Il Lanificio25 è il simbolo di una rinascita culturale e urbana di un’area tra le più antiche di Napoli e con una storia piena di tradizioni. Dal suo anno di apertura ospita senza sosta progetti culturali, concerti, mostre e rassegne teatrali, tutte supportate dallo spirito partecipativo del quartiere e dei suoi associati. Come Franco Rendano, docente di chirurgia al Policlinico di Napoli che da sempre ha creduto in questo luogo. In questa intervista ci spiega perché.
Che cos’è il Lanifico25?
Il Lanificio25 è dal 2006 sede della Carlo Rendano Association (Organizzazione Non Profit fondata nel 1996. Iscritta nel registro delle persone giuridiche private della Regione Campania). Il Lanificio25 vive in uno stratificato complesso architettonico all’interno della quattrocentesca Insula di Santa Caterina a Formiello che è stata da sempre un’insula del fare fin dal ‘400 con i frati che predicavano “ora et labora”. Gioacchino Murat re di Napoli nel 1808 vi installò numerose attività artigiane; poi, durante l’era borbonica per 100 anni e fino all’unità d’Italia, ha funzionato come importante fabbrica di lana nella quale lavoravano oltre 600 operai. Oggi l’Insula si impone quale storico reperto di archeologia industriale, in uno dei quartieri di Napoli più antichi e ricco di monumenti e tradizioni. Nel corso di questi 11 anni di attività al Lanificio25 sono stati organizzati oltre mille eventi; concerti live, mostre d’arte contemporanea, rassegne teatrali, workshop di danza ed altro ancora che hanno portato nel nostro spazio frotte di ragazzi; una bella gioventù che ha scoperto questa parte di Napoli aiutandola a rigenerarsi. L’Insula si sta gradualmente trasformando in insula del fare cultura, attirando altre associazioni, fondazioni ed artisti che oggi contribuiscono a valorizzare il fascino secolare di questo spazio che non smette di rinnovarsi coniugando costantemente l’antico e l’avanguardia.
Da che mondo vieni?
Io sono docente di chirurgia generale al Policlinico di Napoli. Ho sempre sognato di avere un luogo nel quale organizzare eventi culturali e di intrattenimento. Il Lanificio25 ha pienamente soddisfatto questo mio desiderio.
Tre parole per definire il Lanificio25?
Fascinoso, unico, energetico.
Lanificio 25 nasce dalla riqualificazione di un’area di Napoli abbandonata. Che ci puoi dire di questo progetto di riqualificazione urbana?
Mi permetta una piccola correzione, ma è fondamentale. Il Lanificio25 non nasce dalla riqualificazione, ma nasce PER la riqualificazione dell’area di Porta Capuana. Fin dall’inizio abbiamo avviato con le nostre attività un progetto di rigenerazione urbana partecipata.
Napoli quanto ha bisogno di opere di questo tipo?
Tutte le città ne hanno bisogno. Abbiamo esempi illustri a Berlino, Londra, New York e tanti altri. Le profonde trasformazioni che attraversano la società contemporanea lasciano dietro di se aree delle città che necessitano di nuovi usi e di nuovi significati. È il caso delle ex aree industriali, portuali e dei quartieri a basso reddito. Molte città nel mondo si sono trovate ad affrontare la loro trasformazione, dai quartieri bassi di New York come Brooklyn e Harlem, al Canary Wharf di Londra, ai quartieri multietnici berlinesi di Friedrichshain e Kreuzberg. In tutti questi casi, considerati di successo, ad iniziative volte ad attrarre nuovi investimenti e nuovi abitanti (soprattutto artisti, musicisti e affini) corrispondono iniziative per l’attivazione della popolazione locale, della rivitalizzazione dell’economia del quartiere e dell’aumento dell’offerta culturale. Quartieri una volta in difficoltà e ai margini dei flussi turistici ed economici delle rispettive città stanno assumendo un rilievo sempre maggiore che prescinde quello delle città che li ospitano. Napoli è ricca di queste iniziative che sopperiscono alla cronica carenza delle istituzioni nell’opera di recupero e valorizzazione dei quartieri degradati.
Porta Capuana è il tipico esempio di questa necessità; è il quartiere di Napoli più simile a quelli sopracitati. Le sue forti tradizioni produttive, la sua cucina tipica, i suoi ristoranti etnici, e la grande quantità di locali inutilizzati – Castel Capuano con I suoi 47.000 mq di superficie coperta, l’ex Lanificio eccetera – stanno attirando sempre più giovani artisti e musicisti. Porta Capuana, però, non è Brooklyn, Harlem o Kreuzberg. A differenza di questi quartieri la sua edificazione ha una storia millenaria, ricca di capolavori artistici ed architettonici, un museo diffuso dell’arte, dell’architettura della cucina e del buon vivere che può rappresentare il vero motore della rigenerazione dell’area.
Il Castel Capuano (XII sec.), San Giovanni a Carbonara (XIV sec.) e la stessa Porta Capuana (XV sec.) sono solo una parte delle ricchezze storico-artistiche che questo pezzo di città ha da offrirci, eppure, ad oggi, sono al di fuori dei circuiti turistici che prediligo aree meno pregiate ma più conosciute.
Come rispondono i napoletani alla vostra attività?
Bene, soprattutto i giovani, che ci seguono numerosi
Difficoltà nel corso degli anni?
Le maggiori sono come sempre legate alla pastoia burocratica che rende tutto sempre difficile e farraginoso, con le istituzioni che molto spesso latitano. Il quartiere ci ha sempre sostenuto e aiutato fattivamente.
Come le avete superate?
Cercando di non essere invadenti e facendo comprendere che c’era un interesse comune da perseguire.
Molto spesso il nome di Napoli viene associato a fatti di cronaca non sempre positivi e poco spazio invece viene dato a strutture come la vostra. Come mai? Colpa dei media?
Molte cose sono vere, ma la cronaca spesso esagera. Non c’e colpa, ma i media possono aiutarci molto e già in buona parte lo fanno. Al Lanificio25 non c’è pericolo né paura.
Progetti per il futuro?
Tanti e tutti di estremo interesse. Progetti culturali e di intrattenimento ma anche di interesse sociale legato al rispetto e tutela dell’ambiente oltre che all’integrazione e interazione con tutte le molte e svariate etnie presenti a Porta Capuana.