono trasferito in via Voghera 11/A. La mia Batcaverna dove tutti almeno una volta sono passati. A gennaio 2017 Tiberio ci chiamò per andare all’Apollo. In quei 3 mesi invernali antecedenti mi ero assicurato di uscire tutte le sere e conoscere tutti (la mia curiosità servì a qualcosa). Un locale così grosso con così grandi responsabilità non mi faceva più paura. E da lì è iniziata un’altra storia ancora.
Come ti ha aiutato la città a crescere?
Milano nel nostro lavoro è il top in Italia. Ci sono le migliori menti, con i maggiori stimoli, in ogni ambito della società creativa. Una città così non può che spingerti ad alzare l’asticella. Pensi di essere bravo a fare qualcosa, ma ci sarà sempre uno più bravo di te. In questo sistema pensi solo a migliorarti. A cercare l’ospite migliore, a fare un dj set più interessante. Milano ti porta a rompere le tue barriere mentali, non ti fa sedere sugli allori. Il sabato noi come Nice Club e RRRIOT abbiamo 15 serate contro, di ogni genere musicale elettronico. Se riempiamo l’Apollo non c’è improvvisazione. C’è intuito, competenza, umiltà, talento e lavoro. Solo in questo modo siamo riusciti a emergere. Milano è solo l’hub dove io e il mio team cerchiamo di fare emergere noi stessi. Senza Tiberio, Chiamu, Floriano, Mace, Celeste, Ludovica, Mirelle e tutto lo staff non sarei mai riuscito a fare quello che ho fatto. Adoro le persone che lavorano con me e le rispetto molto sia lavorativamente che umanamente.
Perché hai sentito il bisogno di dare una tua visione di fare festa a Milano?
Non ne ho sentito un bisogno, è stata una conseguenza. We Riddim e RRRIOT erano due party dove ero resident dj da un po’ di tempo facendo su e giù da Pavia. Nice Club l’abbiamo creata quando è esplosa la terza generazione del rap italiano. Quando mi sono trasferito a Milano sia Chiamu che Mace hanno subito creduto in me e devo ringraziarli molto per questo. Mi hanno dato le chiavi dei loro party e io li ho ripagati con il mio lavoro. Tiberio ha fatto uguale con l’Apollo. Io ho gonfiato un po’ il petto e sono andato dritto per la mia strada. Dopo tanti anni siamo ancora amici e soci. L’onestà paga sul lavoro.
Raccontaci un aneddoto o un episodio sulle tue tre serate.
We Riddim: una volta io e Chiamu abbiamo fatto We Riddim ad Amsterdam durante l’Ade e abbiamo suonato completamente „gettonati“. A fine dj set Chiamu ha chiesto di sposarsi a una ragazza che era venuta con noi. Non si sono mai sposati, ndr.
Nice Club: il primo anno i proprietari dell’Apollo non avevano ancora capito con chi avevano a che fare (noi) e ci lasciavano lo stanzino dietro la consolle aperto. Risultato: durante la serata Sfera Ebbasta ha fatto l’amore con una nostra amica in quello stanzino.
RRRIOT: le prime feste le facevamo in quel posto sottoterra in piazzale Cantore gestito dai cinesi. Il posto era pieno di specchi e la gente stava talmente fuori che continuava a sbatterci contro. Mille bernoccoli e dopo due feste ci siamo spostati in un altro locale.
Come vedi la musica nel 2030?
Cito Lorenzo Cherubini aka Jovanotti in “Dal Basso”, una canzone minore ma per me incredibile. Ho anche inserito il testo nella prefazione della mia tesi.
“C’è una grande idea che ancora non si sa. Un’idea che cambierà questa città. Che ci trasformerà e che ci farà vibrare. Un’idea che ancora non si può capire, non si può vedere, ma c’è. È da qualche parte viene verso di te. Negli scantinati dell’umanità. Puoi trovarla là, puoi trovarla là, dove c’è bisogno. Puoi trovarla là dove può nascere un sogno. Puoi trovarla là ma non la puoi guardare. Puoi trovarla là ma ti devi abbassare. Puoi trovarla là ma poi devi scavare scavare scavare. Tutto nasce dal basso e poi va su. Tutto nasce dal basso e poi va su. Tutto nasce dal basso e poi va su”.
Non so dove sarà la musica del 2030, ma stai pur certo che mi abbasserò per trovarla e amplificarla a tutti. Sicuramente sarà nelle periferie del mondo o in posti ostili. Guarda Londra per esempio, sono 10 anni che musicalmente non tira fuori nulla di interessante. Tutti quei soldi le hanno dato alla testa. Aspettiamo la Brexit. Quando salterà tutto per aria tornerà a essere the place to be.
