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Francesca Heart, Aitch e Reptilian Expo a LOST

Dalla scena Milanese fino al festival del labirinto, abbiamo intervistato tre artisti della line up

Geschrieben von Tommaso Monteanni il 27 Juni 2023
Aggiornato il 30 Juni 2023

La prima cosa che ho notato quando ho letto la lineup completa del LOST festival era la quantità di artisti che conoscevo, non tanto come artisti ma come persone. Persone che ho incontrato nel tempo, principalmente a Milano, sì come facenti parte di un substrato sociale e cittadino dove la musica e l’arte sono messe sicuramente in primo piano delineando di conseguenza un circuito di frequentazione, ma al contempo come persone che costituiscono un circuito dove la componente umana non è inferiore a quella artistica.

Questo è uno dei primi meriti che mi viene da riconoscere a questo festival, che dalla provincia di Parma si è preso la premura di coinvolgere una quota importante di artisti italiani come rappresentanti di una scena più locale che a tratti potrebbe essere identificata come Milanese, ma anche come italiana se si prova ad allargare il campo. I rappresentanti di questa quota sono: Heith, Spiritual Sauna e Gabber Eleganza, già ospiti nell’edizione dell’anno scorso; Ruben Spini, Giovanni Lami, Glauco Salvo, Sant3 Molest3 ed Enrico Malatesta, che costituiscono la parte di performance ed installazioni artistiche nonché sezione di eventi “extra” fuori formato; Vipra Sativa, VISIO, Reptilian Expo, Francesca Heart e Aitch, tra live e dj set, volti nuovi e debuttanti al festival.

Per creare una scena serve un luogo.

Per capire meglio se ci fosse in qualche modo una scena di riferimento da cui il festival era andato a pescare alcuni di questi act, ho pensato bene di farmi dare una mano degli ultimi tre artisti nominati: ci siamo trovati a casa di Reptilian Expo per un’intervista a tre che ha preso la piega di una chiacchierata e un momento di riflessione e analisi, della loro musica e dei luoghi da loro frequentati. Ci siamo interrogati sull’esistenza di un certo tipo di scena milanese, abbiamo parlato dei loro progetti singoli per poi concludere con dei piccoli spoiler su quelli che saranno i loro show al festival.

Di seguito, tutti i tool di conoscenza utili per non perdersi nei suoni e nell’entaglement che caratterizza la musica di Francesca Heart, Aitch e Reptilian Expo.

Tommaso Monteanni: Leggendo la lineup del LOST una delle cose che ho notato immediatamente è una grande quota di artisti presenti su Milano affini sia per situazioni che per sound, in particolare voi tre. C’è dunque la parvenza che si vada a pescare da una determinata scena presente in città. Esiste una scena di cui vi sentite fare parte?

Aitch: Secondo me c’è una percezione di scena, ma al contempo se sei un fruitore esterno è facile dire che non ci sia. C’è tanta gente di valore ma si fa fatica a valorizzarsi, e questa cosa fa sì che non si concretizzi un circuito sostenibile che dia vita continua ed effettiva ad una scena.

 

Francesca Heart: Secondo me c’è un pregiudizio che Milano abbia un’impronta principalmente modaiola, quando al contempo c’è un processo sotterraneo che viene portato avanti anche attraverso compromessi ma che rimane molto vivo a modo suo.

 

Reptilian Expo: Direi che esiste una scena. Anzi, penso che ne esistano varie, e che da fuori ci sia la percezione di determinate scene. Molte delle scene attorno a cui ruotiamo si sono formate e stabilizzate negli anni di Macao, ultimo grande collettore. È qui che buona parte delle persone che frequentiamo e con cui collaboriamo si sono conosciute, noi tre compresi, ed è stato fondamentale per tutte le persone che fanno un certo tipo di musica. Esiste una scena post Macao, ma si regge con lo spago.

 

A: E si regge su altre strutture: da quando non c’è più Macao si creano delle situazioni singole, citando ad esempio eventi organizzati nell’ultimo anno tra Cascina Torchiera e il Cox18, io noto che tali situazioni sono necessarie si per la musica ma soprattutto per la comunità di persone che si occupano di un certo tipo di cose, dalla musica al design, all’arte o alla politica, hanno modo di incontrarsi, sfogarsi, parlarsi e contaminarsi, definendo in questa maniera il tessuto culturale di una città. Senza un playground comune ognuno rimane chiuso nella sua bolla di conoscenze strette, mentre i progetti più fighi nascono dall’ibridazione di layer diversi.

