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Giobbe Forni

Intervista a una delle menti del collettivo Alivelab.

Geschrieben von Emanuele Luppino il 6 November 2018
Aggiornato il 17 Dezember 2018

Geburtsdatum

1 Juni 1988 (36 anni)

Geburtsort

Bologna

Wohnort

Bologna

Attività

Direttore artistico, Dj

Sabato 10 novembre 2018 ad Ateliersi il dj set della canadese/londinese Peach ha aperto ufficialmente la nuova stagione di Habitat, programma di Alivelab dedicato alle ramificazioni più danzerecce della musica elettronica, che negli ultimi anni ha portato a Bologna artisti quali Josey Rebelle, Peverelist & Kowton, Florian Kupfer, Palms Trax e – davvero – molti altri.
Abbiamo fatto qualche domanda a Giobbe Forni, trentenne bolognese dottorando in biologia evoluzionistica e membro di lunga data del collettivo.

Ciao Giobbe, presentati in pochissime parole e dicci cosa stavi ascoltando prima di visualizzare questa chat.

Ciao Emanuele. Beh sai già di cosa mi occupo durante il giorno e che sono una delle persone che pensa e realizza Habitat. Stavo ascoltando Spanish Bombs dei Clash nel mio studio, dentro al Museo di Storia Naturale. Prima mi occupavo di biotecnologie vegetali, ma ora sono passato a temi meno applicati.

Si inaugura sabato la quinta stagione di Habitat. A che punto è l’evoluzione del vostro ecosistema?

Ogni anno sembra quasi di rincominciare da capo – nel senso migliore del termine – e tutto si muove molto velocemente, sia a livello internazionale sia a livello delle dinamiche cittadine. Hai ragione a parlare di evoluzione, perché vediamo la produzione di Habitat come un processo di continua alterazione e raffinamento, in un equilibrio che cambia in base a come cambiamo noi che lo pensiamo e realizziamo, a cosa succede di interessante a livello musicale e a che esperienza crediamo desiderino le persone che partecipano.

Nelle sue ultime manifestazioni, la proposta artistica si è sempre più orientata verso profili dall'output plurale e multidisciplinare (penso a Luca Lozano o Dungeon Acid tra gli esempi più immediati) pur senza perdere mai il focus sul dancefloor. C'è un segreto in questa alchimia tra party night e piattaforma espositiva?

In realtà questo output lo ritengo una naturale conseguenza di scelte che vengono prima del singolo artista. Siamo più affascinati dalle storie dei personaggi, da quello che hanno da dire e da come lo fanno, piuttosto che dalla loro collocazione fra gli ultimi trend. Ti faccio un paio di esempi: l’etichetta Klasse Wrecks ha un modo di comunicare molto chiaro e riconoscibile per il rispetto delle reference che ingloba, per la delicatezza con cui Lozano rielabora il breakbeat degli anni ’90 e la jungle, per come gli artisti della sua etichetta lavorano e comunicano tra loro. Dall’altro canto, considero Jean Louis Huhta (Dungeon Acid) un uomo incredibile e, tralasciando la sua ampissima militanza nei Cortex, anti Cimex, The Skull Defekts, The Stonefunkers, porta cucito addosso un trascorso lunghissimo di applicazioni e sperimentazioni. Nel 2017 è uscito Tystnadens Språk (In inglese The Language of Silence) un film diretto dal fratello Frans Huhta Karlsson con musiche composte dallo stesso Jean Louis. Una valigetta piena di vecchi ricordi e contatti della mamma, tragicamente morta suicida quando Frans Huhta aveva 10 anni, che alimenta ed innesca una profonda voglia di affrontare e superare la paura. Immagina la forza espressiva del suo lavoro musicale. Sono entrambi artisti che hanno un carisma incredibile, anche solo per il modo in cui fanno convergere la musica all’interno della propria vita.

 

La scrivania di Giobbe nel momento dell’intervista.

Uno degli elementi di continuità tra le varie sfaccettature, decostruzioni e ricostruzioni del suono che caratterizza ogni nottata al Sì, è l'insistenza sul percorrere binari non conformi alla tradizionale definizione di club music. Volendo rintracciare alcuni riferimenti storici alle origini del sound che proponete, direi che Basic Channel, Pan Sonic, Kode9 possono rappresentare figure imprescindibili. Ma quali sono gli ascolti del passato che più influenzano la tua ricerca?

