L’8 settembre esce Solchi, il terzo disco di Godblesscomputers (per gli amici Lorenzo Nada), nato a Ravenna, classe ’84, tra gli artisti migliori che la scena elettronica italiana può offrire anche all’estero. Fedele al groove delle sue influenze legate soprattutto all’hip hop, il suo sound è oggi un caleidoscopio di paesaggi tra synth analogici, kalimbe, chitarre jazz, scratch, campioni e voci evanescenti. Dopo Veleno (Fresh YO!, 2014) e Plush and Safe (La Tempesta International/Fresh YO!, 2015), Solchi prosegue l’esplorazione sonora arricchendola di collaborazioni e suggestioni.
Da quant’è che sei a Bologna, perché ci sei venuto e perché hai scelto di vivere qui?
Da cinque anni. I casi della vita mi hanno portato qui, non l’ho scelto fino in fondo. Venivo da un’esperienza di qualche anno all’estero.
Quanto le città in cui hai vissuto influenzano la tua musica e come?
Ogni città mi ha influenzato a modo suo. Sono cresciuto in provincia e devo dire che la lontananza dai grandi centri mi ha portato a confrontarmi principalmente con me stesso. Parliamo di anni in cui internet non era ancora così presente nelle nostre vite. Mi piaceva l’hip hop e volevo fare il dj ma ai tempi al mio liceo eravamo sì e no in 5 ad ascoltare quel genere di musica. Ci scambiavamo le cassette, i cd… Era tutto molto artigianale, legato allo scambio di quei pochi cd che potevamo comprarci con la paghetta. Ecco, crescere in provincia ti dà quella fame di conoscenza che forse non ti dà automaticamente la città, più ricca di stimoli e offerte culturali. Ogni piccola informazione te la devi sudare. Poi ho iniziato l’università e mi sono trasferito in una città più grande. Poi la parentesi a Berlino nella quale ho vissuto diversi anni. Lì è nato il mio progetto Godblesscomputers: ho vissuto in prima persona gli stimoli e le differenze culturali che può darti una città come quella. Ho cercato di prendere il buono che poteva offrirmi, cosa che in generale direi che vale per qualsiasi città nella quale ho fatto esperienza.
La fissa per la musica black da dove arriva?
Non saprei. Credo sia una cosa innata, il groove lo senti, ti fa muovere il collo. L’hip hop in particolare, soprattutto quello degli anni ’90 è così potente e diretto che ti arriva nella pancia.
Prima di arrivare alle macchine, ti sei mai cimentato con qualche strumento musicale?
Ho studiato il pianoforte per diversi anni prima di avvicinarmi ai campionatori.
Viaggi, ricordi, tramonti, atmosfere notturne: i tuoi dischi sono pieni di suggestioni, ma c’è anche tantissima attenzione stilistica. Prediligi più la forma o la sostanza?
Diciamo che cerco di trovare un buon compromesso. La forma senza sostanza è un contenitore vuoto, la sostanza senza forma è soltanto uno sfogo. Credo nell’equilibrio, in tutto.
Cosa pensi del tuo nuovo album, Solchi, e quali storie racchiude?
Penso che rappresenti molto bene chi sono oggi, nel 2017. È un disco pieno di storie legate al mio passato. Un passato che viene rielaborato attraverso la mia sensibilità di oggi. Nonostante sia il mio terzo disco, penso sia un buon punto di partenza per chi vuole conoscermi.
A Bologna ti abbiamo anche visto tante volte in veste di dj. Cosa ne pensi della scena notturna cittadina?
Non la frequento molto ad essere sincero, anche se ci sono delle bellissime realtà che propongono musica di qualità. Non seguo molto il club, la techno, l’elettronica. Mi piace di più andare ai concerti.
Oltre alla musica c’è qualcos’altro a cui ti dedichi con passione?
Mi piace leggere, guardare i film e fare sport. Ultimamente vado spesso a nuotare, è un ottimo modo per scacciare l’ansia e lo stress.
Quali sono i luoghi che ti piace frequentare in città?
Quando il tempo è clemente preferisco sedere nelle piazze piuttosto che chiudermi in un bar o un locale. Mi piace stare seduto a chiacchierare fino a tardi in Piazza San Francesco, via del Pratello o in zona Mascarella. Di solito vado a bere le birre da Modo Infoshop, al Vanilia, da Miki e Max o in generale nei bar dove c’è un’atmosfera rilassata. Andavo spesso al Labas prima che venisse sgomberato. Un luogo importante per il quartiere Santo Stefano, e in generale per tutta la città. Per quel che riguarda i ristoranti non saprei…a Bologna c’è un’offerta sterminata sul cibo. Nonostante ciò preferisco cucinare a casa. Anche per quel che riguarda i club l’offerta in città è ottima: TPO, Locomotiv, Crash, Dynamo, Nero, Link sono tra i posti che preferisco.
Qual è il tuo quartiere preferito e perché?
Mi piacciono molto la Bolognina e il quartiere San Donato dove ho vissuto per tre anni. Mi piacciono i quartieri multiculturali, li considero luoghi di crescita e scambio. Nonostante il pensiero comune in Italia credo molto nelle energie provenienti da altri luoghi.
In questo periodo cosa ascolti?
Gli ultimi dischi che ho ascoltato sono quello di Iamddb, Princess Nokia, Branko. Ah, ho ascoltato anche l’ultimo disco di Gue Pequeno per capire qualcosa di più del personaggio.
Qual è la tua definizione di festa?
Buona musica, buone vibrazioni umane, qualche birra e un pò di thc. Non ho bisogno di altro.