 

FH: Inoltre il pericolo della bolla piccola e frammentata è che diventi autoreferenziale comunicando solo con se stessa. Avere un playground comune e di conseguenza una serie di momenti di condivisione permette inoltre di supportare i progetti che nascono in città facendo sì che abbiano una risonanza anche al di fuori.

 

RE: Io credo anche che senza aggregatori inoltre la scena si costituisce di individualità che in maniera autonoma hanno anche più possibilità di lavorare sui propri progetti e aprirsi fuori ma non di creare qualcosa in maniera collettiva. Per concludere David Byrne in How Music Works dice nel primo capitolo che per creare una scena serve un luogo, quindi parlare di scena a Milano è davvero difficile.

FH: La nostra scena ad oggi è come un sasso più grande che cadendo a terra si è frammentato in tanti piccoli pezzi, le individualità.

TM: Quali sono oggi i nodi della rete cittadina dove avete modo di sfogare le vostre esigenze artistiche?

RE: Ovviamente la sai già la risposta: C3 è l’unico posto rimasto con un certo tipo di ambiente dove possiamo e riusciamo esprimerci a modo nostro, la maggior parte delle location a Milano non sono predisposte per accogliere in maniera rilassata quello che facciamo e quindi diventa più una rottura di coglioni che un piacere. Manca un’identificazione in quello che è il nostro tipo di ricerca.

 

FH: È stato un luogo fondamentale, soprattutto durante il post covid e post Macao, l’unico in cui l’ascolto viene messo al primo posto.

 

A: Oltre alla questione della ricerca, è uno dei pochi posti dove viene creato un ambiente sicuro in cui le persone riescono a stare bene insieme. La ricerca è necessaria ma non è sufficiente: esistono posti in cui leggi la locandina degli eventi e sembrano situazioni incredibili, ma poi dentro l’ambiente non curato per farti avere un’esperienza piacevole, e parlo in generale nel mondo.

 

FH: È paradossale che in una città come Milano, che dovrebbe essere un centro culturale di riferimento in Italia, manchino questo tipo di posti con una dimensione più intima in cui la cura viene messa al centro; ogni tanto ovviamente ci sono delle situazioni, come ad esempio al Cox e al Leoncavallo, ma rimangono momenti isolati.

A: Credo che siamo in un periodo di fine ciclo per la scena degli ultimi anni, una fase di post maturazione dove il frutto è maturato e marcito. Siamo in una fase di semina dove le persone stanno rigettando le basi per una cosa che tra qualche anno sarà una scena solida…? Sicuramente su delle basi nuove.

TM: Non si può parlare di scena senza parlare di sound. Qual è o quali sono i sound che identificate all’interno del vostro giro?

FH: Partendo dai nostri sound, siamo sicuramente uniti da un certo tipo di sensibilità, ma credo che la discriminante principale nella diversità dei sound tra noi tre è che il loro approccio è più orientato verso il dancefloor. Io semplicemente per gusto e per limite non ho mai provato a fare qualcosa con quel tipo di impronta.

 

RE: Sono sicuramente più sound. Per me è molto chiaro il sound a cui mi sento di appartenere, che noi chiamiamo giocosamente “Sunytty”, con caratteristiche micro sonore e post internet e con un’attitudine giullaresca. Siamo veramente in sette/otto persone, tra Pampsychia, Artetetra, alcune cose di Communion, e tutti quelli che ci ruotano attorno, tra cui Babau, Francesca stessa e Polonius, Señor Service. Rispetto per esempio alla scena a cui si affaccia Dave (Aitch) e altri del nostro giro più ampio, che forse ha una deriva più UK e berlinese, abbiamo un’attitudine più mimica e teatrale nella nostra musica.

 

A: La mia impressione del vostro sound rispetto a quello che faccio io è che c’è tutta una narrativa ed estetica teatrale e quasi mitologica, a partire da grafiche e vere e proprie maschere utilizzate in alcune performance, e il sound che si va a creare è una sonorizzazione di questi mondi istrionici. La risultante di questi mondi è una sorta di interpretazione che però passa necessariamente dalla psiche ed ha quindi una componente umana/umanoide. Al contrario se devo definire il mio approccio nella creazione del sound è quello di annullare la “componente umana” e penso che questo derivi anche da una serie di altre pratiche della mia vita quotidiana, come la meditazione. Non è tanto la componente estetica che conta o le influenze UK, Berlino ecc. ma è un modo per curare se stessi, un processo di healing. Se poi lo diventa anche per gli altri allora tanto meglio.

