Ad could not be loaded.

Giorgio Armani

Al Silos prolungano Emotions of the Athletic Body. E noi ne abbiamo parlato con il Re

Geschrieben von Emilio Cozzi il 28 November 2016
Aggiornato il 23 Januar 2017

Courtesy of Giorgio Armani

Su Giorgio Armani sono state scritte enciclopedie.

Da profani a profani, diciamo che la sua filosofia si può riassumere così: il vestito deve incorniciare l’Uomo – maiuscola voluta – non sostituirlo. Mentre marchi internazionali hanno lentamente trasformato le sfilate in un circo in cui conta più stupire che vestire, re Giorgio ha scelto di mantenere profilo basso e linee essenziali. A lusso e bellezza non serve gridare per essere notati, anzi: il più delle volte nascondere è un gesto elegante. Meglio, è IL gesto elegante. Come gli aristocratici del 1900, che occultavano le loro ville dietro siepi e alberi.

È questa la differenza tra stile e moda. E l’idea, negli anni, si è rivelata vincente. Armani ha vestito attori, registi, atleti e veste oggi chi di noi si possa permettere un suo abito – non molti, purtroppo. Si è espanso creando una linea di arredamento, sempre col suo stile minimale in bilico tra feng shui e modernità. Gli basta? No, naturalmente. E noi l’abbiamo incontrato in occasione del prolungamento della mostra Emotions of the Athletic Body all‘Armani Silos, il luogo deputato, fra le altre cose, a eternarne il lascito in città.

«C’è poco da fare, la moda italiana è la migliore del mondo»

Un'immagine da "Made in Milan" di Martin Scorsese (courtesy of Giorgio Armani)
Un’immagine da „Made in Milan“ di Martin Scorsese (courtesy of Giorgio Armani)

 

GIORGIO ARMANI E LA MODA

Signor Armani, come ci vestiamo oggi e come siamo cambiati?
La moda cambia con il suo tempo, lo influenza e ne è influenzata. Questi sono gli anni del corpo, che viene sottolineato ed esaltato dal gusto per le forme più sottili, asciutte, che hanno strizzato la giacca. Al contrario di quelle destrutturate, leggere ma ampie, dei decenni precedenti. Il grande cambiamento dipende da una attenuazione progressiva dello sportswear, che ha dominato la scena per anni. Quello che continuerà a cambiare è il delicato equilibrio tra formale e informale, che genera un modo di vestire sempre diverso e non è paragonabile a quello che lo precede.

Gli abiti cui è più legato come sono nati?
Da oltre 40 anni immagino, disegno, schizzo ed elaboro una moda che è diventata uno stile. Dalla giacca maschile destrutturata al completo da uomo indossato al femminile, dal gioco dei contrasti alla scioltezza disinvolta di ogni abito da sera, anche importante. Per raccontare questa storia nel dettaglio, mettendone a fuoco l’ambiente e il momento, ho messo in mostra un’ampia selezione di creazioni nell’Armani/Silos, un luogo straordinario che in passato veniva utilizzato per conservare il grano, in una delle zone industriali di Milano.

Tutti i media e le arti tradizionali sono stati stravolti dalla rivoluzione digitale: come sta rispondendo la moda? Come si comunica a una donna e a un uomo, oggi?
Il digitale è ormai una componente importante in ogni ambito, anche nella moda. Penso ai nuovi modi di fare pubblicità e al potere dei social media: l’immagine di un abito indossato da una star fa il giro del mondo in pochi secondi, con un impatto enorme sul gusto del pubblico. Confesso però di preferire l’uso di una tecnologia discreta e credo che, nel campo della moda, il contatto diretto tra cliente e prodotto rimanga fondamentale.

Lo ha ripetuto spesso: «l’eleganza non è aggiungere, ma togliere». Con i tempi che corrono sembra una voce fuori dal coro
È vero, in questo momento è effettivamente un po’ in controtendenza. Ma ritengo sia proprio la confusione di questo periodo, l’incertezza di pensiero che coinvolge praticamente tutti gli ambiti, dalla politica al gusto, a richiedere un certo equilibrio. In un momento di visibilità effimera a tutti i costi, di esibizionismo forzato e di mancanza di stile, la vera rivoluzione è la sottrazione. Esserci, ma con classe ed eleganza.

Armani Silos, "Exhibition 6" (foto di Davide Lovatti)
Armani Silos, „Exhibition 6“ (foto di Davide Lovatti)

«Per me lavorano più di 9mila persone. Ma l’indipendenza di decidere in totale autonomia cosa fare, l’ho mantenuta per tutti questi 40 anni»

Oggi Armani è un’icona, eppure lei ha fondato la sua azienda con un capitale iniziale di 2 milioni e mezzo di lire. Se lo sarebbe immaginato allora? Si sente più o meno libero di quando ha iniziato?
Sinceramente non lo immaginavo: quando ho iniziato la mia avventura nella moda non avevo reali aspettative, mi sono gettato con foga nel lavoro, convinto di avere qualcosa di autentico e personale da dire. Il successo immediato e diffuso mi ha sorpreso, e allora mi sono convinto della bontà della mia intuizione.

