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Gaetano Spinnato

Di Montagnola, ordinanze, musica e banconi del bar

Geschrieben von Salvatore Papa il 24 Juli 2017
Aggiornato il 27 September 2017

Geburtsort

Palermo

Wohnort

Bologna

Tante ne ha già fatte e tante altre siamo certi che ne farà. Gaetano Spinnato da quando è a Bologna non ha mai smesso di frequentare e gestire locali. Una fissa per il bancone unita alla passione per la musica che è poi sfociata nel GardenBeat Festival. Ecco cosa ci ha raccontato.

Data e luogo di nascita
26 marzo 1985, Palermo

Da quant’è che vivi a Bologna?
Sono a Bologna da 13 anni, quando ci arrivai avevo 19 anni. Ho studiato legge per un po’, ma non faceva per me, troppe contraddizioni. Quindi ho deciso di dedicarmi di più a quello che mi riusciva meglio e che facevo già da tempo: servire da bere, soprattutto la notte, stando in mezzo alla gente, che è il mio modo preferito di vivere Bologna e le sue dinamiche cittadine, considerato che non sono proprio un mondano.

Poi cos’è successo?
Durante i primi anni bolognesi sia durante gli studi che dopo ho girato diversi posti in Europa, unendo la vacanza al lavoro. Lo trovavo un modo sostenibile di viaggiare e conoscere più da vicino i luoghi. Danimarca, Spagna, Germania…sono stato in diversi posti e ho avuto esperienze sempre interessanti.
Poi dopo la cogestione di una vineria/libreria in via Saragozza (lo Zammù) durata quasi 3 anni si è presentata l’occasione di rilevare uno storico jazz club con degli amici. Detto fatto e nel giro di qualche mese abbiamo aperto il Chet’s Club. L’idea era quella di creare un club di medie dimensioni dentro le mura della città. È durato due anni e mezzo, poco purtroppo. Ma sono stati anni intensi con tantissimi concerti, quasi uno al giorno. Era però il tempo delle ordinanze contro gli assembramenti, che ci portarono a chiudere.

E come sei arrivato a Camera a Sud?
Un giorno andai a prendere un caffè. Loro li conoscevo già perché abitavo lì di fronte durante il periodo universitario. Iniziammo a chiacchierare e venne fuori che avevano bisogno di una persona di fiducia. Da lì ci iniziai a lavorare.

A Camera a Sud con Giulia Spisni
A Camera a Sud con Giulia Spisni

Cos’è, invece, Good Vibes?
Good Vibes è una società di consulenza e gestione di servizi di ristorazione e bar, nata circa 3 anni fa. In società con me ci sono Lorenzo Spagnolo e Roberta Rondelli (i due proprietari di Camera a Sud e Via con Me), Giulia Spisni e Antonio Calò. L’abbiamo creata quando si è presentata l’opportunità di gestire i servizi per l’estate delle Serre dei Giardini Margherita. Una bella esperienza che è durata due anni ed è finita la scorsa estate. Dopo il primo anno delle Serre, la Cineteca ci ha contattati proponendoci di gestire il punto di ristoro all’interno del cortile in Piazzetta Pasolini ed è nato il Cameo (questo è il suo secondo anno). Poi quest’anno è arrivata Arci chiedendoci un parere sulla Montagnola, ed ecco il Clandestino – Beer Garden. Gestiamo anche la mensa della Bologna Business School a Villa Guastavillani.

Come sta andando il Clandestino?
Sai c’è un pregiudizio secondo il quale la Montagnola è un parco poco sicuro e in parte lo capisco e posso anche condividerlo perché i problemi sono evidenti. Io stesso in Montagnola non ci passavo da molto tempo prima di aprire il Clandestino. Eppure attraversare il parco prima di arrivare in stazione, per dirne una, potrebbe essere piacevole, ma in pochi lo fanno. Detto questo molti ci stanno venendo a trovare e siamo fiduciosi. Il bar è molto confortevole e sta funzionando perché, a differenza delle vecchie gestioni, non lo trattiamo come se fosse il nostro dehor. Prima la dinamica era cena, concertino jazz e via. La nostra è, invece, una proposta semplice ed inclusiva, che punta più al ristoro piacevole e va avanti da mezzogiorno fino massimo all’una di notte tutte le sere.

Clandestino - Beer Garden in Montagnola
Clandestino – Beer Garden in Montagnola

Quale potrebbe essere, quindi, secondo te, la soluzione per la Montagnola?
Sicuramente far vivere lo spazio, farci arrivare gente nuova, magari creare anche diversi punti di incontro perché il parco è grande. Ma bisogna trovare un modo per attirare più persone. Sappiamo che è un luogo complicato, ma non è impossibile. Questo non significa certo risolvere i problemi della città, risolvere il degrado, ma è una questione che riguarda soprattutto la percezione della sicurezza, che purtroppo sta venendo meno in diverse zone della città e questo indubbiamente allontana le persone.

Avete un accordo pluriennale?
No, per ora solo questa stagione. Ma chissà, ora siamo e sono tutti contenti, quindi attendiamo. Vedremo. Sarebbe interessante anche l’idea di farci qualcosa di inverno, ma è ancora presto per dirlo.