 

RE: Per concludere con la domanda: ci sono scene diverse? Sì, e al di fuori poi dei nostri sound e delle nostre sfumature ci sono più scene che toccano generi diversi, dal noise al punk alla sperimentazione più accademica e a tanti lati del clubbing, ma sarebbe difficile elencarle tutte.

 

Differenze di sound a parte, che ti piacciano i micro-suoni, il dancefloor o la componente umanoide, il punto di partenza nella produzione rimane sempre lo stesso, l’insostituibile loop, che accomuna tutti e tre gli artisti.

TM: Passiamo ora ai vostri progetti singoli, partendo da Aitch: di recente hai pubblicato la prima uscita della nuova label “eska”, in cui tra l’altro è presente anche una traccia di Reptilian Expo. Ci ho sentito dell’IDM, della UK Bass con una deriva sperimentale e anche del Trip-Hop, proprio nella tua traccia “Time Debris”. Mi racconti come nasce il progetto?

A: Ho iniziato questo progetto perché avevo voglia di curare qualcosa all’infuori dei dj set e del progetto Cortex of Light che condivido con primordial OOze e Piezo. Ricollegandoci a quanto detto all’inizio, durante il periodo Macao avevo modo di curare tante cose, da eventi a festival, avendo la possibilità di esprimere una visione; dal momento che è venuto a mancare si è necessariamente liberato dello spazio tra le mie energie da poter reinvestire in altri progetti, tra cui questo. In particolare sull’uscita, essendo una persona anti genere non mi sono dato una caratterizzazione al progetto in pre, sono partito dall’idea di far uscire delle tracce che prese singolarmente potessero dire qualcosa; poi le ho messe in ordine come se fosse un mixato, poiché arrivando dal DJing il mio non smetterò mai di ragionare come un DJ. Ad ogni modo nella selezione del materiale ho preso le tracce che ho percepito come più “timeless; in particolare nella mia traccia, a cui sono particolarmente legato, la composizione è molto semplice: pochi elementi, praticamente in loop, che ogni 8 battute si sfalsano leggermente per far sì che diano un’ impressione di ciclicità si, ma sempre diversa. Come una fase di crescita di qualsiasi organismo: vive, soffre, ama, perde, muore e poi da capo ma più consapevole e forte di prima. Per il resto ho un altro paio di progetti aperti, tra cui un’uscita con un duo di Saint-Étienne che si chiama Super 180, tra l’altro condivideremo il palco con uno di loro, Étienne in arte Del.Duc, a un festival sempre a Saint-Étienne che si chiama Positive Education. Inoltre una terza uscita su eska e un disco con Cortex of Light che però non spoilero visto che saranno entrambe le cose più in là. Ad ogni modo ci sarà un fine anno abbastanza pieno.

TM: Mi è piaciuto anche il titolo dell’uscita “A Cutting Tool to Manage Entanglement”. Mi spieghi il significato?

A: Ero con Pappa (primordial OOze) a casa a far discorsi a caso, e abbiamo trovato questa correlazione tra l’Entaglement della fisica quantistica e l’Entaglement dei tool di pesca, e visto che bisogna essere sempre pronti a rompere il pattern fisico quantistico per ri-crearne di nuovi, ci sembrava appropriato avere con sé qualcosa di tagliente.

 

RE: Hai già fatto interviste? – chiede ad Aitch, NdR – Dai belle risposte.

 

A: Sarà che le monto per lavoro.

 

Artwork di „A Cutting Tool to Manage Entaglement“

LINK per ascoltare l’uscita.

TM: Reptilian Expo, hai pubblicato “Cunti” per Artetetra meno di un mese fa. Parto dall’ultima domanda fatta ad Aitch, qual’è il significato del titolo?

RE: “Cunti” deriva dal napoletano antico e significa “racconti”, come la raccolta di fiabe del 1600 di Giambattista Basile “Lo cunto de li cunti”. Quello che ho fatto io è raccogliere una serie di avvenimenti della mia vita traducendoli in materia sonora, da viaggi interiori e psicologici relazionati ad avvenimenti reali metaforizzati in musica. Per questo sono racconti, infatti ogni titolo a un suo scenario, tra cui lo stagno, l’immersione, subaqueo, la phlemma…tutti elementi molto acquatici.