L’espansione, invece, è arrivata un passo alla volta. Se mi sento più libero adesso rispetto ad allora? Di sicuro oggi ho maggiori responsabilità, anche perché per me lavorano più di 9mila persone. Ma l’indipendenza di decidere in totale autonomia cosa fare, l’ho mantenuta per tutti questi 40 anni.

Sappiamo che il suo è un dialogo continuo con i giovani e le scuole. A parte Giorgio Armani, oggi la moda è ancora a Milano?
Penso che la Settimana della moda milanese sia una delle fashion week internazionali più importanti, per varietà e ricchezza della proposta. C’è poco da fare, la moda italiana è la migliore del mondo. È vera, pensata per persone, non è solo spettacolo. Milano non ha alcunché da invidiare a qualsiasi altra capitale della moda, ne sono convinto e, da parte mia, mi impegno ogni giorno affinché sia così.

Come si può rimanere affamati di novità quando si è un re nel proprio regno?
È l’esatto opposto: si diventa competenti e autorevoli nel proprio settore proprio rimanendo sempre curiosi e affamati di novità. Il costante sguardo alla realtà che mi circonda è la spinta che mi fa andare avanti e mi mantiene al passo con i tempi. Se perdi la curiosità è perché non hai più nulla da dire. E questo non è il mio caso.

Armani Silos, "Colour Schemes 7" (foto di Davide Lovatti)
Armani Silos, „Colour Schemes 7“ (foto di Davide Lovatti)

 

GIORGIO ARMANI E IL CINEMA

Sappiamo che è il cinema ad averla cercata, ai tempi di American Gigolò, trovando un grande appassionato della Settima arte. Quando e come nasce la sua passione? Con quali film?
Il cinema è un amore nato in giovanissima età. Quando ero piccolo, ogni volta che ne avevo la possibilità andavo al cinema dopo la scuola e immaginavo di vivere le stesse avventure, le stesse emozioni che vedevo proiettate sullo schermo. Sono molti i film della mia vita a cominciare da La corona di ferro di Alessandro Blasetti, il primo che mi ricordo. Importanti sono stati Via col vento – l’epopea della guerra, intrecciata alle vicende della protagonista, ci incollò alle poltrone – Notorious. L’amante perduta, l’eleganza allo stato puro, e La donna che visse due volte, una sospensione abbacinante della realtà. Ma anche tutto Roberto Rossellini, Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni. Frammenti di vita più che cinema.

Quando poi ho avuto modo di lavorare con i più grandi registi e attori, dando vita a storie magnifiche, in un certo senso si è avverato un sogno.

Blade Runner

Quale sarebbe la coppia di amanti ideale del cinema secondo lei? Anche immaginandola e mescolando attori di epoche diverse. E da chi la vorrebbe diretta?
Mi sono sempre piaciute le coppie anomale, intense, come Daryl Hannah e Rutger Hauer in Blade Runner, amore profondo del tempo contato. E Tilda Swinton con Thomas Hiddleston in Solo gli amanti sopravvivono di Jim Jarmusch. Senza dimenticare quella classica di Ingrid Bergman e Cary Grant in Notorious. Una coppia di amanti ideale per me sarebbe quella composta da Léa Seydoux e Thomas Hiddleston diretta da François Truffaut. Ma anche Michael Fassbender e Scarlett Johannson davanti alla cinepresa di Alfred Hitchcock.

Commistioni da universi paralleli: una "Cinestesia" dell'artista Maurizio Temporin
Commistioni da universi paralleli: una „Cinestesia“ dell’artista Maurizio Temporin

 

GIORGIO ARMANI E MILANO

Il Silos è il dono più recente che ha fatto a Milano. Come immagina il suo sviluppo? Ha mai pensato di fondarci una scuola per chi voglia creare abiti?
Vorrei che il Silos fosse uno spazio vitale, in continua evoluzione, e penso quindi ci saranno dei cambiamenti: integrerò la mostra con immagini e capi delle nuove collezioni. Sono ovviamente molto interessato a offrire strumenti didattici e di ricerca ai giovani e agli appassionati. Per questo, una parte del terzo piano è subito stata dedicata alla consultazione gratuita dell’archivio digitale, grazie agli strumenti messi a disposizione come workstation, tavoli touch screen e l’area delle proiezioni con il grande schermo. Per incoraggiare e supportare i giovani nella ricerca creativa, è stata da poco avviata una bella collaborazione con la Scuola del Design del Politecnico di Milano. Gli spazi espositivi saranno utilizzati per le lezioni, cui potranno partecipare studenti italiani e non.