La tua serata è il trampolino di lancio per molti artisti emergenti, che qualche tempo dopo riscuotono grande successo. Come scovi questi artisti e come ti spieghi questi successi lampo?
La musica va veloce come il mondo del 2020 che la ascolta. Se prima potevi fare un album di successo e stare fermo 3 anni, ora se non fai un singolo ogni 3 mesi sei “artisticamente” morto. Io e Chiamu abbiamo semplicemente la capacità e il coraggio di crederci dall’inizio. Sin dai nostri precedenti progetti non abbiamo mai avuto nessun problema a proporre cose mai sentite prima. Ascoltiamo una traccia, osserviamo l’artista e ci buttiamo. Può sembrare un salto nel vuoto, ma non lo è. Ci pensiamo su tantissimo. E pare che ci azzecchiamo, così dicono.
Spesso i brand si affidano alla tua agenzia, quali sono i progetti che realizzate per loro?
Ci occupiamo per i brand principalmente di pr e influencing marketing con target millennials. Fondamentalmente diamo a chi sta tutto il giorno in ufficio seduto a lavorare per una multinazionale una visione sui consumi e le abitudini delle nuove generazioni. Quello che vorrei sviluppare con Floriano il mio socio in Carta Bianca è il lato eventi. Vorrei organizzare eventi per i brand. Sono troppi anni che organizzo party con i miei soldi, limando al centesimo per ottenere il meglio per le mie feste. Sto solo aspettando il momento che arrivi qualcuno a dirmi: “Ho 50k di budget, mi organizzi la festa?”. Studio 54 ci sei? Spostati sto arrivando!
Dove vivi ora e perché?
Vivo a Milano sud perché ho sempre abitato qui e il mio locale e i miei amici sono qui. Sono super proud della zona. Barona sarà la nuova Shoreditch. Chiesa Rossa la nuova Hackney Wick. A NoLo ci vado ma solo quando devo prendere l’aereo da Bergamo.
Dove vai a bere a Milano?
Vado all’Elita da Alioscia perché è vicino casa e alla fine si fanno sempre due chiacchiere costruttive. Quando abitavo in zona Tortona andavo al Millino in via Savona con Edward Scheller, da Zaky che è un fratello. In Porta Romana vado da Max Ruiz al Dhole perché viene in curva a vedere l’Inter con me, ma soprattutto perché lo ritengo la persona più competente e seria che c’è a Milano sulla gestione di un locale.
Dove vai a mangiare invece?
Sostanzialmente cerco posti real dove il rapporto (QQP) qualità-quantità-prezzo sia giusto. Tentella è il mio maestro e abbiamo la stessa visione della vita. Non vado mai nei posti che hanno nel nome il prefisso bistrot perché sono un inculata come a Parigi in Fashion Week. Wannabe una stella Michelin scansati. E non mangio mai pizze gourmet con la burrata in mezzo e i granelli di pistacchio. Lascio volentieri questo tipo di intrattenimento culinario ai brianzoli che vengono giù il sabato a Milano. Come trattoria consiglio Mauro il Bolognese e per gli amanti della pizza sottile Riviera o Coke in zona Navigli.
Quando stai a casa cosa fai? Oltre a lavorare intendo…
Digito David di Donatello su Google mettendo un anno a caso su e mi guardo film italiani d’autore che non ho ancora visto con la mia ragazza che si addormenta dopo 10 minuti. In realtà la adoro e quando sto a casa sto principalmente con lei. Prima o poi me la sposo anche se è molto colta ma non sa nulla di cinema.
Dove trovi e compri i tuoi dischi?
Bandcamp o SoundCloud o EP promo che mi mandano via mail. Compro solo quello che non trovo gratis su sliderz.nz.
I migliori album che hai comprato?
Non ci sono migliori album per uno come me che vive di cambiamenti (anche musicali) e non ha tatuaggi perché ha paura del concetto di definitivo. Posso solo dirti gli album che hanno rappresentato per me qualcosa negli ultimi 10 anni e che ho in copia fisica.
Dove vai a fare shopping?
Mi piace il vintage quindi spesso vado in Papiniano al mercato a trovare perle rare per 2 euro. Compro basic-wear su Amazon (ma mi sento in colpa) e il resto provo a farmelo regalare in cambio di un post su Instagram dove ho solo 5 mila followers ma mi guardano le stories in 2 mila. Ho delle statistiche che la Ferragni se le sogna.
Altre passioni oltre la musica? Sport? Film preferito? Libro preferito? Collezioni qualcosa?
C’è questa mia prima vita da sportivo che arriva fino ai 25 anni che sorprende anche me stesso. Ho giocato a basket per 15 anni e ogni tanto il mercoledì vado a giocare a Binasco con altri ex giocatori. So giocare a tennis abbastanza bene ma non pratico da un po’. D’inverno scio durante le vacanze invernali e nuoto piuttosto bene, ho anche il patentino da bagnino. Sono scarsissimo a giocare ma so tutto di calcio. Ma tutto tutto. Anche di geografia so tutto. Potete interrogarmi. Qual è la capitale del Burkina Faso? Ouagadougou.