 

TM: Mentre ascoltavo ho avuto un po’ questa sensazione di "illusione ipnagogica", la fase di pre addormentamento dove inizi a fare pensieri e “vedere” cose strane, in cui non sai esattamente nè cosa sta succedendo e nè dove la tua testa sta andando a parare ma riesci in maniera più o meno conscia a riconoscere un filo conduttore di questi pensieri. Ti rivedi in questa interpretazione?

RE: Sì anche perché c’è una vibe molto presente tra sogno e realtà, un vero e proprio gioco di metafore. Nella scelta delle tracce e dei suoni c’è la volontà di raccontare dei momenti vissuti a livello emotivo e fisico, ogni traccia ha un suo significato specifico. Un’altra cosa che ho cercato di fare nella selezione delle tracce è integrare sia musica improntata al ballo che all’ascolto: in Cunti è sono presenti dei collage sonori che vanno poi a finire in elementi più club e beattosi; in alcuni momenti questa unione risulta in un’atmosfera di danze folli. Unire questi due mondi è un po’ quello che cerco di fare in senso lato, col mio progetto Reptilian Expo, in questo album in particolare ma anche con l’etichetta – Pampsychia, NdR -, cercando di dare sfogo sia a una vibe più sperimentale e di improvvisazione e che alla parte che definisce di più il mio background, quella del clubbing.

 

L’album è uscito il 31 Maggio per Artetetra Records, ed è il primo vinile stampato dall’etichetta. LINK per ascoltare e comprare il disco.

 

RE: Ci tengo a dire che per me è molto importante che questo album sia uscito per Artetetra, negli anni hanno fatto un lavoro incredibile come aggregatori nel definire un certo tipo di suono a Milano

 

FH: Secondo me senza neanche ricevere sempre il giusto ritorno, è stato un collante importantissimo. Per me dare supporto agli altri oltre che spingere sé stessi è fondamentale, e loro l’hanno sempre fatto.

 

RE: Ho sempre stimato il loro lavoro e da quando li conosco produrre qualcosa che potesse uscire per loro è sempre stato un obiettivo. Ho apprezzato tantissimo il fatto che abbiano “premiato” questo album stampando un vinile.

 

FH: Il primo vinile non si scorda mai – ride, NdR.

 

TM: Francesca rimani te: sul lato discografico il tuo ultimo progetto risale a circa un anno fa, mentre su quello di live e performance l’impressione è che hai avuto modo di girare e fare un po’ di show. Cosa stai preparando per il futuro?

FH: Mi sto muovendo principalmente su due fronti, uno più performativo e uno più musicale. Il primo in cui cerco di combinare sempre di più le due ricerche che ho portato avanti nel tempo parallelamente su suono e danza: io ho un background concreto nella danza, mentre nella musica sono self-taught, o meglio come piace a me friends-taught – ride, NdR – e quindi piano piano sto cercando di allineare queste due parti sempre di più. Mentre nel secondo, con Richi (Reptilian Expo), sto mixando il mio prossimo disco che uscirà la prima metà dell’anno a venire, con dei tempi abbastanza lunghi. Si differenzia molto dalla mia produzione passata: se per esempio Eurybia era un progetto nato da un concetto di fuga e di contatto con la natura e con l’immaginazione, nello specifico nato da viaggi fatti in giro per l’Italia, questo disco è più un viaggio interiore e anche un po’ più oscuro, legato sempre ad un immaginario femminile però più ambiguo. Rispetto al precedente album c’è una componente quasi cosmica, di smarrimento nel suono.

TM: E ritornando al lato performativo, che performance stai preparando per il LOST? Il tuo show sarà la Domenica mattina, giusto?

FH: Domenica mattina alle 11:00, vi invitiamo tutti! – Ride, NdR Non vorrei fare uno statement però è uno show che vuole essere l’anti-show. Per l’occasione ho invitato due bravissime danzatrici, che sono Francesca Petroni e Claudia Catanzaro, che fanno anche parte delle Sant3 Molest3, collettivo che tra l’altro si esibirà in una performance Domenica sera al festival. 

Abbiamo pensato l’esibizione con le stesse dinamiche coreografiche di un concerto pop, ma con musica ambient suonata dal vivo senza liriche comprensibili. Questa performance si ricollega ai discorsi fatti prima, ossia alla volontà di fondere sempre di più una parte sonora a una coreografica, quest’ultima nello specifico legata a un certo tipo di estetica a cui mi sono avvicinata negli ultimi anni, che sono le danze dell’euritmia, pratica di movimento nata all’inizio del 900’ in europa, insieme a un’estetica futurista e surrealista femminile. È un anti-show anche perché sarà tutto molto lento e delicato. Sento che è uno show risultante da questo ultimo anno di vita, una reazione a certe dinamiche di lavoro e di vita frenetiche e sensazionaliste, al contrario sarà un momento di riflessione ed evocazione, uno show anti-show.