Com’era la Milano pre-Armani? Che cosa le piaceva fare? Dove le piaceva andare?
Io ho conosciuto l’atmosfera popolare di Porta Ticinese, con i suoi operai, ma anche gli artisti che frequentavano le osterie lungo i navigli. E le case di ringhiera con la loro vita in comunità. Allora c’era una netta divisione tra la periferia con i suoi cinema di terza visione e il centro, che era per pochi e che pure sembrava a portata di mano.

Quel tipo di città mi è rimasto nel cuore. La domenica con i miei amici andavamo per parchi, scattavamo fotografie, ci incontravamo a casa di uno o dell’altro per ascoltare musica. Allora mi piaceva passeggiare da solo alla scoperta della città. Mi ricordo ad esempio di quando arrivai in fondo a via Torino ed entrai nella piccola chiesa di san Satiro, ignorando cosa mi attendesse all’interno, visto che la facciata era intristita da rifacimenti del Tardo Ottocento. Quelle proporzioni eloquenti, quello stravolgimento delle regole della prospettiva, mi colpirono al cuore. Per me, da giovane, Milano è stato questo: la continua ricerca della bellezza dietro le facciate austere dei palazzi e delle chiese.

San_satiro_rosone
E oggi che cosa le piace di Milano?
Direi la tensione continua verso la modernità. Trovo che negli ultimi anni Milano stia cambiando moltissimo. Tra dieci anni immagino la città con un profilo avveniristico e un cuore tradizionale, che poi è una meravigliosa espressione di italianità. In parte questo già lo si vede da corso Garibaldi: la Milano che mi è familiare con i vecchi palazzi e, dietro, la nuova skyline che ne sta cambiando il profilo. Un contrasto davvero unico, che mi piace molto.

Che cosa le manca della Milano di allora?
La voglia di fare, l’entusiasmo e l’energia che, solo in parte, Milano sta recuperando da qualche anno.

Armani_Hotel
Quando esce a Milano, dove le piace andare?
Quando ho tempo, mi piace passeggiare nelle vie del centro per osservare la gente, cogliere i cambiamenti. Mi piace andare al cinema Anteo, per la selezione di film e perché possiede un’atmosfera da „cinema di una volta“ che mi affascina molto.

Che cosa ne pensa del fatto che tanti milanesi la vorrebbero come sindaco?
È una cosa che ovviamente mi lusinga molto, ma ritengo che ognuno dovrebbe dare il meglio nel proprio ambito. E io sono uno stilista-imprenditore, non un politico.

A proposito, nel 2008 ha acquistato la squadra di pallacanestro cittadina. Che cosa significa l’Olimpia per Milano e per il basket italiano?
Spero un orgoglio, anche a livello internazionale. E non parlo solo dal punto di vista della squadra, ma anche da quello societario. Con un progetto lungo e paziente abbiamo riportato alla città e ai tifosi una squadra consona alla storia di questo glorioso Club. E mi auguro che questo possa servire da modello anche per altre società.

Armani_Olimpia_gentile

GIORGIO ARMANI E LO SPORT

Dopo Athlete e Facce da sport una nuova mostra al Silos, Emotions of the Athletic Body, celebra il suo rapporto con lo sport. Che cosa l’affascina tanto?
Lo sport mi appassiona da quando ero ragazzo: all’inizio ero attratto soprattutto dall’eccitazione e dalla spettacolarità, ma con il tempo mi sono reso conto che c’era qualcosa di più profondo in gioco: lo sport è un’attività sociale, un modo di unire le persone. Ed è un’attività che si basa sull’idea della dedizione e dell’impegno, dimostra a che cosa gli esseri umani possono arrivare quando lavorano duramente per perfezionare un’abilità o un talento. Parlando da stilista, gli sportivi sono straordinari anche da un punto di vista fisico, il loro corpo è all’apice del vigore e della potenza, un fattore importante e affascinante.

Quale sport segue con maggiore passione?
Il basket. Sono ovviamente un gran tifoso dell’Olimpia EA7, una passione che è entrata a far parte della mia vita e che significa lavoro duro e grande impegno. Ma anche il calore e l’affetto che i tifosi di questa grande squadra ogni volta mi sanno regalare. È indubbiamente una grande soddisfazione, ma in tutto quello che faccio sono abituato a non sedermi sugli allori e questo vale a maggior ragione in un contesto così mutevole e competitivo come lo sport. Quando ho acquistato l’Olimpia, non mi sono mai illuso di trovare scorciatoie favorevoli, non mi sono mai fatto aggredire dallo sconforto e non ho mai perso la fiducia nei nostri mezzi. Dal 2014 abbiamo cominciato a raccogliere i frutti meritati per il grosso impegno profuso, ma sia io che tutta la squadra vogliamo che questo costituisca un punto di partenza, non di arrivo.

Giorgio Armani secondo Andy Warhol
Giorgio Armani secondo Andy Warhol