Colleziono camicie pazze floreali e non solo. Ne avrò circa 150. Anche cappellini. Dal New Era ai 5 panel ai beanie invernali di ogni colore e brand.
Il mio film preferito è Santa Maradona con Accorsi, ma lo è anche perché ho fatto la comparsa. In realtà La Grande Bellezza di Sorrentino. Do risposte banali a queste domande perché odio quelli che citano film muti polacchi solo per stupire chi legge l’intervista. Li odio tanto quanto quelli che parlano in inglese con altri italiani senza la presenza di un interlocutore straniero di fianco. Sapere bene l’inglese fa tanto 2004 amore!
Il mio libro preferito è Malcolm Gladwell – Il punto critico. I grandi effetti dei piccoli cambiamenti. Questa è una bella riposta che ti potrebbe dare un iscritto alla newsletter dello Spazio Maiocchi.
Quali sono i luoghi di Milano che alimentano le tue passioni?
Sicuramente l’Apollo perché rende la mia passione un lavoro. I mercatini rionali perché alimentano la mia voglia di ricercare dal basso i vestiti che porto. La Triennale e la Fondazione Prada o in generale tutti i musei o gli spazi culturali di Milano (tipo Spazio Maiocchi) perché mi fanno sentire vivo in un città circondata di cultura e al passo con il resto del mondo.
Dopo la nottata: after, baracchino lurido, casa o aeroporto?
Nel 2017 ti avrei detto via Vogherà 11/A. Ma non vivo più lì e non vorrei svegliare Lazza o Tommiboy. Sicuramente se mi becchi alle 4.30 di sabato potrei chiederti: “Sai se qualcuno vuole mettere la casa a disposizione per l’after? Andiamo da Mace in studio? Da Ponti? Just do it!”.
Il dj e l’artista milanese che ti piace di più?
Come artista e performer non posso che dire Noyz Narcos. È di Roma ma vive a Milano da molto. E poi di milanese a Milano c’è solo Moratti, ndr. L’unico artista che senza chiedere nulla in cambio dopo 20 anni di carriera salta su un palco e fa rap senza pensare ai soldi, ma per il piacere di farlo. Della nuova Wave mi piacciono Tedua e Ketama perché i loro contenuti andranno oltre alla trap. Sono un grande fan di Giorgio di Salvo, il direttore creativo di United Standard. In ambito party posso dire che rispetto Buka e Le Cannibale, mi piace il loro percorso e le idee che propongono sia di guest (Buka) che di location (Le Cannibale) all’interno della loro serata. Apprezzo molto il lavoro di Toilet Paper, ma per salutarli devi comprarti anche tu il tappeto di Aladino. Tra gli studi grafici giovani collaboro con Burro Studio che hanno uno spirito positivo come il mio. Come dj hip hop il migliore è il mio amico Sgamo. Mi piace anche The Night Skinny. Adoro come comunica la sua musica. La sua direzione artistica e grafica e il suo merch.
Il party più figo a cui hai partecipato?
I LOVE TECHNO 2006.
Se non fossi un dj/promoter cosa ti piacerebbe fare?
Vorrei lavorare per una multinazionale e occuparmi degli eventi per loro. Ho sempre lavorato da esterno per le grandi società, ma ho incontrato troppo spesso gente non all’altezza del ruolo che ricopriva. Solo che sono troppo vecchio per farmi assumere e per farlo dovrei mentire sull’età come fece Eriberto del Chievo. Ho qualche amico calabrese che mi vende una carta d’identità finta? Domenico Romeo, ci sei?
Cosa ti piace di Milano realmente?
Che una sera all’Apollo abbiamo finito il ghiaccio. E chi ce l’ha portato alle 3 di notte? Il nostro principale concorrente. Cioè Massi del Rocket. Questo mi piace di Milano: che si può essere concorrenti ma collaborare con rispetto. Il sindaco Sala del PD dialoga con la regione che è in mano alla Lega. Mette a un tavolo Inter e Milan per il nuovo stadio. Si pensa e si elabora con l’unico obbiettivo di migliorare il posto dove viviamo. Solo in questo modo si manda avanti un sistema, una città e un movimento. Il vero motivo dell’esplosione di Milano è la partecipazione. Si è creata un’aria nuova, positiva e la si respira in città. Io amo questa Milano post Expo. E farò di tutto per dare una mano alla crescita della città. Con i miei colleghi e i miei amici o i miei (pochi) nemici. Non toccatemi Milano se no mi arrabbio!
Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2019-12-16