 

TM: Passiamo ai DJs: come vi preparate prima di un dj set? Avete dei “rituali” che seguite i giorni precedenti?

A: A me piace non avere alcun tipo di impegno, alzarmi la mattina e iniziare sin da subito ad ascoltare. Di base da sempre dedico almeno un’ ora al giorno, se posso anche molto di più, al digging, di conseguenza è difficile che faccia ricerca specifica in preparazione a un set, si tratta più di organizzazione mentale e dei folder o della borsa dei dischi. È difficile che suoni solo dei dischi scoperti a ridosso di un set.

Anche perché le mie vibe sono di base due, una più “cinica” legata al beat e alla parte dance, e una più ambient e sviaggiona, con tante sfumature in mezzo, ma la musica che compro, scarico e ascolto è quella. L’altro rito prima di un set è legato all’alimentazione, stare super light e non mangiare carne.

 

RE: Io invece al contrario faccio proprio dei digging specifici a secondo della o delle vibe che interpreto come giuste per la situazione. Ovviamente ho un bagaglio di tracce che accumulo nel tempo che tengo la per la giusta occasione, ad ogni modo non ho grandi rituali, facendolo da tanto tempo è diventato tutto abbastanza naturale e automatico.

TM: Tu Richi suonerai Sabato alle 14:00, come stai inquadrando il set?

RE: Sarà dello stesso stampo del mio progetto, come accennavo prima a metà tra il dancefloor e uno storytelling sonoro weirdo-cartoonesco. Racchiude un po’ tutti i miei ascolti e le mie ispirazioni, e sarà un set senza tempo, rispetto ad altri set che faccio più incentrati su musica contemporanea e uscite recenti.

TM: Dave invece, come te lo vedi questo LOST?

A: Arriverò Venerdì ma non resterò a dormire in campeggio, per poi tornare Sabato e campeggiare la sera rimanendo fino al mio set. Tra l’altro per vari motivi ho avuto anche modo di scegliere se suonare la mattina facendo un set più improntato sul lato „ambient rave, il mio altro progetto, ma alla fine chiedendo ad artisti e amici che erano stati l’anno scorso quale fosse il momento più bello della giornata, mi hanno detto la mattina…e io ho scelto la sera – Ride alla chiusura di questa gag; Aitch suonerà alle 22:00 di Domenica, ultimo set di chiusura del LOST, NdR. Scherzi a parte nella scelta mi sono guardato in faccia per capire cosa stessi cercando in questo momento e ho optato per la sera.

TM: Chi suona prima di te?

A: Il pomeriggio se non sbaglio suona Objekt tre ore, poi Nicola (VISIO) e Vipra. Come al solito partirò annullando tutto quello che c’era prima di me, facendo un reset – Ride, NdR. È già tanto se penso all’inizio del mio set e dei potenziali check point nel durante, quello che c’è prima non lo tengo troppo in considerazione. Ad ogni modo quando penso alla musica penso a una stanza o a uno spazio dove la musica, i suoni con il loro timbro specifico, il tipo di onde, sono delle forme geometriche, non euclidee, che viaggiano nello spazio per piombare poi in quella stanza; il deformarsi delle pareti sulla base della geometria è il suono che percepisci. Oppure puoi essere molto dinamico e spostarti attraverso nuove geometrie e architetture come un siluro a caccia. Questa contrapposizione in un set non mancherà mai, ma ovviamente a seconda dell’orario, mattina o sera, il set tenderà verso una dimensione piuttosto che l’altra.

 

Dopo un’ora e mezza abbondante, la conversazione è poi andata per le lunghe, proprio come quelle chiacchiere notturne tra amici che stanno fumando senza arrivare davvero a una vera e propria conclusione, chiacchiere che cercano di raggiungere un layer più profondo, passando dai fondali dell’attualità fino a gag e strippi personali costituiti da esercizi di profondità senza mai trovare un finale accattivante. 

Speriamo di perderci piacevolmente nella musica di Francesca Heart, Reptilian Expo e Aitch, e in tutta la musica del LOST, come mi sono perso io in risposte composte da metafore non preparate.

 

LINK agli ultimi biglietti per il festival.