Hai toccato degli artisti che credo sentiamo tutti molto vicini. A parte BC, PS, K9, dobbiamo sicuramente fare qualche passo indietro, fino alle origini del progetto. Habitat nasce negli anni in cui alcuni artisti inglesi creavano una forte frattura con il recente passato, che era dominato da una techno minimalista che aveva regalato esperienze incredibili e ancora attuali (Perlon, etc.) ma era poi sfociata in una piattezza desolante. Dj come Pearson Sound, o appunto Kode9, hanno portato un forte cambiamento, ricontestualizzando elementi uk garage, jungle, dub degli anni ‘90. Formarci musicalmente in un momento di transizione come quello ci ha insegnato sopratutto ad apprezzare chi è in grado di far evolvere una scena, ieri come oggi. Quindi gli ascolti che ci hanno più colpito nell’ultimo periodo vengono da quelle persone che sono state, in maniera più (Dj Rum?) o meno (Dj Seinfield?) disruptiva, in grado di portare avanti questo continuo processo di rinnovamento e di reinterpretazione dei canoni musicali precedenti. Mi viene in mente il momento in cui Florian Kupfer ha deciso di suonare nel picco della serata una composizione di Morton Feldman e invece di indispettire qualche centinaio di persone, le ha lasciate completamente estasiate. La lista della musica a cui mutuamente siamo legati con Domenico (Di Maio, ndr) è lunga, credo che un buon esempio possa essere l’album di Madteo Noi No. Più in generale, la quantità di dischi uguali che comperiamo è talvolta comica, nonostante continuiamo a sostenere che abbiamo gusti molto diversi. Con Andrea (Masciadri, ndr) invece condividiamo una particolare attenzione per un paio di album di Tim Hecker e William Basinski. Forse complici la mia avversione per le cuffie e il fatto di condividere lo studio in università con altre persone, l’album che ho ascoltato di più l’anno passato è un album ambient: async di Ryūichi Sakamoto.

Come qualcuno ha già scritto su Zero, riuscite quasi sempre ad intercettare i talenti della club music appena prima che esplodano su scala internazionale. Cosa possiamo aspettarci dalle prossime #habitatnights?

Tutto e niente, a seconda di cosa cercate. Avremo artisti abbastanza famosi e celebrati (uno di questi lo porteremo al TPO durante il sabato di Artefiera) ed eventi con artisti più piccoli e non troppo presenti sulla mappa dell’hype. Una strada che ci sembra abbastanza interessante – e che inizieremo a sperimentare quest’anno – è la costruzione di back to back ad hoc per le nostre serate. Vogliamo costruire le condizioni perché nel loro piccolo le serate di Habitat siano qualcosa di unico, non solo a Bologna.

In tempi di catastrofi ambientali, riscaldamento globale in rapido avanzamento e teorie sulla dark ecology, l'arrivo di una nuova stagione di Habitat sembra suggerire che, se anche tutto il resto va a rotoli, per il futuro della musica c’è solo da essere ottimisti. Ci pensi a uno spin-off sott’acqua o su un altro pianeta?

Tutto sembra andare sempre più in direzione di ragionamenti limitati e meschini, noi abbiamo la stupida illusione che un momento edonista come una serata possa in realtà essere un luogo di libertà e in cui alimentare i sentimenti migliori che le persone possano provare. Per quanto riguarda uno spin-off impossibile: sono stato un buon lettore di fantascienza e mi viene in mente uno scenario particolare. C’è un libro di Philip K. Dick, che si chiama In senso inverso, in cui ad un certo punto della storia dell’umanità il tempo inizia ad andare al contrario. Ovviamente, quando ci si incontra ci si saluta con un “addio” e quando ci si lascia si dice “buongiorno”. Il fumo di tabacco si condensa fino a formare delle sigarette, che vengono usate per pulire l’aria. Una serata come Habitat inizierebbe svegliandosi verso le sei/sette del mattino di domenica coi muscoli stanchi. Tante persone percorrerebbero traballanti in gruppetti le vie del centro fino ad Ateliersi per ballare – inizialmente in modo abbastanza scomposto e via via in maniera sempre più calma – fino a riacquistare energie ed una lucidità completa, per poi tornare a casa completamente rigenerati.