Cosa consiglieresti di mangiare o bere a chi viene per la prima volta al Clandestino e al Cameo?
In tutto quello che facciamo puntiamo sempre alla stagionalità dei prodotti, abbiamo il nostro fruttivendolo di fiducia (Daniele che sta al Mercato delle Erbe) dal quale compriamo roba ogni giorno. Al Clandestino la maggior parte del cibo viene dalla griglia, quindi tanti spiedini di carne e di pesce, ma la cosa che va più forte sono gli arrosticini. Sul bere abbiamo diverse birre tra cui una ipa e una rossa di un birrificio artigianale inglese, ma quella che mi piace di più è la Peroni cruda, che è molto fresca e “beverina”. Sui cocktail abbiamo una selezione molto tradizionale, ma facciamo qualsiasi tipo di spritz, dal campari al vermouth allo spritz veneziano ecc.
Un piatto forte del Cameo sono invece i nachos col guacamole, che io adoro, ma anche la parmigiana è molto buona o il cous cous di pesce. Pesce che prendiamo da Roberto della Pescheria Adriatica in via delle Pescherie.

Cosa pensi delle ordinanze?
Dipende dal tipo di ordinanza, ovviamente, e sono sicuro che non sia per niente una cosa semplice. A volte però penso che siano un mezzo per coinvolgere i titolari dei locali nella gestione dell’ordine pubblico, uno scaricabarile. In qualche modo possono anche servire, ma sono una delega. L’ordine pubblico deve essere gestito da chi ha le competenze per farlo. E d’estate può diventare davvero difficile per un locale perché se non hai un dehor non lavori. Tempo fa sono stato a Barcellona, in Plaza del Sol, che è simile a Piazza Verdi, ci sono anche i venditori abusivi di birra. A mezzanotte però nella piazza non si può più stare, ma non sono i locali a mandar via la gente, semplicemente arrivano delle volanti che si appostano lì e, con calma, fanno rispettare le regole, senza manganellate, senza cariche, ma invitando la gente ad andar via. Forse è stato un caso, ma sarebbe certamente un modo più onesto per gestire la cosa. Un locale non può farsi odiare dai propri clienti, né “riqualificare” una zona e subito dopo esserne la causa di “degrado”.

gardenbeat

Cambiamo argomento: il GardenBeat
Il GardenBeat nasce a luglio di tre anni fa. L’idea è quella di offrire un evento musicale nel momento in cui la città inizia a spegnersi, ovvero i primi di agosto. Insomma, quando la voglia di refrigerio è più alta, ci concediamo una fresca ondata di buona musica. Così ispirati a “The other side of jazz”, rassegna musicale dedicata all’evoluzione stilistica della musica jazz in tutte le sue forme e contaminazioni che come detto ho organizzato presso le Serre, con l’amico ed attuale direttore artistico del festival Moreno Mari abbiamo messo su quest’impresa.
Dalla prima edizione, che consisteva in una sola giornata dedicata alla cultura black e alla musica, siamo arrivati alle quattro giornate di questa terza edizione: 30 luglio, 2, 3 e 4 agosto. Partiremo, quindi, domenica 30 luglio con una performance audio/visiva a cura di Reda Zine. La novità di quest’anno è la sezione „cinema“: il 2 agosto avremo, infatti, la proiezione del film Mavis, documentario sulla leggenda del gospel soul e icona dei diritti civili Mavis Staples, e sul suo gruppo, The Staple Singers. Il 3 ed il 4 come da tradizione saranno le giornate dedicate alla musica dal vivo e ai dj set. Una novità c’è anche qui: un angolo dedicato al clubbing nel bellissimo Chalet dei Giardini Margherita il 3 agosto con un ospite d’eccezione in arrivo da Berlino.
Quasi tutto il festival è autoprodotto al momento e per questo ringraziamo sempre i ragazzi di Kilowatt che gestiscono le Serre e che ci ospitano e supportano dal primo anno. Un grazie va anche alle tantissime altre realtà cittadine con cui collaboriamo continuamente…non starò a citarle tutte perché la lista è lunga, ma è un grazie davvero sentito.

Nel tempo libero cosa fai?
Nel tempo libero lavoro. No davvero, ne ho sempre meno, ma quando ne ho mi piace viaggiare e ascoltare musica. A Bologna frequento un po‘ il Pratello perché mi piace la sua dimensione di quartiere vero, ma vivo generalmente tutta la città. Ogni tanto ultimamente faccio un salto al Guasto Village, ragazzi che mi piace supportare perché hanno avuto una grande idea. Poi quando posso vado in Piazza Maggiore a guardare qualche filmetto in ottima compagnia o anche da solo, l’ultimo Amici miei. Sono stato anche a cena agli Orti di via Orfeo, posto consigliatissimo, con lo chef Mario Ferrara dello Scacco Matto che ha un menu degustazione quasi sempre a base di pesce e a un ottimo prezzo.

C’è un principio al quale tieni sempre fede quando lavori?
Una delle regole fondamentali che seguo è quella di mettere un limite rigidissimo al livello di stress (quello negativo) legato al lavoro, superato quel limite mi fermo un minuto con me stesso e resetto tutto, ristabilendo le mie priorità. Credo che la fiducia in me stesso poi sia fondamentale per andare avanti, intesa come fiducia nelle proprie idee, ma credo anche molto nell’inclusione dei collaboratori nel processo di gestione, in uno staff unito. Questo ha due lati della medaglia perché da una parte puoi riuscire a creare un bell’ambiente, dall’altra rischi che le relazioni umane diventino un’arma a doppio taglio nei momenti critici. Ma preferisco sempre l’aspetto umano a quello professionale e posso dire che ne vale la pena.